Stoccate (e proposte) di Cacciari



Carlo Baviera    14 Maggio 2019       1

Nel febbraio scorso Massimo Cacciari è intervenuto autorevolmente all’Assemblea di Confcooperative di Milano. Parlando al sistema cooperativo ha sottolineato come la scadenza delle prossime elezioni europee sia decisiva “in particolare per quelle associazioni e corpi intermedi che dovrebbero avere più presente la necessità di una Unione Europea diversa rispetto a come ha funzionato finora”. Cacciari, lo si può condividere o meno, non è mai banale. E in quella occasione ha fornito alcuni spunti molto utili.

Andiamo con ordine. Per prima cosa (prima stoccata) “È un’Europa debole.[...] Una situazione di grande debolezza che rende ancora più necessario lo sforzo per l’Unione Europea”. Sembra cosa scontata, ma se non ci si rende conto che serve l’unità proprio perché si è deboli in un contesto mondiale che ci mette in difficoltà, si rischiano cantonate.

Da qui nasce la seconda considerazione (seconda stoccata): l’importanza (anche a livello continentale) del ruolo dei corpi intermedi. Questi “Sono essenziali (perché) o la spinta della comprensione della necessità di un nuovo inizio dell’Unione nasce dal basso, o non sarà. Ma non dal basso generico, ma dal basso organizzato”. Cacciari (affondo importante) afferma chiaramente che un modello centralistico di Europa porterà avanti necessariamente politiche neo liberiste, mentre solo il modello federale inevitabilmente porterà avanti politiche keynesiane, che non significa “non considerare il pareggio di bilancio ma immaginare di fare inflazione per dare lavoro. Fare infrastrutture. Che è ben diverso da fare redditi di cittadinanza o gli 80 euro. In questo senso i corpi intermedi devono prendere posizione.[..] L’Unione Europea nasce sulla base di alcuni pilastri che certamente contengono anche il rigore economico ma nello stesso tempo solidarietà e sussidiarietà”.

Inoltre la terza stoccata: “Bisogna essere europeisti partendo dalle idee fondanti dell’Unione che non sono solo sul piano economico ma anche culturale. [...] Qui lingue diverse, popoli diversi, tradizioni diverse formano un’unione politica, un nuovo modello di sovranità. Dove la sovranità non è più centrale, dello Stato, ma autenticamente federale. Dove i temi di sussidiarietà e solidarietà sono centrali (perché) l’idea fondamentale che muoveva l’Unione Europea è che il potere si può articolare e dividere senza frantumarsi”.

Secondo affondo e quarta stoccata: “Bisogna democratizzare le istituzioni europee. [...] Sulle questioni che ci interessano di più: quelle di carattere economico, la governance europea funziona molto semplicemente: esiste un comitato formato dai grandi direttori del tesoro, dalla BCE e dalle Banche centrali nazionali che si riuniscono e preparano i dossier e i documenti che l’Eurogruppo poi adotta. Per quanto riguarda le questioni sociali invece arrivano proposte su tavoli in cui si può decidere solo all’unanimità. Quindi non si decide”.

È il momento quindi, secondo Cacciari, di avanzare proposte audaci e di un europeismo concreto (stoccata finale!): eleggere democraticamente il Presidente della Commissione Europea; e poiché non si può andare avanti a una velocità sola, scegliere le due velocità in modo chiaro e politico (“quando Francia, Germania, Italia, Grecia, Spagna e Portogallo trovano un accordo possono decidere, anche i trattati lo permettono”). Serve a contrastare il sovranismo di ritorno. Perché “cosa succede se salta l’Europa? Che i vari staterelli sovranisti si daranno una guerra commerciale spietata. Ognuno sarà obbligato ad attrarre in ogni modo possibile investimenti. In un quadro in cui, viste le dimensioni del mercato globale, perderanno sul serio la propria sovranità. Stare in Europa per questo è tutelare davvero la nostra sovranità e quindi il welfare”.

Anche in questa occasione l’ex Sindaco di Venezia dimostra lucidità e lungimiranza. Possiamo solo concordare sul fatto che l’Europa la dobbiamo ricostruire dal basso; non un <basso> generico, ma organizzato, cooperativo, dei corpi intermedi, delle autonomie – si riprende e rilancia la visione di Sturzo –, per contrastare i centralismi, le burocrazie, l’uniformità umiliante e vincolante. Che l’Europa nuova deve essere solidale e sussidiaria; la caratteristica europea è quella di essere una Unione (federale) di “Uniti ma diversi”, in cui l’articolazione del potere non incrina il cammino comune. Infine le proposte concrete: l’elezione diretta del Presidente e la scelta politica di procedere a due velocità, per non bloccare ogni decisione.

Personalmente (e per coerenza) sono sempre molto perplesso e non convinto delle elezioni dirette; ma che ci debbano essere proposte concrete di riforma, per evitare di restare bloccati e rischiare di rovinare l’opera dei Padri fondatori, sembra cosa evidente. Da parte mia aggiungo che dovranno essere trovate modalità per la partecipazione reale e il coinvolgimento dei cittadini europei; che sarebbe opportuno votare non su liste nazionali ma almeno per una buona parte su liste continentali; che sia il Parlamento a concedere la fiducia alla Commissione e al suo Presidente; che sia prevista la cittadinanza (documento di identità) europea; che si proceda rapidamente a una Unione fiscale e sociale.

Il cantiere della nuova Europa è ora in mano ai cittadini e ai nuovi leader che saranno chiamati a Bruxelles e Strasburgo. Speriamo di non avere 5 anni inutili o, addirittura, dei passi indietro!


1 Commento

  1. ORCHESTRARE NON UNIFORMARE

    Leggo con interesse rammentando un precedente contributo di Giuseppe Ladetto. Aggiungo un breve commento, per il solo piacere di riproporre una opzione antica.
    Il sovranismo è un concetto complicato che Ladetto contribuiva a chiarire, l’ottimo Cacciari no, almeno nell’occasione citata. Riferito alla questione europea, personalmente tendo a associarlo agli intenti di De Gaulle, e genericamente all’Europa delle patrie. Ritengo che nell’intenzione gaullista non avremmo subito una Commissione uniformante e appiattente secondo il modello globale, che ci consegna all’oclocrazia del neotribalismo mediatico. L’intenzione uniformante autorizza l’egemonismo, per esempio tedesco, e le conseguenti reazioni, invece di orientare i popoli alla condivisione degli obiettivi, degli interessi, delle iniziative. Un modello organizzativo dinamico, che ignori l’unanimismo e valorizzi orchestrandole le cooperazioni anche temporanee per finalità esplicite, può invece essere la cornice utile per mitigare l’inevitabile competizione e favorire il successo delle istanze aggreganti.
    Gli organismi intermedi, triturati dalla centralizzazione sovrannazionale delle policies, potrebbero recuperare il ruolo fortemente interconnesso con le specificità economiche, sociali e quant’altro, della realtà territoriale, valorizzando le iniziative nel confronto europeo. Peraltro ipotizzare un sindacato di scala europea potrebbe condurre al suo eradicarsi, depotenziandolo irrimediabilmente.
    Orchestrare, invece di uniformare, gli orientamenti autonomi delle politiche sovrane, potrebbe essere la funzione virtuosa dell’entità politica europea, al servizio delle aspirazioni dei popoli e dei governi democraticamente eletti.

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