Pubblichiamo il documento finale del convegno “Oggi famiglia”, promosso dal Circolo “I Liberi e Forti” di Roma svoltosi nella Capitale il 28 marzo scorso – con interventi di Balduzzi, Dellai, D’Ubaldo, Fioroni, Infante, Lorenzin e Ocmin – e caratterizzato da un approccio equilibrato che è mancato in alcuni contenuti e in molti commenti sul successivo convegno di Verona.
Dialogo autentico e sereno – quello proposto da “I Liberi e Forti” – su un tema come la famiglia che suscita immediati contrasti. Oggi le sfide del tempo e della società ne sfigurano la consistenza morale e istituzionale, dato che il costume prevalente assume la logica del contratto a parametro di tutto, anche della famiglia. Sì tratta invece di ridare vigore a una riflessione politica sul giusto equilibrio tra posizioni estreme, tenendo presente anzitutto l’impalcatura ideale della norma costituzionale.
No al fondamentalismo, no al radicalismo etico: l’istanza corretta mira a restituire alla famiglia la sua funzione di “società naturale”, antecedente allo Stato, non manipolabile da vecchie e nuove ideologie “anti-umanistiche”.
Non ci può illudere che una famiglia infragilita e trascurata, senza adeguati sostegni pubblici, sia ininfluente rispetto al declino del Paese. In effetti vi contribuisce in maniera decisiva. Basti pensare ai problemi che scaturiscono dal cosiddetto “inverno demografico”.
Crediamo per questo che accanto alle diverse forme di convivenza, oggi riconosciute dalla legge, debba recuperare centralità il discorso sulla “famiglia generativa”, luogo di educazione, vita affettiva, solidarietà e responsabilità. Il riconoscimento di unioni diverse non può significare cancellazione o fraintendimento del significato e del valore della famiglia incardinata sul matrimonio tra un uomo e una donna, dunque per sua natura aperta alla vita.
Un’antropologia che supera la distinzione di genere, supponendo che il genere appartenga al confronto dell’individuo attorno alla propria identità, trasforma l’uomo in solo “spirito e volontà”, a prescindere dalla sua sessualità (tendenzialmente contesa). Chiaramente la famiglia diventa, così, una formazione astratta, sottomessa all’imprevedibilità delle circostanze, del gusto e persino degli interessi, quindi calco o premessa della ”società liquida”.
Una politica solidarista, volta a congiungere libertà e giustizia, mentre rifiuta il liberismo economico non può non rifiutare, in pari tempo, il liberismo etico. Ecco l’esigenza di un dialogo più esigente tra posizioni che muovono da comuni aspettative solidariste, perché la dimensione etica impone la ricerca e la conquista del “filo rosso” di un nuovo umanesimo sociale. Se cade questa preoccupazione, bisognosa di umiltà e rispetto reciproco, lo spirito di convergenza delle culture politiche popolari si consuma rapidamente nella combinazione di approcci episodici, senza respiro strategico.
Siamo indisponibili, perché ne ravvisiamo l’errore, a consegnare i valori della famiglia alla logica degli opposti fondamentalismi. Rifiutiamo le strumentalizzazioni della destra, ma non ci rassegniamo nemmeno alla curva della banalizzazione etica di una certa sinistra post-ideologica (fino ad essere post-morale). Vogliamo farci guidare, in realtà, da un sano principio che Aldo Moro traduceva nella cultura e nella politica del confronto. Ripartiamo da qui, con scrupolo e pazienza, fiduciosi nell’opera di rinnovamento della nostra struttura di convivenza umana e civile.
Dialogo autentico e sereno – quello proposto da “I Liberi e Forti” – su un tema come la famiglia che suscita immediati contrasti. Oggi le sfide del tempo e della società ne sfigurano la consistenza morale e istituzionale, dato che il costume prevalente assume la logica del contratto a parametro di tutto, anche della famiglia. Sì tratta invece di ridare vigore a una riflessione politica sul giusto equilibrio tra posizioni estreme, tenendo presente anzitutto l’impalcatura ideale della norma costituzionale.
No al fondamentalismo, no al radicalismo etico: l’istanza corretta mira a restituire alla famiglia la sua funzione di “società naturale”, antecedente allo Stato, non manipolabile da vecchie e nuove ideologie “anti-umanistiche”.
Non ci può illudere che una famiglia infragilita e trascurata, senza adeguati sostegni pubblici, sia ininfluente rispetto al declino del Paese. In effetti vi contribuisce in maniera decisiva. Basti pensare ai problemi che scaturiscono dal cosiddetto “inverno demografico”.
