L’Appello del 1919, l’Appello di oggi



SPECIALE CENTENARIO - Redazione    16 Gennaio 2019       0

Il 18 gennaio 1919 veniva diffuso lo storico Appello “ai liberi e forti”, il manifesto politico attraverso cui Luigi Sturzo chiamava a raccolta le energie sociali, intellettuali ed economiche principalmente del mondo cattolico – ma non solo – per entrare sulla scena politica nell’Italia uscita dalla Grande Guerra con il Partito popolare italiano.

Lo pubblichiamo per farne apprezzare il valore dei contenuti, capace di parlare anche ai contemporanei.

Poi, di seguito, pubblichiamo la versione riscritta e attualizzata da Carlo Baviera, Giuseppe Davicino e Alessandro Risso. Calati nella stessa sensibilità culturale, pur consapevoli delle enormi differenze che separano la situazione sociale, economica, politica e internazionale di allora con quella odierna, gli autori propongono la versione 2019 dell’Appello “ai liberi e forti” per sottolineare l’attualità del Popolarismo anche a un secolo dal suo irrompere sulla scena pubblica italiana.

 

18 gennaio 1919

A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della «Società delle Nazioni».

E come non è giusto compromettere i vantaggi della vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la difesa dei diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società.

Perciò sosteniamo il programma politico-morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola augusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse: perciò domandiamo che la Società delle Nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l’avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffatrici dei forti.

Al migliore avvenire della nostra Italia – sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano – che per virtù dei suoi figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldata la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d’entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.

Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i Comuni – che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell’istituto parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali; vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l’autonomia comunale, la riforma degli Enti provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali.

Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo agl’individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.

Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall’anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all’autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.

Le necessarie e urgenti riforme nel campo della previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi lavoratrici, mentre l’incremento delle forze economiche del Paese, l’aumento della produzione, la salda ed equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della marina mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l’analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopoguerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria.

Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, ispirandoci ai saldi principii del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell’organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici.

A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell’amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degl’interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito Popolare Italiano facciamo appello e domandiamo l’adesione al nostro programma.

LA COMMISSIONE PROVVISORIA


On. Avv. Giovanni Bertini – Avv. Giovanni Bertone – Stefano Cavazzoni – Rag. Achille Grandi – Conte Giovanni Grosoli – On. Dr. Giovanni Longinotti – On. Avv. Angelo Mauri – Avv. Umberto Merlin – On. Avv. Giulio Rodinò – Conte Avv. Carlo Santucci – Prof. D. Luigi Sturzo, Segretario politico.


 

18 gennaio 2019

A tutti gli uomini e donne – i “liberi e forti” evocati quasi cento anni fa da Luigi Sturzo, ancora oggi sollecitati a cooperare per il bene comune dell’Italia e dell’Unione fra i popoli del continente europeo –, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugniamo e attuiamo nella loro interezza gli ideali di giustizia, libertà e uguaglianza sanciti dalla Costituzione.

Nello scenario globalizzato e multipolare di questo XXI secolo, le forze politiche di ogni Paese devono contribuire a rafforzare i princìpi di pace e di rispetto dei diritti umani che varranno a porre fine ai numerosi conflitti in corso nel mondo e ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, in modo da scongiurare ogni insano proposito di ricorso alle armi nucleari, e a dare un assetto stabile alle Nazioni, superando la politica di destabilizzazione che in questo secolo ha sconvolto la vita di interi popoli. A questo fine è necessario attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali del lavoro nei Paesi sviluppati e in quelli emergenti, perseguendo il livellamento verso l'alto di diritti e salari, e non più una loro compressione verso il basso. Dobbiamo inoltre sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i Paesi riuniti nell’ONU e nel progetto globale per lo sviluppo sostenibile entro il 2030, ritornando tutti a un assoluto rispetto della legalità internazionale, dopo le guerre innescate sotto il pretesto dell'esportazione della democrazia che hanno alimentato il terrorismo internazionale.

È imprescindibile dovere di democrazie sane, basate sulla netta separazione dei poteri,  e di governi legittimati dal libero voto popolare trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con il percorso di effettiva integrazione europea e con i supremi interessi internazionali, e perseguire le perenni ragioni del pacifico progresso della società.

L’Europa che vogliamo costruire è quella che si pone come costruttiva risposta alla crisi della democrazia rappresentativa, all'aumento delle disuguaglianze sociali e a uno stato di pericolosa conflittualità delle relazioni internazionali.

Un’Europa capace di guardare oltre la mera stabilità monetaria, che ha accentuato la disoccupazione e l'impoverimento dei ceti popolari e della classe media, per tornare – secondo il progetto dei padri fondatori – a politiche economiche e di bilancio concepite a partire dalle reali necessità delle persone (il lavoro, la salute, la sicurezza sociale, l'istruzione, la sicurezza del territorio e degli edifici, la sostenibilità ambientale) che producono benessere diffuso e percepibile dalla grande massa della popolazione, non solo da pochi privilegiati.

