Le recenti elezioni europee hanno segnato l'avanzare delle forze sovraniste ma non certo un loro decisivo successo. Nello stesso tempo, popolari e socialisti, le due storiche formazioni europeiste, hanno perso la maggioranza assoluta che però può venir raggiunta, e ampiamente superata, con l'apporto di liberali ed ecologisti.
Questo, a “bocce ferme”, il quadro del voto sulle cui conseguenze l'Associazione “I Popolari del Piemonte” ha promosso un incontro in cui due autorevoli soci hanno tenuto le relazioni introduttive al dibattito: Guido Bodrato, già ministro e deputato europeo, e Gianfranco Morgando, ex parlamentare del PPI e dell’Ulivo.
Snodo dell'analisi è proprio la crescita dei partiti sovranisti che, pur non così determinanti, risultano soprattutto forti in quattro Paesi: Italia, Gran Bretagna, Polonia ed Ungheria. Se c'è poco da stupirsi per quanto avviene nel Regno Unito, che salvo sorprese è ormai prossimo all'uscita dall'Unione, e se risulta tutto sommato prevedibile la svolta nazionalista di Budapest e Varsavia, preoccupa la preminenza, nel nostro Paese di forze contrarie all'Europa, come la Lega, o alquanto ondivaghe, come il Movimento 5 Stelle. A inquietare, non è tanto un'Italia che esce dall'euro, quanto, più in concreto, il fatto che il nostro Paese rischia di finire in secondo piano rispetto a Francia, Germania e Spagna dove, a differenza che da noi, ad essere al governo sono le forze europeiste.
La questione sovranista va peraltro affrontata partendo dalla su principale causa: una globalizzazione economica mal governata che ha schiacciato la politica e dunque indebolito la stessa democrazia. Una situazione rischiosa che non solo viene denunciata dai sovranisti ma che allarma – e non potrebbe essere diversamente – anche altre formazioni politiche. È chiaro che adesso tocca agli europeisti rispondere con un rafforzamento dell'opzione unitaria, fornendo cioè prospettive concrete e credibili al processo di unificazione. Invece succede tutt'altro, e lo si è visto anche in occasione della campagna elettorale per l'Europarlamento.
Ogni Paese ha giocato la partita con gli occhi puntati sulla propria contesa nazionale più che verso la sfida dell'integrazione europea. La politica interna ha sovrastato i temi sovranazionali, ed è questa assenza di dibattito a preoccupare, anche se i nazionalisti non hanno stravinto, come forse si attendevano. Da noi in Italia ha prevalso la Lega, mentre il M5S ha avuto una forte battuta di arresto, dovuta anche al fatto che molti suoi elettori delle ultime politiche, si sono rifugiati nell'astensione. Forse per una caduta di motivazioni. Qualcosa che, in fondo, la dice lunga su quanto l'elezione del Parlamento di Strasburgo sia percepita come una sfida davvero fondamentale.
E non si può neppure dire che, dopo questa tornata, tutto sia rimasto come prima. I quattro Paesi dove è prevalso il sovranismo, tra cui si annovera l'Italia, freneranno qualsiasi nuovo passo in avanti verso l'integrazione. Nel Consiglio europeo, dove sono presenti gli Stati e si vota all'unanimità, tutto sarà fatalmente bloccato e in buona sostanza, pur non avendo vinto, il sovranismo potrebbe avere partita vinta. E questo mentre in agenda ci sono temi decisivi come la difesa europea e la fiscalità comune.
Pare prender forma un'Europa dove ci si rinchiude entro le frontiere nazionali, facendo prevalere, dal lato economico, un mercantilismo privo di contenuti sociali, e da quello politico, una sorta di democrazia illiberale. Un assetto, quest'ultimo, in cui sono certamente rispettate le scadenze elettorali ma vengono indeboliti i pesi e i contrappesi di una classica liberaldemocrazia, indipendenza della magistratura in testa. Fautori di questa logica sono i sovranisti dell'est europeo (che hanno rimpiazzato i liberali e i democristiani, prima classe dirigente dopo la caduta del muro di Berlino), ma per molti versi anche la Lega che mostra qualche inclinazione di questo genere.
