Tria la formica



    7 Marzo 2019       0

“Il problema della TAV non è l’analisi costi benefici. Nessuno verrà ad investire in Italia se il Paese dimostra che un governo non sta ai patti, cambia le leggi o le rende retroattive”. Non sono parole. Sono macigni. E chi è il titano che li ha scagliati nel dibattito politico?

Giovanni Tria, ministro dell’Economia nel governo legastellato. Proprio lui, l’omino timido e schivo, bullizzato dai prepotenti viceministri Salvini e Di Maio nella felice – e neppure improbabile – parodia di Maurizio Crozza.

Il povero vaso di coccio ha già avuto nella corta vita di governo i suoi bei problemi a sopravvivere tra le ripetute e contrastanti richieste di denaro dei partner per finanziare le promesse elettorali. Un po’ di risorse il tapino le ha trovate per avviare il reddito di cittadinanza e permettere i primi pensionamenti a quota 100, poi ha stoppato al momento l’abolizione della legge Fornero e la Flat Tax, facendosi forte della realtà dei numeri più che del suo animo, non proprio ardimentoso.

Eppure, malgrado il piglio alla don Abbondio, Tria ha trovato il coraggio di porre una questione fondamentale per far capire che mandare all'aria a un progetto di miliardi, visto-rivisto-stravisto sul piano tecnico e sottoscritto in più trattati internazionali, non è come rinunciare in extremis alla settimana in crociera perdendo i soldi della caparra. La sua dichiarazione ha lasciato Di Maio senza parole, e solo l’ineffabile Toninelli si è sentito in dovere di emettere aria di circostanza.

Non sappiamo se l’uscita di Tria sia stato un piano calcolato, un sussulto d’orgoglio o l’effetto collaterale di una compressa di Mattarellox, ma pensiamo che Gino e Michele avevano proprio ragione: dopo tutto anche le formiche, nel loro piccolo, s’inc.......


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