È indubbio che gennaio sarà un mese decisivo e importante per il futuro dei cattolici popolari nel nostro Paese. Tutti sapevano che dopo il voto del 4 marzo la geografia politica italiana era destinata a cambiare in profondità. E così è stato. Hanno fatto irruzione, vincendo a largo raggio, i partiti cosiddetti populisti e antisistema, cioè la Lega di Salvini e il movimento di Grillo e Casaleggio. Sono tramontati i "partiti plurali", cioè il Partito Democratico e Forza Italia diventando l'uno il prosieguo, seppur aggiornato, della storia e della esperienza politica e culturale del PDS e dei DS e l'altro una semplice succursale della Lega salviniana. E, infine, sono ritornate in campo le identità politiche che, come da copione, ridiventano protagoniste ogniqualvolta si accompagnano con un sistema elettorale proporzionale. Certo, il quadro politico è ancora alquanto instabile e le stesse coalizioni, frutto e conseguenza del proporzionale, sono in via di assestamento e di ridefinizione. Dopo essere state distrutte. Nel PD con il partito a "vocazione maggioritaria" e il "partito personale" di renziana memoria e nel centrodestra con l'onnipotenza berlusconiana. Pagine che, comunque sia, sono state definitivamente archiviate dalla storia e dalla politica.
Ed è in questo preciso contesto storico che si pone, in termini affatto diversi ed inediti rispetto al passato, la "questione cattolica" nella società contemporanea. Ovvero, la necessità di ridare voce e senso alla presenza pubblica dei cattolici italiani. O meglio, di ridare rappresentanza politica a un mondo culturale, sociale e associativo molto plurale e articolato ma, comunque sia, accomunato da un "comune sentire" che in questi ultimi anni, progressivamente e irresponsabilmente, è stato emarginato e reso ininfluente. Certo, senza derive confessionali e clericali ma con una presenza laica e culturalmente definita. Una domanda che in questi ultimi mesi è cresciuta a livello territoriale e di base e che, adesso, è matura per avere una doverosa e rinnovata risposta politica ed organizzativa. Ben sapendo che un processo di ricomposizione deve tener conto delle mille voci che arricchiscono questo mosaico di cultura, di sensibilità sociale, di spiritualità e di tensione ideale.
Ma, seppur nel rispetto delle sensibilità e di queste storiche diversità, adesso è giunto anche il momento di affrontare il capitolo dello strumento partito. E le svariate celebrazioni del centenario dell'appello ai "liberi e ai forti" e della fondazione del Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo che si stanno organizzando in tutta Italia, possono essere la leva decisiva per fare il salto di qualità. Richiesto dalla base ed invocato dai vertici. Del resto, la cosiddetta "questione cattolica", seppur nelle diverse fasi storiche, ha sempre dovuto affrontare e risolvere il capitolo della politica. O meglio, della organizzazione politica. E oggi, è inutile negarlo, la sfida e' tutta qui. Cioè nella capacità di ridare una infrastruttura politica e organizzativa a questa domanda. Appunto di natura politica. Senza prestare eccessiva attenzione, accompagnate dalle altrettanto patetiche polemiche, su chi ha la paternità esclusiva per interpretare al meglio quella cultura politica e quel filone ideale. Polemiche artificiose se è vero, com'è vero, che uno strumento politico del genere non può che essere plurale al suo interno anche se accomunato da una comune ispirazione valoriale.
Gennaio, quindi, sarà il mese della scelta politica. Fuorché si pensi che la risposta debba essere la solita "ritirata" nel prepolitico e nella palude. Sarebbe, questa, una sorta di "peccato di omissione", per citare Paolo Vl, che indebolirebbe ulteriormente la ricca e feconda tradizione del cattolicesimo politico italiano da un lato e segnerebbe, dall'altro, l'eclissi del pensiero politico di ispirazione cristiana nella cittadella politica italiana. Un lusso che, adesso, non ci possiamo più permettere.