In definitiva oggi non è in discussione l'Europa, ma quale tipo di Europa si vuole realmente ed è su questo che bisognerà dare una risposta. Le forze europeiste sono le prime ad essere chiamate in causa, prima che sia davvero troppo tardi.
Questo, a “bocce ferme”, il quadro del voto sulle cui conseguenze l'Associazione “I Popolari del Piemonte” ha promosso un incontro in cui due autorevoli soci hanno tenuto le relazioni introduttive al dibattito: Guido Bodrato, già ministro e deputato europeo, e Gianfranco Morgando, ex parlamentare del PPI e dell’Ulivo.
Snodo dell'analisi è proprio la crescita dei partiti sovranisti che, pur non così determinanti, risultano soprattutto forti in quattro Paesi: Italia, Gran Bretagna, Polonia ed Ungheria. Se c'è poco da stupirsi per quanto avviene nel Regno Unito, che salvo sorprese è ormai prossimo all'uscita dall'Unione, e se risulta tutto sommato prevedibile la svolta nazionalista di Budapest e Varsavia, preoccupa la preminenza, nel nostro Paese di forze contrarie all'Europa, come la Lega, o alquanto ondivaghe, come il Movimento 5 Stelle. A inquietare, non è tanto un'Italia che esce dall'euro, quanto, più in concreto, il fatto che il nostro Paese rischia di finire in secondo piano rispetto a Francia, Germania e Spagna dove, a differenza che da noi, ad essere al governo sono le forze europeiste.
La questione sovranista va peraltro affrontata partendo dalla su principale causa: una globalizzazione economica mal governata che ha schiacciato la politica e dunque indebolito la stessa democrazia. Una situazione rischiosa che non solo viene denunciata dai sovranisti ma che allarma – e non potrebbe essere diversamente – anche altre formazioni politiche. È chiaro che adesso tocca agli europeisti rispondere con un rafforzamento dell'opzione unitaria, fornendo cioè prospettive concrete e credibili al processo di unificazione. Invece succede tutt'altro, e lo si è visto anche in occasione della campagna elettorale per l'Europarlamento.
Ogni Paese ha giocato la partita con gli occhi puntati sulla propria contesa nazionale più che verso la sfida dell'integrazione europea. La politica interna ha sovrastato i temi sovranazionali, ed è questa assenza di dibattito a preoccupare, anche se i nazionalisti non hanno stravinto, come forse si attendevano. Da noi in Italia ha prevalso la Lega, mentre il M5S ha avuto una forte battuta di arresto, dovuta anche al fatto che molti suoi elettori delle ultime politiche, si sono rifugiati nell'astensione. Forse per una caduta di motivazioni. Qualcosa che, in fondo, la dice lunga su quanto l'elezione del Parlamento di Strasburgo sia percepita come una sfida davvero fondamentale.
E non si può neppure dire che, dopo questa tornata, tutto sia rimasto come prima. I quattro Paesi dove è prevalso il sovranismo, tra cui si annovera l'Italia, freneranno qualsiasi nuovo passo in avanti verso l'integrazione. Nel Consiglio europeo, dove sono presenti gli Stati e si vota all'unanimità, tutto sarà fatalmente bloccato e in buona sostanza, pur non avendo vinto, il sovranismo potrebbe avere partita vinta. E questo mentre in agenda ci sono temi decisivi come la difesa europea e la fiscalità comune.
Pare prender forma un'Europa dove ci si rinchiude entro le frontiere nazionali, facendo prevalere, dal lato economico, un mercantilismo privo di contenuti sociali, e da quello politico, una sorta di democrazia illiberale. Un assetto, quest'ultimo, in cui sono certamente rispettate le scadenze elettorali ma vengono indeboliti i pesi e i contrappesi di una classica liberaldemocrazia, indipendenza della magistratura in testa. Fautori di questa logica sono i sovranisti dell'est europeo (che hanno rimpiazzato i liberali e i democristiani, prima classe dirigente dopo la caduta del muro di Berlino), ma per molti versi anche la Lega che mostra qualche inclinazione di questo genere.
In definitiva oggi non è in discussione l'Europa, ma quale tipo di Europa si vuole realmente ed è su questo che bisognerà dare una risposta. Le forze europeiste sono le prime ad essere chiamate in causa, prima che sia davvero troppo tardi.
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