E se non parlassimo più di “centro” e “moderati”?



Domenico Galbiati    10 Aprile 2019       1

E ci sforzassimo poi di capire quello che i cattolici democratici possono schiettamente offrire, secondo la specificità della loro cultura politica, al Paese in questa fase complessa della sua vicenda storica, senza indulgere alla suggestione di parole che il tempo e l’uso, ancor più l’abuso, che ne abbiamo fatto hanno, per più aspetti, appesantito e corroso?

Dove sta scritto che le posizioni espresse da chi cerca di assumere il riferimento al valore umano, inalienabile e trascendente, della persona, come timone della propria azione politica, debbano essere “moderate” a prescindere?

Se così – per forza di cose, per un supposto ruolo di conciliazione che volessimo far nostro ad ogni costo per quanto non ci competa più essere il baricentro del Paese – dovesse essere, la “moderazione”, assunta come norma necessaria ed inossidabile del nostro “pensare politicamente”, anziché l’oraziana giusta “via di mezzo”, non scivolerebbe, invece, sì verso un’ “aurea mediocritas”, ma nel senso grigio, banale e spregiativo del termine ?

È difficile – per quanto comunemente lo si voglia negare – sottrarsi al pregiudizio che il “centro” sia, ad ogni modo, una sorta di luogo geometrico interposto tra due polarità, cosicché non abbia, di fatto, una sua consistenza effettiva, nella misura in cui la sua posizione e’, almeno teoricamente, incerta e malsicura in quanto sostanzialmente indotta dalla dislocazione che, di volta in volta, assumono le ali estreme dello schieramento.

Peraltro, se aveva senso parlare di centro e di polarità opposte quando il nostro sistema politico era sostanzialmente stabile ed esattamente definibile secondo la figura dell’arco parlamentare, oggi – per quanto “destra” e “sinistra” continuino, beninteso, ad esistere, eccome…- non assomiglia piuttosto ad una “rete”, cioè un costrutto in cui il centro sta dappertutto e, nel contempo, da nessuna parte?

Un conto è la continuità di un pensiero politico consolidato nel tempo eppure da sviluppare costantemente, altra cosa la cristallizzazione di abiti mentali desunti dalle contingenze di una particolare e specifica fase politica.

Di questi dobbiamo liberarci se vogliamo sprigionare una creatività nuova.

Preoccupiamoci, piuttosto, di affermare e rivendicare la nostra originalità e la nostra autonomia di giudizio. Preoccupiamoci di accompagnarla con le competenze necessarie a dar concretamente corpo, in termini di proposta politica, alle opinioni che esprimiamo.

E infine di sollecitare la formazione di una nuova classe politica di giovani, senza intralciare il loro cammino con sussulti di revanscismo di chi la sua parte l’ha già fatta.

(Tratto da www.politicainsieme.com)


1 Commento

  1. L’articolista Domenico Galbiati lo conosco da tempo, tanto tempo, e ora lo trovo qui tra i “nostri” popolari piemontesi, con sorpresa, lieta. E’ sempre quello che ho conosciuto e apprezzato per anni; lui, diversamente dai molti come me, è sempre stato un fine analista politico e lo fa anche con questo pezzo. Il suo, e lo dico come prima cosa, è un argomento che meriterebbe ben più approfondita discussione, per parlare di un “centro” che è, se è, tutt’altra cosa di quello di cui se ne parlava decenni fa (il centro geometrico, ecc.), ma per dire che oggi questa “invocazione” al dibattito non ha più alcuna risposta, non ci sono più luoghi ove discutere, ma ci si accontenta di vivere (e contrabbandare) la democrazia con gli smartphon e i twitter. Solo qualche giorno fa, in una nota scritta per omaggiare un grande, Giuseppe Guzzetti, mi spinsi a dire di rimpiangere la Democrazia Cristiana nella quale abbiamo passato tanti anni, pure se quel partito, considerato maturo o non più adeguato è stato abbandonato, Da Galbiati prima di me, senza che la storia a seguire generasse qualcosa di meglio. Io da democristiano (breve parentesi tra i popolari) sono passato a essere spettatore, in attesa che qualcuno ci scaldasse il cuore; altri, ad esempio il Dr. Galbiati, hanno frequentato luoghi presunti alternativi, rami (forse rametti) del grande albero del cattolicesimo democratico.
    Oggi Galbiati affronta un tema assolutamente non nuovo, qui il centro, oltre che essere tale, è, per Galbiati, un luogo che ondeggia or di qua, or di là, a secondo di come muovono le estreme. Vero, ma forse il vero problema è come attrezzarsi per vincere la non democrazia dei Salvini e dei Di Maio che decidono, prendono i voti (anche i nostri voti!) senza consultare nessuno, inducendo una sorta di lavaggio di cervello che, sarà fatale, porterà a uno scoppio che travolgerà questo Paese. E anche il centro sinistra, che non promette o fatica ancora a muoversi si è forse adagiato sulle “comodità” dei suoi “concorrenti” perdendo la grinta necessaria per affrontare l’emergenza. Ricette facili non ce n’è, ma l’obiettivo deve essere chiaro, il resto sono parole.

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