Il fragile partito dei “liberi e forti”



SPECIALE CENTENARIO - Alberto Guasco    16 Gennaio 2019       1

Dal mensile “Jesus” rilanciamo un articolo sulla breve storia politica del Partito popolare italiano, di cui ricorrono ora i cento anni dalla fondazione.

Malgrado il grande successo iniziale, con il 20% dei consensi e degli eletti, il partito ha in sé i germi della divisione, “avendo imbarcato gli eredi dell’intransigentismo come del conciliatorismo, i conservatori nazionali come i democratico-cristiani e i sindacalisti bianchi”. Con forti differenze di opinione su temi fondativi, come l’aconfessionalità, i rapporti con l’autorità ecclesiastica e le alleanze politiche. La riconosciuta leadership di don Sturzo tenne unito il partito fino a quando le tensioni sociali e l’offensiva reazionaria del fascismo non riuscirono a spaccare il PPI, dopo che già una parte della gerarchia aveva espresso il suo consenso a Mussolini.

Al di là dei passaggi della storia, oggi in Italia si avverte il bisogno di attingere al Popolarismo, come già avvenne per ricostruire il Paese dopo la tragedia della seconda guerra mondiale. “Altrimenti sì, come avrebbe detto don Sturzo, questo Paese verrà definitivamente lasciato in mano a quei «mestieranti » che fasce sempre più larghe di società si stanno scegliendo per beniamini. E da questo Dio scampi e liberi i forti e i meno forti”.

Per leggere l’articolo cliccate sul link sottostante.

Jesus_2019-01_Alberto_Guasco


1 Commento

  1. Condivido le riflessioni di Alberto Guasco sulla fragilità del partito popolare che conteneva i germi della divisione; gli stessi germi hanno proliferato negli anni successivi alla seconda guerra mondiale quando hanno creato le varie correnti nella DC ed in seguito quando i cattolici si sono divisi nei partiti della seconda repubblica; ancora oggi i cattolici si dividono sulle parole di papa Francesco tra chi le ritiene profetiche e chi le ritiene comuniste.
    Formare un nuovo partito che raggruppi i cattolici mi pare antistorico e praticamente impossibile. Ritengo che i partiti debbano esser rigorosamente aconfessionali anche se all’interno dei partiti gli esponenti “cattolici” dovrebbero manisfestare e praticare un di più di spirito di servizio, un di più di onestà nella cosa pubblica, competenza nel proporre e nel fare, attenzione allo sviluppo di tutte le persone specialmente le più deboli, coerenti con il principio di solidarietà e sussidiarietà, aperti al confronto con chi non proviene dallo stesso mondo, consapevoli che siamo una minoranza ormai dovunque, ma una minoranza che dovrebbe essere capace di generare. Naturalmente non si può aderire a partiti che ostacolino quanto sopra.

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