L’interessante riflessione di Pierluigi Castagnetti su queste colonne in merito all’attuale inerzia dell’Associazione nazionale dei Popolari merita un approfondimento non burocratico o di maniera. Lo dico perché l’analisi di Pierluigi si allarga anche al ruolo politico potenziale di una formazione di centro e, all’interno di questo, di un altrettanto eventuale funzione politica e culturale dei cattolici democratici e popolari. Ora, chi segue anche solo con un fisiologico distacco il dibattito all’interno del nostro mondo sa benissimo che Castagnetti, del tutto legittimamente, è da anni fortemente impegnato a sostenere tutti i segretari che vincono le primarie del PD.
E quindi, credo, non si accorge neanche che l’attuale, progressiva e rapida trasformazione del PD in una sorta di neo PDS ha, di fatto, attenuato se non cancellato, le ragioni politiche e culturali che avevano dato vita all’esperimento veltroniano nato nel lontano 2007. Una operazione, comunque, che io ritengo molto positiva ed efficace perché con la discesa in campo – finalmente – di una vera destra con un profilo politico e culturale netto e definito dopo la lunga e incolore stagione berlusconiana, c’era la necessità quasi fisiologica di un ritorno anche della sinistra politica, della sinistra culturale e della sinistra tradizionale. E questo è, con la segretaria Zingaretti, l’attuale PD. Che, com’è noto, non c’entra assolutamente nulla con la tradizione cattolico democratica, cattolico popolare e cattolico sociale.
Come, del resto, rilevano quasi tutti gli osservatori e i commentatori disinteressati. Tranne coloro che, con un pizzico di nostalgia, ritengono ancora necessaria la presenza dei cosiddetti e tradizionali “indipendenti di sinistra” di matrice cattolica. Ma, al di là di questa fotografia che ormai non fa più neanche notizia, quello che è in cima al dibattito politico – e che ormai viene richiamato e sottolineato a giorni alterni sui principali organi di informazione – è la scommessa di ridar vita nell’attuale stagione politica italiana a una formazione che sappia recuperare il pensiero, la cultura e il progetto politico di un partito/ movimento di centro. Nessuno pensa, e mi stupisce che Castagnetti abbia fatto riferimento a una proposta che nessuno, salvo qualche gruppetto fondamentalista e integralista vuole, di dar vita ad un “partito cattolico” o “dei cattolici”. Una proposta inesistente e quindi da non approfondire perché non è all’ordine del giorno.
Ma dopo il voto del 26 maggio e la registrazione dei conseguenti equilibri politici ed elettorali, la vera priorità politica per chi non si rassegna alla conflittualità tra gli “opposti estremismi” – come abbiamo concretamente e visibilmente sperimentato qualche settimana fa a Verona tra la destra cattolica e integralista e la sinistra libertaria e radicaleggiante – sarà quella di far decollare un progetto politico, culturale e programmatico che sia in grado di rideclinare e dar voce a un pensiero, a una politica, a un metodo e a una ricetta di governo semplice e al tempo stesso complesso. E cioè, una rinnovata cultura della mediazione; un vero riconoscimento del pluralismo sociale e culturale; un forte senso dello Stato e un rigoroso rispetto delle istituzioni democratiche; una vera ricetta riformista e una spiccata cultura di governo; una autorevole e qualificata classe dirigente e, soprattutto, una politica che sappia battere la radicalizzazione della lotta politica e introdurre la logica democratica del confronto e del dialogo attraverso il rispetto dell’avversario e non l’annientamento del nemico. Un luogo politico – e questo lo possiamo e lo dobbiamo dire ad alta voce – dove la cultura, il pensiero e il magistero politico dei cattolici democratici e popolari avrà indubbiamente un ruolo decisivo e qualificante.
Ecco perché quando si parla di centro, di cattolici, di PD e della politica italiana non possiamo fermarci a una stagione che ormai è alle nostre spalle. Del resto, parlare oggi del PD come partito “a vocazione maggioritaria” o come “partito plurale” significa essere aggrappati a un passato ormai non più riproponibile. Per questo dobbiamo attrezzarci per la nuova stagione politica che si è aperta.
E quindi, credo, non si accorge neanche che l’attuale, progressiva e rapida trasformazione del PD in una sorta di neo PDS ha, di fatto, attenuato se non cancellato, le ragioni politiche e culturali che avevano dato vita all’esperimento veltroniano nato nel lontano 2007. Una operazione, comunque, che io ritengo molto positiva ed efficace perché con la discesa in campo – finalmente – di una vera destra con un profilo politico e culturale netto e definito dopo la lunga e incolore stagione berlusconiana, c’era la necessità quasi fisiologica di un ritorno anche della sinistra politica, della sinistra culturale e della sinistra tradizionale. E questo è, con la segretaria Zingaretti, l’attuale PD. Che, com’è noto, non c’entra assolutamente nulla con la tradizione cattolico democratica, cattolico popolare e cattolico sociale.
Come, del resto, rilevano quasi tutti gli osservatori e i commentatori disinteressati. Tranne coloro che, con un pizzico di nostalgia, ritengono ancora necessaria la presenza dei cosiddetti e tradizionali “indipendenti di sinistra” di matrice cattolica. Ma, al di là di questa fotografia che ormai non fa più neanche notizia, quello che è in cima al dibattito politico – e che ormai viene richiamato e sottolineato a giorni alterni sui principali organi di informazione – è la scommessa di ridar vita nell’attuale stagione politica italiana a una formazione che sappia recuperare il pensiero, la cultura e il progetto politico di un partito/ movimento di centro. Nessuno pensa, e mi stupisce che Castagnetti abbia fatto riferimento a una proposta che nessuno, salvo qualche gruppetto fondamentalista e integralista vuole, di dar vita ad un “partito cattolico” o “dei cattolici”. Una proposta inesistente e quindi da non approfondire perché non è all’ordine del giorno.
Ma dopo il voto del 26 maggio e la registrazione dei conseguenti equilibri politici ed elettorali, la vera priorità politica per chi non si rassegna alla conflittualità tra gli “opposti estremismi” – come abbiamo concretamente e visibilmente sperimentato qualche settimana fa a Verona tra la destra cattolica e integralista e la sinistra libertaria e radicaleggiante – sarà quella di far decollare un progetto politico, culturale e programmatico che sia in grado di rideclinare e dar voce a un pensiero, a una politica, a un metodo e a una ricetta di governo semplice e al tempo stesso complesso. E cioè, una rinnovata cultura della mediazione; un vero riconoscimento del pluralismo sociale e culturale; un forte senso dello Stato e un rigoroso rispetto delle istituzioni democratiche; una vera ricetta riformista e una spiccata cultura di governo; una autorevole e qualificata classe dirigente e, soprattutto, una politica che sappia battere la radicalizzazione della lotta politica e introdurre la logica democratica del confronto e del dialogo attraverso il rispetto dell’avversario e non l’annientamento del nemico. Un luogo politico – e questo lo possiamo e lo dobbiamo dire ad alta voce – dove la cultura, il pensiero e il magistero politico dei cattolici democratici e popolari avrà indubbiamente un ruolo decisivo e qualificante.
Ecco perché quando si parla di centro, di cattolici, di PD e della politica italiana non possiamo fermarci a una stagione che ormai è alle nostre spalle. Del resto, parlare oggi del PD come partito “a vocazione maggioritaria” o come “partito plurale” significa essere aggrappati a un passato ormai non più riproponibile. Per questo dobbiamo attrezzarci per la nuova stagione politica che si è aperta.
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