Il Popolarismo va vissuto, non celebrato



Giorgio Merlo    29 Gennaio 2019       2

Continuano in tutta Italia le riflessioni, le iniziative e gli approfondimenti attorno al Centenario della nascita del Partito popolare italiano. E, soprattutto, dell'attualità del popolarismo di ispirazione cristiana. Il tutto si inserisce in un contesto culturale nazionale dove emerge la necessità, sempre più forte, di rinnovare e rilanciare un protagonismo politico dei cattolici italiani.

Sia chiaro, nessuna deriva clericale, nessun partito confessionale o "dei vescovi" e, nello specifico, nessun "partito dei cattolici". Che, in Italia, non è mai esistito. Non lo era  il PPI di Sturzo, non lo è stata la Democrazia Cristiana e tantomeno il PPI di Mino Martinazzoli. Una tradizione e una prassi estranei alla storia politica italiana e alla stessa esperienza concreta dell'area cattolica italiana. Seppure non siano mai mancate tentazioni integralistiche e confessionali dal secondo dopoguerra in poi. Ma che sono sempre stati minoritarie e marginali.

Ora, è indubbio, al di là dei retroscena giornalistici quotidiani, che questo fermento non può non generare una iniziativa politica. Quando da più versanti emerge la necessità di ridar voce e rappresentanza a una cultura e a un pensiero oggi irresponsabilmente marginali e ininfluenti, lo sbocco politico diventa quasi inevitabile.

Certo, il panorama cattolico democratico, popolare e sociale oggi pullula di movimenti, gruppi, associazioni, singole personalità e via discorrendo che pensano, ognuno, di essere il depositario esclusivo per l'avvio di un nuovo soggetto politico. Eppure la vera sfida resta quella di far canalizzare in un soggetto politico unitario e il più rappresentativo possibile le varie sensibilità che arricchiscono, oggi, l'area cattolica italiana.

Sotto questo versante, è del tutto evidente che non basta cercare di strumentalizzare il magistero sturziano o l'eredità del popolarismo di ispirazione cristiana per i propri disegni politici. È stata una operazione simpatica, ma francamente grottesca, quella messa in atto in questi giorni da Berlusconi da un lato, che si rivolge agli uomini "liberi e forti" per una nuova Forza Italia, e da Zingaretti dall'altro per accalappiarsi l'eredità sturziana nella formazione del nuovo partito della sinistra italiana. Tentativi legittimi ma ridicoli quelli di dare cittadinanza politica, culturale e programmatica a una tradizione che, se coniugata con ciò che resta del berlusconismo o con un rinnovato PDS sarebbe destinata a restare semplicemente a bordo campo.

Un motivo in più, quindi, per ridare voce politica a questa tradizione ideale che, altrimenti, sarebbe consegnata agli archivi storici. Un tema, questo, che si pone anche e soprattutto dopo il tramonto dei "partiti plurali" – nel caso specifico del PD che ormai si avvia a diventare un rinnovato partito della sinistra italiana, una sorta quindi di neo PDS – e del sostanziale esaurimento dell’esperienza di Forza Italia e dell'UDC sul versante del centrodestra.

Ma questo nuovo soggetto politico adesso si impone.

E questo non solo per l'insistenza di molti settori della gerarchia ecclesiastica o dell'associazionismo cattolico di base, ma per la richiesta di fette crescenti dell'elettorato che si sente sempre più orfano nell'attuale cittadella politica italiana. Un elettorato che per molti anni si è riconosciuto, seppur stancamente, in altri partiti ma che adesso, dopo lo tsunami del voto del 4 marzo scorso, è alla ricerca di nuovi rappresentanti, di nuovi progetti e soprattutto di un nuovo soggetto politico.

E il ricordo e la riflessione sul centenario del PPI sturziano e del celebre appello ai "liberi e forti" può essere la leva decisiva per aprire una nuova fase politica per i cattolici democratici e popolari italiani. Senza limitarsi a celebrare in modo un po' protocollare e burocratico una cultura politica, come ormai ci ha abituati l'Associazione nazionale guidata da Pier Luigi Castagnetti.

È giunto il momento, invece e al contrario,  di tradurre concretamente questo fermento politico, culturale, programmatico ed organizzativo. È giunto cioè il momento, seppur in un contesto storico profondamente diverso e mutato rispetto all'inizio del Novecento, di imitare il coraggio e l'intuizione di quel prete di Caltagirone che con un piccolo gruppo di volenterosi raccolse la spinta per un rinnovato impegno politico dei cattolici italiani e mise in campo un progetto e una cultura che dopo cento anni continuano a conservare una bruciante attualità.

Perché Sturzo e il popolarismo non si celebrano ma si vivono. Concretamente e quotidianamente. Come recita la miglior tradizione del cattolicesimo politico italiano.


