A qualcuno questo intervento potrà sembrare inopportuno nel positivo fermento che si coglie nel nostro mondo in vista del centenario di fondazione del PPI sturziano. La spinta decisiva per scriverlo mi è arrivata ascoltando il discorso di fine anno del nostro Presidente: “Per essere all'altezza del compito dobbiamo andare incontro ai problemi con parole di verità, senza nasconderci carenze, condizionamenti, errori, approssimazioni”, ha detto in un passaggio Sergio Mattarella. Questa esortazione può, e deve, anche essere un riferimento per chi auspica la rinascita di una forza politica popolare ispirata dai valori cristiani.
Rispetto a pochi mesi fa alcune ambiguità si stanno diradando: il sempre coerente Rotondi ha raccolto le tante sigle sperdute dell’arcipelago cattolico conservatore per reindirizzarle nuovamente sotto la protezione del PPE, che da noi significa avere la copertura organizzativa ed economica di Forza Italia. Niente di nuovo sotto il sole: il pur malandato Berlusconi garantisce comunque uno spazio politico e, forse, qualche strapuntino…
Questo prevedibile movimento nel campo di centrodestra, in vista delle elezioni europee, conferma ancora una volta che tentativi “neodemocristiani”, per ricostituire un partito unico di cattolici, sono tanto irreali quanto la ricerca dell’albero dalle mele d’oro. Lasciamo che i “sinceramente conservatori” facciano il loro percorso e cerchiamo – noi “sinceramente democratici”, cioè i popolari sociali e solidali – di essere lucidi nelle analisi e realisti nell’azione. La proposta di costituire i Circoli “liberi e forti” mi sembra un’idea buona e praticabile, che si può organizzare dal basso, partendo dalle realtà in cui vi sono già presenze attive. E il Piemonte è una di queste.
Non ho però capito il senso della lettera aperta indirizzata a Pierluigi Castagnetti. Mi sembra una falsa partenza, con il freno a mano tirato. Per spiegarne il perché devo fare una breve cronistoria.
Nel marzo 2002 il PPI rifondato da Martinazzoli si sciolse nella Margherita. Nel luglio di quell’anno una cinquantina di ex dirigenti del PPI costituirono (riporto dall’art. 1 dello statuto) “con le finalità di alimentare l’elaborazione programmatica, politica e culturale ispirata al popolarismo, l’Associazione politicoculturale e formativa Associazione – I Popolari. L’Associazione, che ha sede in Roma, può costituire e/o riconoscere sedi che perseguano il medesimo scopo sull’intero territorio nazionale, a livello regionale, provinciale e comunale. Le modalità di organizzazione sul territorio delle realtà associative sono disciplinate da autonomi statuti regionali”. La ramificazione territoriale doveva essere il carattere distintivo dell’Associazione: già il 2 agosto alcuni amici costituirono presso un notaio l’Associazione piemontese, ma purtroppo solo poche realtà locali fecero altrettanto.
La maggioranza dei Popolari mantenne un attivo impegno politico all’interno della Margherita guidata da Rutelli, ma evidentemente l’impegno culturale e formativo riscuoteva scarso interesse, a partire dai leader che avevano cominciato a frammentare la loro presenza nel nuovo partito. I Popolari persero identità e forza dividendosi in mariniani, bindiani, franceschiniani, lettiani, fioroniani e via cantando.
L’Associazione nazionale, affidata come presidente all’ultimo segretario in carica, Pierluigi Castagnetti, avrebbe dovuto rappresentare il “pensatoio” dei cattolici democratici e il collante tra le diverse presenze regionali. A tal proposito fu avviata una agenzia nazionale – “Fermenti” – divulgata via mail da una newsletter collegata al sito www.fermentinews.it. Ma non andate a cercarlo, dato che non esiste più da tanto tempo. Vi dico solo che cessò le pubblicazioni nel gennaio 2010, dopo 35 invii in circa 7 anni: una miseria, se pensiamo alla mole di informazioni che nel nostro piccolo diffondiamo con “Rinascita popolare” on-line. Dal 2010 ad oggi silenzio assoluto, con l’eccezione di una lettera di precisazioni sulla vicenda sollevata dalla trasmissione “Report” del 19 maggio 2014: operazioni di compravendita del patrimonio immobiliare ex DC in parte ereditato e amministrato dai vertici dell’ex PPI. La lettera, datata 20 maggio 2014, campeggia ancora nella prima pagina del sito nazionale dell’Associazione, www.ipopolari.com. Purtroppo è l’unico contenuto che compare in un sito desolatamente vuoto, immagine emblematica di cosa è stata l’Associazione nazionale…
Poche settimane dopo, per chiarire la vicenda, il presidente Castagnetti ritenne necessario convocare il gruppo dei costituenti, mai riunito negli anni precedenti e nei successivi, come mai fu convocata l’Assemblea dei soci, che avrebbe potuto eleggere un Consiglio Direttivo. Ma non ci possono essere soci se non viene avviato il tesseramento annuale previsto dallo statuto. Ma poi, che soci pretendiamo se non c’è mai stato uno straccio di attività?