La moneta appartiene al popolo e non alle grandi banche d'affari internazionali. Riteniamo quindi necessaria e inderogabile la riforma dei trattati istitutivi dell’euro e sosteniamo la proposta dei cattolici italiani formulata nella Settimana Sociale di Cagliari (2017) di inserire nello Statuto della Banca Centrale Europea i parametri dell’occupazione e del BES, il “benessere equo e sostenibile”, accanto a quello del controllo dell’inflazione. Il futuro del progetto europeo determinerà il mantenimento della pace sociale e la stessa tenuta delle istituzioni democratiche.

Un’Europa che sia un polo protagonista della politica mondiale in questo secolo, con chiare scelte di prospettiva: la riduzione delle spese per armamenti; la presa d'atto della scomparsa della ragione fondativa della NATO essendosi la minaccia sovietica dissolta sin dal lontano 1991; la scelta per la cooperazione strategica e l’integrazione della Russia in uno spazio comune europeo e la revoca delle sanzioni, che danneggiano pesantemente l’economia italiana, verso quel Paese; il riconoscimento dei BRICS come uno dei nuovi poli della politica mondiale, oltre ai rapporti bilaterali, che pure vanno intensificati, con ciascuno di questi cinque grandi Paesi; un approccio positivo e reciprocamente vantaggioso nei confronti delle nuove vie della seta – per impedire le quali in questi anni molto sangue è stato versato, dall'Afghanistan, all'Iraq, alla Siria – in funzione della creazione di un grandioso spazio di libero scambio euro-asiatico in grado di assicurare pace e prosperità a popoli diversi per storia e cultura.

In un mondo sempre più interdipendente risultano essenziali: la libera circolazione delle persone, il diritto a poter vivere dignitosamente e in pace nella propria terra d'origine come pure la possibilità di migrare per vie legali; nuove regole condivise a livello intenzionale nelle legislazioni del lavoro, dei diritti sociali, del fisco che si estendano ai nuovi settori dell'economia digitale; la libertà di religione, che non può mai essere strumentalizzata per fini di potere o per giustificare il ricorso alla violenza, alla guerra e al terrorismo; il riconoscimento della società civile e dei corpi intermedi; l’attività di organizzazioni sindacali e di categoria per ogni forma di lavoro; il diritto di ogni popolo alla terra, al lavoro, alla casa. Essenziale è il superamento della cosiddetta economia dello “scarto” (di persone, comunità locali, popoli), mentre va perseguita una politica energetica che abbandoni il “fossile”, sfrutti il più possibile le energie rinnovabili e soprattutto finanzi la ricerca verso il loro ulteriore sviluppo.

Chiediamo, nella distinzione dei concetti di “pubblico” e di “statale”, il riconoscimento e lo sviluppo del Terzo Settore, della cooperazione economica, sociale, civile, del volontariato organizzato, l’estensione del Servizio civile per tutti come frutto di una educazione alla cittadinanza attiva animata dal comune senso civico, che crea e mantiene la necessaria coesione sociale. Anche per questo difendiamo una informazione libera, non condizionata dal potere economico e finanziario né dalle ingerenze della politica, e la neutralità della rete a garanzia del pluralismo delle opinioni.

Chiediamo che l’assistenza, la previdenza sociale, la sanità, la scuola, l’università, la formazione professionale – comunque gestite e organizzate, siano garantite a tutti nei fatti. Ricordiamo che la difesa della dignità della persona è garantita dalla possibilità di esercitare un lavoro che permette la realizzazione del proprio progetto di vita: è quindi indispensabile che tutti possano svolgere un’attività lavorativa, o avere possibilità di ricercarla con l’aiuto della collettività anche attraverso un reddito minimo di supporto. E che tutte le politiche economiche e sociali siano sempre ispirate al principio di eguaglianza, sia tra le persone sia tra le generazioni.

Facendo riferimento ai valori della Costituzione Italiana, all’esempio e all’opera di Sturzo, De Gasperi, Dossetti, Moro, all’esperienza del popolarismo e del ricco movimento politico, sindacale, culturale e associativo alimentato dall’insegnamento sociale iniziato con la Rerum Novarum, con questo appello ci rivolgiamo nell’avviato terzo millennio a tutti coloro che si sentono – senza vincoli ideologici, opportunismi o interessi di parte – cittadini liberi e solidali, uniti da uno spirito di fratellanza civile e desiderosi di un mondo più giusto e pacifico, affinché mettano a disposizione le loro intelligenze, il loro tempo, la loro opera per sostenere il rilancio dei valori della convivenza e del dialogo, in un’Europa federale. E ci dichiariamo disponibili a metterci, con spirito collaborativo al fianco di quanti già condividono il senso e la forma delle nostre proposte, per il bene comune dell'Italia e dell’Europa intera.

 

I Popolari piemontesi  Carlo Baviera – Giuseppe Davicino – Alessandro Risso




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