2 Commenti

  1. Mi discosto un attimo dal pensiero di Giorgio Merlo rispetto alla creazione di un nuovo soggetto politico che, credo, in questa fase di confusione politica, movimentista, populista e sovranista, non sia la ricetta migliore per tornare a far vivere l’impegno dei cattolici in politica. Penso invece che sia arrivato il momento di raccontare la nostra storia ai giovani, ai bambini, ai nuovi arrivati nel nostro paese. Parlare dei nostri valori, dei nostri programmi economici, sociali e politici. Certi, però, che queste nuove narrazioni ci sono già, dobbiamo solo scoprirle non inventarle. E sono lì nella vita normale e popolare della gente normale del nostro Paese e del mondo. Sono molte, sono nascoste nel cuore delle gente e nelle relazioni di chi ha saputo attraversare questo scorcio di millennio senza incattivirsi, senza avvelenarsi l’anima, che non ha smesso di vedere il vicino di casa come una persona per bene, che sa cooperare, che ha uno sguardo buono sulla gente che lo circonda e che arriva sulla soglia di casa, che sa che prima delle parti politiche c’è l’umano intero. Che gira per le strade e sa vedere molte cose belle, ma sa che le cose più belle sono le persone. E quando il grande fiume esonda, sa che è tempo di cessare la polemica partitica e correre insieme a rafforzare gli argini. Ecco questa è una sfida che i cattolici devono riaffrontare, non credo però che ci sia bisogno di un nuovo soggetto politico, dobbiamo invece “rimpolpare” le potenzialità che già ci sono all’interno dei partiti. L’amore di Sturzo per i più deboli non è un sentimento di filantropia, ma è un fatto consapevolmente cristiano fondato sulla fratellanza comune.
    L’impegno politico diventa dovere morale e atto d’amore e oggi, a distanza di cento anni,è importante chiedersi quale sia la forma più adeguata per raccogliere e rilanciare i tanti fermenti presenti nel mondo cattolico. Molti di loro si sono impegnati e si impegnano, anche oggi, in politica, soprattutto a livello locale: uomini e donne, molto spesso giovani, che rappresentano un autentico serbatoio di competenza, passione ed esperienza per il futuro del nostro Paese. Forse, allora, non è del tutto vero, come spesso si sente dire, che il mondo cattolico italiano si sia allontanato dalla politica, tantomeno quello organizzato che si raccoglie attorno ad associazioni e movimenti, enti di volontariato e organizzazioni ecclesiali. Certamente il cattolicesimo organizzato soffre un deficit di rappresentanza politica, specie se guardiamo alle istituzioni nazionali. Probabilmente soffre anche di scarsa capacità comunicativa, caratteristica che impedisce di avere una visibilità adeguata. Questo però non significa che l’associazionismo cattolico si sia ritirato dalla politica.Forse è vero il contrario: è la politica ad essersi ritirata dalla società, chiudendosi sempre di più in logiche cooptative e autoreferenziali, impermeabili a un reale confronto con il mondo dell’associazionismo e di tutte quelle attività coraggiose e innovative che ci sono nel nostro Paese. La politica, a mio avviso,avrebbe dovuro dare maggior credito e più spazio a questi mondi, che, naturalmente, non sono fatti solo di cattolici, ma in cui i cattolici hanno certamente grande rilevanza. Si evidenzia il fatto che questi mondi soffrano anche di scarsa capacità comunicativa, caratteristica che impedisce di avere una visibilità adeguata. Ecco che emerge una grossa criticità che riguarda la politica oggi; il fatto di aver quasi abbandonato questi mondi che non sono fatti solo di cattolici, ma in cui i cattolici hanno certamente grande rilevanza. Viviamo in una stagione diversa da quella che portò all’affermazione della DC, così come da quella che condusse, un secolo fa, alla nascita del Partito Popolare. Proporre oggi la formazione di un partito più o meno esplicitamente cattolico non credo sia la ricetta migliore; il nostro Paese ha bisogno di proposte capaci di creare nuove sinerge e proporre progetti buoni per il Paese, per l’Europa e per il mondo. Ha bisogno che si crei un’ampia convergenza tra coloro che aspirano a costruire insieme ad altri un’Italia (e un’Europa) più giusta, più solidale, più generosa. Ha bisogno di raccogliere la passione politica di quanti ritengono necessario custodire la democrazia, senza rinunciare a una prudente innovazione dei suoi istituti. Ha bisogno di proposte che riducano le fratture presenti nella trama della società, invece che alimentarle. Ha bisogno, insomma, di iniziative che mirino innanzitutto a unire, a mettere insieme e a valorizzare le energie e le esperienze positive che già esistono e che, in gran parte, tengono in piedi il nostro Paese.

  2. Carissimo, fino a quando non si chiarisce meglio la posizione programmatica sulla seria contrastata e vera posizione dei credenti cattolici sul problema dell’immigrazione è meglio non avventurarsi in questo progetto. Si rischia un clamoroso fallimento. Il diluvio di interventi favorevoli alla cosiddetta accoglienza della sinistra cattolica ha causato l’esponenziale crescita dei consensi a favore della Lega di Salvini. Sono diventati tutti, compreso i cattolici che hanno traslocato, potenziali fascisti? Credo proprio di no, almeno per ora! La posizione attuale di isolamento a livello europeo dell’Italia proprio sulla questione migranti, però, mi ricorda tristemente quello che è successo nella metà del secolo scorso. Siamo diventati in Italia tutti cattivi oppure l’Europa ha dimenticato cosa significa sollecitare l’isolazionismo? Approfondirei la questione con gli amici che conoscono meglio di me la storia italiana, europea e mondiale.

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