Quindi, l’Associazione nazionale “I Popolari” ha fallito il suo compito, e di fatto non è esistita negli ultimi nove anni. A norma di buon senso, non dovrebbero più avere alcuna validità i suoi organi associativi, assenti e inadempienti. E per statuto il presidente, eletto dall’Assemblea, “dura in carica per un biennio”, non a vita.
Ora, premetto che non ho nulla contro Pierluigi Castagnetti, che conosco poco ma so essere stimato da amici comuni. La sua nomina dell’aprile 2017 nel Direttivo della House of European History a Bruxelles, è l’ultimo riconoscimento per una positiva carriera di parlamentare nazionale ed europeo. Se non ha investito il suo tempo nell’Associazione, avrà avuto i suoi motivi, che sarebbe interessante conoscere.
Ho avvertito però un certo fastidio nel leggere una sua recente intervista ad “Avvenire”: non per i contenuti, anche condivisibili, ma per essersi qualificato come Presidente dell’Associazione “I Popolari”. Nei fatti ha dimostrato di non credere nell’Associazione e penso che non abbia più, per questo palese disinteresse, il diritto morale di rappresentarla.
E non capisco, cari D’Ubaldo e Merlo, la necessità di scrivergli una lettera aperta, come se da lui dovesse venire una sorta di imprimatur per avviare un’iniziativa politica analoga a quella cui ha già abdicato nel passato. Se voleva essere un passaggio “di cortesia”, sarebbe bastata una telefonata privata. E non si tratta di cadere nella logica della “rottamazione”, che non ci appartiene, convinti come siamo che ogni persona è importante per avviare un progetto condiviso, indipendentemente dall’età e dal peso del cursus honorum. Ma sarebbe meglio che non ci fossero rendite di posizione e posti d’onore, incomprensibili poi nei confronti di chi ha dimostrato di non credere nella causa comune.
Se devo pensare a un esempio di leadership positiva, a un vero punto di riferimento, ho sotto gli occhi quanto ha fatto Guido Bodrato con assoluto disinteresse e grande passione politica per l’Associazione piemontese. Per definire e lanciare una iniziativa come quella dei Circoli “liberi e forti” partirei da chi ha tenuto vive negli anni la testimonianza e la presenza, come il gruppo che esprime “Il Domani d’Italia” o noi piemontesi con “Rinascita popolare”, come le Associazioni “Zaccagnini” di Cesena e “De Gasperi” di Castegnato-Brescia, i Popolari di Lecco e le decine di altre presenze in tutta Italia – che certamente esistono, anche se non le conosciamo personalmente – impegnate a mantenere viva la tradizione politica del popolarismo sturziano. Realtà piccole, ma vitali, convinte e capaci di attivarsi.
Non è più il tempo per incertezze e opportunismi, reticenze e rituali di corte, rendite di posizione e ambiguità. Troppe ce ne sono state in passato, e vediamo dove siamo finiti.
Se i “liberi e forti” vogliono rimettersi in cammino, lo facciano senza zavorre mentali. Con compagni di viaggio vecchi e nuovi, dal lungo curriculum o senza alcuna esperienza pregressa, ma che – accomunati anche dal moroteo “senso del dovere” – dimostrino almeno di condividere la meta e le cose da fare.