Ed è in questo preciso contesto storico che si pone, in termini affatto diversi ed inediti rispetto al passato, la "questione cattolica" nella società contemporanea. Ovvero, la necessità di ridare voce e senso alla presenza pubblica dei cattolici italiani. O meglio, di ridare rappresentanza politica a un mondo culturale, sociale e associativo molto plurale e articolato ma, comunque sia, accomunato da un "comune sentire" che in questi ultimi anni, progressivamente e irresponsabilmente, è stato emarginato e reso ininfluente. Certo, senza derive confessionali e clericali ma con una presenza laica e culturalmente definita. Una domanda che in questi ultimi mesi è cresciuta a livello territoriale e di base e che, adesso, è matura per avere una doverosa e rinnovata risposta politica ed organizzativa. Ben sapendo che un processo di ricomposizione deve tener conto delle mille voci che arricchiscono questo mosaico di cultura, di sensibilità sociale, di spiritualità e di tensione ideale.
Ma, seppur nel rispetto delle sensibilità e di queste storiche diversità, adesso è giunto anche il momento di affrontare il capitolo dello strumento partito. E le svariate celebrazioni del centenario dell'appello ai "liberi e ai forti" e della fondazione del Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo che si stanno organizzando in tutta Italia, possono essere la leva decisiva per fare il salto di qualità. Richiesto dalla base ed invocato dai vertici. Del resto, la cosiddetta "questione cattolica", seppur nelle diverse fasi storiche, ha sempre dovuto affrontare e risolvere il capitolo della politica. O meglio, della organizzazione politica. E oggi, è inutile negarlo, la sfida e' tutta qui. Cioè nella capacità di ridare una infrastruttura politica e organizzativa a questa domanda. Appunto di natura politica. Senza prestare eccessiva attenzione, accompagnate dalle altrettanto patetiche polemiche, su chi ha la paternità esclusiva per interpretare al meglio quella cultura politica e quel filone ideale. Polemiche artificiose se è vero, com'è vero, che uno strumento politico del genere non può che essere plurale al suo interno anche se accomunato da una comune ispirazione valoriale.
Gennaio, quindi, sarà il mese della scelta politica. Fuorché si pensi che la risposta debba essere la solita "ritirata" nel prepolitico e nella palude. Sarebbe, questa, una sorta di "peccato di omissione", per citare Paolo Vl, che indebolirebbe ulteriormente la ricca e feconda tradizione del cattolicesimo politico italiano da un lato e segnerebbe, dall'altro, l'eclissi del pensiero politico di ispirazione cristiana nella cittadella politica italiana. Un lusso che, adesso, non ci possiamo più permettere.
D’accordo: i cristiani devono sentire la responsabilità e avere il coraggio di muoversi allo scoperto – superando ritrosie e divisioni – per offrire una progettualità basata su un’autentica ispirazione cristiana.
A proposito, non sarebbe meglio parlare di valori cristiani da applicare a un chiaro impegno politico piuttosto che di cattolicesimo politico, che sa più di parte, rispetto all’aulicità dei valori cristiani?
E’ difficile dire se Gennaio sarà il mese decisivo per i progetti delineati nell’articolo, così come nell’articolo di Chiapello. E questo perchè i cattolici mi paiono oggi spesso lontani da un comune sentire su numerose tematiche di interesse sociale, cosa che dovrebbe essere il presupposto minimo per un comune impegno politico. Abbiamo idea di quanti cattolici in questo momento condividano la linea del governo? Io credo parecchi, e questo purtroppo temo abbia poco a che fare con la mancanza di uno “strumento partito” nel quale riconoscersi. In questo senso il richiamo di Daniele Ciravegna a non utilizzare l’espressione “cattolicesimo politico” mi pare appropriata.
Quanto più si fa confuso e strampalato il lessico politico tanto più si presenta urgente l’idea di una coerenza che dia signifilato alla parola “politica”. Ai cattolici appartiene l’idea di un’impegno per la polis ispirato ai valori del cattolicesimo democratico. Questo impegno non ha bisogno di celebrazioni ne’ basta l’orgoglio del tempo che fu. Serve coraggiorno e la voglia rialzarsi. L’Italia ha un bisogno enorme di riannodare il filo spezzato del popolarismo.