La padella e la brace



    9 Maggio 2019       0

Cosa è peggio tra il Movimento 5 Stelle e la Lega modello Salvini?

Ogni tanto se lo chiede qualcuno, che tenta anche una risposta giudicando meno peggio questo o quello.

Vediamo di fare una schematica analisi, “tagliando un po’ con il piolet”, come diciamo in Piemonte. E lo facciamo sui parametri che don Sturzo – e quindi un qualunque Popolare – considererebbe essenziali. Cominciamo.

Moralità. Stiamo vedendo che la Lega sta ormai ereditando il malaffare dei “berluscones”, al Nord e pure al Sud, rapporti con le mafie compreso Non che i 5 Stelle siano immuni alla corruzione (vedi Roma), ma su questo punto sono senz’altro meglio.

Democrazia. La Lega salviniana è un “partito del capo” tipico della Seconda Repubblica, quindi tendenzialmente autoritario, e in più sta raccogliendo il consenso della feccia neofascista. I 5 Stelle disprezzano la democrazia rappresentativa in nome di quella diretta, attuata in rete secondo il principio “1 vale 1”: peccato però che la Casaleggio e associati governi il tutto come il guru di una setta.

Competenza. I grillini dimostrano al governo nazionale e locale una imbarazzante incapacità, spesso associata a grande presunzione: se ne stanno accorgendo persino gli italiani che li hanno votati... Qui meglio la Lega, che ha una base di dirigenti formata alla scuola dell’amministrazione locale.

Autonomie. Il ripetuto governo locale in Lombardia e Veneto rende più ragionevoli le posizioni della Lega che, anche se lontana dalla stagione di Bossi, è ad esempio favorevole al ruolo essenziale delle Province. Di Maio & C., sono fermi alla demagogia dei “poltronifici”, del tutto incapaci di capire l’importanza di un equilibrato sistema di autonomie locali.

Solidarietà. Guardando al Welfare e al Terzo settore, il truce Salvini si colloca all’opposto di una politica ispirata ai valori evangelici. Con tutti i limiti dimostrati, il M5S si pone almeno il problema degli ultimi e dei penultimi.

Famiglia. Salvini plaude al Convegno integralista di Verona e brandisce nei comizi rosario e Vangelo, ottenendo così il consenso dei “baciapile” che saranno anche assidui praticanti ma un po’ sordi contenuti del “discorso della montagna” ripresi da papa Francesco. Di Maio presidia invece il campo dei “diritti individuali” come farebbero un Giachetti e una Cirinnà qualsiasi. Diciamo che un “cattolico adulto”, per dirla con Prodi, può solo mettersi le mani nei capelli...

Equità sociale. Il Movimento la persegue a parole, peccato che non siano capaci. La Lega con flat tax e “quota 100” sta dimostrando di inseguire il facile consenso di questa o quella categoria di elettori. Compatibilità nel tempo? Eguaglianza tra generazioni? Bene comune? Non pervenuti.

Libertà economica. Di Maio incarna in neo-statalismo, anche comprensibile in qualche caso, ma in altri – vedi la telenovela Alitalia – del tutto inaccettabile. Qui Salvini sembra in teoria meglio, ma la sua impostazione rimanda al laissez faire, laissez passer che favorisce solo i furbi e i sempiterni “padroni delle ferriere”.

Europa. Tra il vicepremier padano che fraternizza con Orban e gli altri sovranisti dell’Est (i più contrari a una politica europea sui migranti in aiuto all’Italia) e il vicepremier partenopeo in disperata ricerca di sponde europee che incontra frange violente dei gilets jaunes incurante del suo ruolo istituzionale, è impossibile scegliere il meno peggio, per chi si ispira a Ventotene e De Gasperi.

Dopo tutto, da questa rapida disamina, credo che tutti possiamo convenire su un punto: ma perché dovremmo scegliere tra la padella e la brace?


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