Rispetto a pochi mesi fa alcune ambiguità si stanno diradando: il sempre coerente Rotondi ha raccolto le tante sigle sperdute dell’arcipelago cattolico conservatore per reindirizzarle nuovamente sotto la protezione del PPE, che da noi significa avere la copertura organizzativa ed economica di Forza Italia. Niente di nuovo sotto il sole: il pur malandato Berlusconi garantisce comunque uno spazio politico e, forse, qualche strapuntino…
Questo prevedibile movimento nel campo di centrodestra, in vista delle elezioni europee, conferma ancora una volta che tentativi “neodemocristiani”, per ricostituire un partito unico di cattolici, sono tanto irreali quanto la ricerca dell’albero dalle mele d’oro. Lasciamo che i “sinceramente conservatori” facciano il loro percorso e cerchiamo – noi “sinceramente democratici”, cioè i popolari sociali e solidali – di essere lucidi nelle analisi e realisti nell’azione. La proposta di costituire i Circoli “liberi e forti” mi sembra un’idea buona e praticabile, che si può organizzare dal basso, partendo dalle realtà in cui vi sono già presenze attive. E il Piemonte è una di queste.
Non ho però capito il senso della lettera aperta indirizzata a Pierluigi Castagnetti. Mi sembra una falsa partenza, con il freno a mano tirato. Per spiegarne il perché devo fare una breve cronistoria.
Nel marzo 2002 il PPI rifondato da Martinazzoli si sciolse nella Margherita. Nel luglio di quell’anno una cinquantina di ex dirigenti del PPI costituirono (riporto dall’art. 1 dello statuto) “con le finalità di alimentare l’elaborazione programmatica, politica e culturale ispirata al popolarismo, l’Associazione politicoculturale e formativa Associazione – I Popolari. L’Associazione, che ha sede in Roma, può costituire e/o riconoscere sedi che perseguano il medesimo scopo sull’intero territorio nazionale, a livello regionale, provinciale e comunale. Le modalità di organizzazione sul territorio delle realtà associative sono disciplinate da autonomi statuti regionali”. La ramificazione territoriale doveva essere il carattere distintivo dell’Associazione: già il 2 agosto alcuni amici costituirono presso un notaio l’Associazione piemontese, ma purtroppo solo poche realtà locali fecero altrettanto.
La maggioranza dei Popolari mantenne un attivo impegno politico all’interno della Margherita guidata da Rutelli, ma evidentemente l’impegno culturale e formativo riscuoteva scarso interesse, a partire dai leader che avevano cominciato a frammentare la loro presenza nel nuovo partito. I Popolari persero identità e forza dividendosi in mariniani, bindiani, franceschiniani, lettiani, fioroniani e via cantando.
L’Associazione nazionale, affidata come presidente all’ultimo segretario in carica, Pierluigi Castagnetti, avrebbe dovuto rappresentare il “pensatoio” dei cattolici democratici e il collante tra le diverse presenze regionali. A tal proposito fu avviata una agenzia nazionale – “Fermenti” – divulgata via mail da una newsletter collegata al sito www.fermentinews.it. Ma non andate a cercarlo, dato che non esiste più da tanto tempo. Vi dico solo che cessò le pubblicazioni nel gennaio 2010, dopo 35 invii in circa 7 anni: una miseria, se pensiamo alla mole di informazioni che nel nostro piccolo diffondiamo con “Rinascita popolare” on-line. Dal 2010 ad oggi silenzio assoluto, con l’eccezione di una lettera di precisazioni sulla vicenda sollevata dalla trasmissione “Report” del 19 maggio 2014: operazioni di compravendita del patrimonio immobiliare ex DC in parte ereditato e amministrato dai vertici dell’ex PPI. La lettera, datata 20 maggio 2014, campeggia ancora nella prima pagina del sito nazionale dell’Associazione, www.ipopolari.com. Purtroppo è l’unico contenuto che compare in un sito desolatamente vuoto, immagine emblematica di cosa è stata l’Associazione nazionale…
Poche settimane dopo, per chiarire la vicenda, il presidente Castagnetti ritenne necessario convocare il gruppo dei costituenti, mai riunito negli anni precedenti e nei successivi, come mai fu convocata l’Assemblea dei soci, che avrebbe potuto eleggere un Consiglio Direttivo. Ma non ci possono essere soci se non viene avviato il tesseramento annuale previsto dallo statuto. Ma poi, che soci pretendiamo se non c’è mai stato uno straccio di attività?
Quindi, l’Associazione nazionale “I Popolari” ha fallito il suo compito, e di fatto non è esistita negli ultimi nove anni. A norma di buon senso, non dovrebbero più avere alcuna validità i suoi organi associativi, assenti e inadempienti. E per statuto il presidente, eletto dall’Assemblea, “dura in carica per un biennio”, non a vita.
