Dunque, il voto europeo ci ha fornito alcune certezze da cui non si può più prescindere. Se la Lega di Salvini ha un consenso, un radicamento, un blocco sociale di riferimento e un ruolo politico che ricordano la vecchia Democrazia Cristiana – al netto delle profonde differenze politiche, culturali e di classe dirigente – è indubbio che nell'altro campo politico si deve ripartire dalle fondamenta. Checché se ne dica, il centrodestra c'è. È forte, competitivo, radicato e con un chiaro progetto politico. Certo, a trazione leghista, ma oggi quel partito raccoglie la maggioranza del consenso, delle speranze e dei desideri degli italiani.
La caduta verticale del Movimento 5 stelle può avere effetti imprevedibili. Certo, una cosa è sufficientemente nota: quel movimento ha politicamente fallito la sua "mission" perché nel momento in cui si è misurato con la prova del governo non è stato in grado di tradurre concretamente e credibilmente ciò che aveva annunciato, strombazzato e denunciato per molti anni.
Quello su cui è necessario riflettere è come si ricostruisce il campo del centrosinistra. Che oggi, come ben sappiamo, non esiste. Ora, proprio il voto europeo ci ha confermato che il "nuovo corso" del PD di Zingaretti ha dato buoni risultati ma ha confermato che il PD/PDS raccoglie consensi a sinistra – pur perdendo 100mila voti rispetto alle Politiche del 4 marzo 2018 – ma è decisamente in difficoltà sul fronte cosiddetto moderato e centrista. Una situazione talmente evidente che non richiede commenti ulteriori.
Ora, il punto centrale è come si ricostruisce, oggi e non ieri, una potenziale alleanza di centrosinistra. Soprattutto nel momento in cui il Partito Democratico, azionista maggiore di questa potenziale alleanza, ha virato comprensibilmente e visibilmente a sinistra. Ma lasciando del tutto aperta la questione di chi può rappresentare e intercettare un consenso che tradizionalmente si può alleare ma non convergere nel grande, si fa per dire, partito della sinistra italiana.
Sotto questo versante, l'unico elemento che non si può accettare è che la futura alleanza riformista e di centrosinistra possa decollare a tavolino. Ovvero, dopo la tanto declamata "vocazione maggioritaria" del PD ormai definitivamente tramontata, non vorrei che venisse sostituita dalla tentazione tardo gramsciana di decidere a tavolino come si ricostruisce la potenziale coalizione da contrapporre al centrodestra e a ciò che resta del movimento antisistema e antipolitico dei 5 stelle. Ovvero, pianificare a tavolino chi copre il fianco sinistro, chi il fianco destro e chi il fianco centrista/cattolico. Un po' quello che sta avvenendo, almeno così si capisce sfogliando i giornali e ascoltando le varie dichiarazioni, con le piroette di Calenda e le prese di posizione del movimento Demos.
Ecco, questo è l'unico metodo da sconfiggere. Se si pensa che un’alleanza politica, programmatica e di potenziale governo nasce a tavolino con la distribuzione dei ruoli politici a prescindere, si rischia di avere come unica certezza quella della sconfitta. Come è avvenuto, anche per questi motivi, nella Regione Piemonte dove si è consumata una batosta elettorale di dimensioni storiche.
Pertanto, se la strada della pianificazione dall'alto è da respingere al mittente senza appello, quello che resta da fare – con altrettanta rapidità ed intelligenza – è ricostruire una presenza politica, sociale e culturale indispensabile per far ripartire seriamente una coalizione e, al contempo, per rappresentare un pezzo di società che oggi continua stancamente a votare partiti e movimenti estranei a quel mondo, oppure a rifugiarsi nel pianeta dell'astensionismo. Ci sono le forze, i gruppi sociali, la classe dirigente e i mondi vitali che invocano, quasi ad alta voce, di ridare vita e speranza ad un progetto politico che ormai da troppo tempo è irresponsabilmente assente dalla cittadella politica italiana. E, in questo contesto, la presenza, il ruolo, la cultura e la tradizione del cattolicesimo democratico e popolare del nostro Paese può e deve giocare un ruolo protagonistico. Ovviamente con altre culture e sensibilità ideali riconducibili a quel filone politico.