Crediamo per questo che accanto alle diverse forme di convivenza, oggi riconosciute dalla legge, debba recuperare centralità il discorso sulla “famiglia generativa”, luogo di educazione, vita affettiva, solidarietà e responsabilità. Il riconoscimento di unioni diverse non può significare cancellazione o fraintendimento del significato e del valore della famiglia incardinata sul matrimonio tra un uomo e una donna, dunque per sua natura aperta alla vita.
Un’antropologia che supera la distinzione di genere, supponendo che il genere appartenga al confronto dell’individuo attorno alla propria identità, trasforma l’uomo in solo “spirito e volontà”, a prescindere dalla sua sessualità (tendenzialmente contesa). Chiaramente la famiglia diventa, così, una formazione astratta, sottomessa all’imprevedibilità delle circostanze, del gusto e persino degli interessi, quindi calco o premessa della ”società liquida”.
Una politica solidarista, volta a congiungere libertà e giustizia, mentre rifiuta il liberismo economico non può non rifiutare, in pari tempo, il liberismo etico. Ecco l’esigenza di un dialogo più esigente tra posizioni che muovono da comuni aspettative solidariste, perché la dimensione etica impone la ricerca e la conquista del “filo rosso” di un nuovo umanesimo sociale. Se cade questa preoccupazione, bisognosa di umiltà e rispetto reciproco, lo spirito di convergenza delle culture politiche popolari si consuma rapidamente nella combinazione di approcci episodici, senza respiro strategico.
Siamo indisponibili, perché ne ravvisiamo l’errore, a consegnare i valori della famiglia alla logica degli opposti fondamentalismi. Rifiutiamo le strumentalizzazioni della destra, ma non ci rassegniamo nemmeno alla curva della banalizzazione etica di una certa sinistra post-ideologica (fino ad essere post-morale). Vogliamo farci guidare, in realtà, da un sano principio che Aldo Moro traduceva nella cultura e nella politica del confronto. Ripartiamo da qui, con scrupolo e pazienza, fiduciosi nell’opera di rinnovamento della nostra struttura di convivenza umana e civile.
Condivido quanto scritto nell’articolo ed anche in quello di Giorgio Merlo. Tuttavia debbo dire che le tematiche in questione (famiglia, bioetica, l’insieme di quelle eticamente sensibili) sono da tutti (e sottolineo da tutti) lasciate ai margini del dibattito pubblico. Invece sono temi importanti, anzi fondamentali. La società moderna, passo dopo passo (per così dire con la “tecnica del carciofo”), percorre un cammino pericoloso: fecondazione eterologa, uteri in affitto, teoria del gender, transumanesimo, manipolazioni del genoma umano per potenziare attitudini e comportamenti, creazione di DNA di sintesi per dar vita a una nuova genesi. Non si tratta di ipotesi futuristiche, ma, come per le modificazioni climatiche, di un cammino che già viene percorso.
Preciso di non essere credente e di aver votato, a suo tempo, per divorzio ed aborto senza esserne oggi pentito, ma di non averli mai teorizzati come punti di partenza per liberare gli esseri umani da responsabilità e vincoli sociali, genetici e biologici, come vedo frequentemente avvenire. Oggi, c’è la necessità di affrontare queste questioni in un dibattito sereno, che metta da parte riferimenti ideologici e religiosi, per cercare di individuare un minimo denominatore condiviso. Bisogna, a tal fine, iniziare dalle parole e dai concetti impiegati nei discorsi. Ad esempio, ho sentito dire da Giuseppe Caldarola e da Gianni Cuperlo che la famiglia consiste nella convivenza di due persone che si amano. E’ una sciocchezza che qualsiasi antropologo ridicolizzerebbe. Nei discorsi, sarebbe il caso di attribuire alle parole il significato riportato dai dizionari e tenere conto di come le definiscono la Costituzione e le leggi vigenti. Altro esempio: occorre chiedersi se l’istinto materno esista o meno; nei fatti viene negato in talune sentenze di assegnazione di bambini a coppie di maschi, mentre altre sentenze, nell’assegnazione dei figli in caso di divorzio, privilegiano la donna con la motivazione dell’interesse del bambino senza chiarire su che cosa riposi tale interesse (se non si prende in considerazione l’istinto materno). Ritengo inoltre che sul piano scientifico sia possibile porre alcuni punti fermi che potrebbero essere negati solo da oscurantisti (per altro presenti nei differenti schieramenti, anche fra quanti si ritengono neoilluministi). Propongo al Presidente e al Direttivo dell’associazione di prendere in considerazione qualche iniziativa in materia.