Solo così sarà possibile tentare di ricostruire una vera, seria e competitiva alleanza di centrosinistra. Se ci si ferma alla vocazione maggioritaria del passato o alla tentazione di pianificare a tavolino la futura alleanza si corre il rischio di far fallire anticipatamente un progetto che merita di essere perseguito sino in fondo. Come emerge in modo palpabile anche dal recente voto europeo.
La caduta verticale del Movimento 5 stelle può avere effetti imprevedibili. Certo, una cosa è sufficientemente nota: quel movimento ha politicamente fallito la sua "mission" perché nel momento in cui si è misurato con la prova del governo non è stato in grado di tradurre concretamente e credibilmente ciò che aveva annunciato, strombazzato e denunciato per molti anni.
Quello su cui è necessario riflettere è come si ricostruisce il campo del centrosinistra. Che oggi, come ben sappiamo, non esiste. Ora, proprio il voto europeo ci ha confermato che il "nuovo corso" del PD di Zingaretti ha dato buoni risultati ma ha confermato che il PD/PDS raccoglie consensi a sinistra – pur perdendo 100mila voti rispetto alle Politiche del 4 marzo 2018 – ma è decisamente in difficoltà sul fronte cosiddetto moderato e centrista. Una situazione talmente evidente che non richiede commenti ulteriori.
Ora, il punto centrale è come si ricostruisce, oggi e non ieri, una potenziale alleanza di centrosinistra. Soprattutto nel momento in cui il Partito Democratico, azionista maggiore di questa potenziale alleanza, ha virato comprensibilmente e visibilmente a sinistra. Ma lasciando del tutto aperta la questione di chi può rappresentare e intercettare un consenso che tradizionalmente si può alleare ma non convergere nel grande, si fa per dire, partito della sinistra italiana.
Sotto questo versante, l'unico elemento che non si può accettare è che la futura alleanza riformista e di centrosinistra possa decollare a tavolino. Ovvero, dopo la tanto declamata "vocazione maggioritaria" del PD ormai definitivamente tramontata, non vorrei che venisse sostituita dalla tentazione tardo gramsciana di decidere a tavolino come si ricostruisce la potenziale coalizione da contrapporre al centrodestra e a ciò che resta del movimento antisistema e antipolitico dei 5 stelle. Ovvero, pianificare a tavolino chi copre il fianco sinistro, chi il fianco destro e chi il fianco centrista/cattolico. Un po' quello che sta avvenendo, almeno così si capisce sfogliando i giornali e ascoltando le varie dichiarazioni, con le piroette di Calenda e le prese di posizione del movimento Demos.
Ecco, questo è l'unico metodo da sconfiggere. Se si pensa che un’alleanza politica, programmatica e di potenziale governo nasce a tavolino con la distribuzione dei ruoli politici a prescindere, si rischia di avere come unica certezza quella della sconfitta. Come è avvenuto, anche per questi motivi, nella Regione Piemonte dove si è consumata una batosta elettorale di dimensioni storiche.
Pertanto, se la strada della pianificazione dall'alto è da respingere al mittente senza appello, quello che resta da fare – con altrettanta rapidità ed intelligenza – è ricostruire una presenza politica, sociale e culturale indispensabile per far ripartire seriamente una coalizione e, al contempo, per rappresentare un pezzo di società che oggi continua stancamente a votare partiti e movimenti estranei a quel mondo, oppure a rifugiarsi nel pianeta dell'astensionismo. Ci sono le forze, i gruppi sociali, la classe dirigente e i mondi vitali che invocano, quasi ad alta voce, di ridare vita e speranza ad un progetto politico che ormai da troppo tempo è irresponsabilmente assente dalla cittadella politica italiana. E, in questo contesto, la presenza, il ruolo, la cultura e la tradizione del cattolicesimo democratico e popolare del nostro Paese può e deve giocare un ruolo protagonistico. Ovviamente con altre culture e sensibilità ideali riconducibili a quel filone politico.
Solo così sarà possibile tentare di ricostruire una vera, seria e competitiva alleanza di centrosinistra. Se ci si ferma alla vocazione maggioritaria del passato o alla tentazione di pianificare a tavolino la futura alleanza si corre il rischio di far fallire anticipatamente un progetto che merita di essere perseguito sino in fondo. Come emerge in modo palpabile anche dal recente voto europeo.
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