Ora, premetto che non ho nulla contro Pierluigi Castagnetti, che conosco poco ma so essere stimato da amici comuni. La sua nomina dell’aprile 2017 nel Direttivo della House of European History a Bruxelles, è l’ultimo riconoscimento per una positiva carriera di parlamentare nazionale ed europeo. Se non ha investito il suo tempo nell’Associazione, avrà avuto i suoi motivi, che sarebbe interessante conoscere.
Ho avvertito però un certo fastidio nel leggere una sua recente intervista ad “Avvenire”: non per i contenuti, anche condivisibili, ma per essersi qualificato come Presidente dell’Associazione “I Popolari”. Nei fatti ha dimostrato di non credere nell’Associazione e penso che non abbia più, per questo palese disinteresse, il diritto morale di rappresentarla.
E non capisco, cari D’Ubaldo e Merlo, la necessità di scrivergli una lettera aperta, come se da lui dovesse venire una sorta di imprimatur per avviare un’iniziativa politica analoga a quella cui ha già abdicato nel passato. Se voleva essere un passaggio “di cortesia”, sarebbe bastata una telefonata privata. E non si tratta di cadere nella logica della “rottamazione”, che non ci appartiene, convinti come siamo che ogni persona è importante per avviare un progetto condiviso, indipendentemente dall’età e dal peso del cursus honorum. Ma sarebbe meglio che non ci fossero rendite di posizione e posti d’onore, incomprensibili poi nei confronti di chi ha dimostrato di non credere nella causa comune.
Se devo pensare a un esempio di leadership positiva, a un vero punto di riferimento, ho sotto gli occhi quanto ha fatto Guido Bodrato con assoluto disinteresse e grande passione politica per l’Associazione piemontese. Per definire e lanciare una iniziativa come quella dei Circoli “liberi e forti” partirei da chi ha tenuto vive negli anni la testimonianza e la presenza, come il gruppo che esprime “Il Domani d’Italia” o noi piemontesi con “Rinascita popolare”, come le Associazioni “Zaccagnini” di Cesena e “De Gasperi” di Castegnato-Brescia, i Popolari di Lecco e le decine di altre presenze in tutta Italia – che certamente esistono, anche se non le conosciamo personalmente – impegnate a mantenere viva la tradizione politica del popolarismo sturziano. Realtà piccole, ma vitali, convinte e capaci di attivarsi.
Non è più il tempo per incertezze e opportunismi, reticenze e rituali di corte, rendite di posizione e ambiguità. Troppe ce ne sono state in passato, e vediamo dove siamo finiti.
Se i “liberi e forti” vogliono rimettersi in cammino, lo facciano senza zavorre mentali. Con compagni di viaggio vecchi e nuovi, dal lungo curriculum o senza alcuna esperienza pregressa, ma che – accomunati anche dal moroteo “senso del dovere” – dimostrino almeno di condividere la meta e le cose da fare.
Io credo invece che sia i “sinceramente conservatori” che i “sinceramente democratici” debbano tornare a sperare in un’iniziativa popolare, sociale e solidale comune. Per la rinascita di una forza politica popolare ispirata dai valori cristiani.
Buongiorno, premetto che non sono socio ma vi seguo sul vostro sito. Condivido l’analisi finale del sig. Risso.
Se le premesse sono veritiere credo che sia il minimo che si debba pretendere, avanti chi semina e non chi detiene “rendite”.
Saluti Paolo
Bello! Grazie per la cronistoria! Molto utile ed istruttiva!
Analisi corretta e coerente quella di Alessandro. La lettera a Castagnetti che annuncia la nostra iniziativa, peraltro già decisa a prescindere?. Appunto, un “atto di cortesia”.
Per amore di chiarezza e verità, mi piacerebbe conoscere il senso e le motivazioni della sua partecipazione all’iniziativa di Rotondi del 19 dicembre scorso. Grazie.
Solo una semplice aggiunta alle parole di Alessandro (e lo faccio usando le sue parole). Lasciamo che i neodemocristiani alla corte del PPE e del centrodestra facciano la loro strada. I Popolari democratici, sociali e solidali hanno un compito diverso: riportare l’Italia (e l’Europa) sulla strada dell’umanesimo, del dialogo, della difesa integrale dei diritti e dell’affermazione dei doveri di responsabilità, servizio, giustizia. Liberi e Forti nel campo della fratellanza, della pace, della collaborazione tra i popoli e le nazioni, della salvaguardia dell’ambiente, della salute, dell’istruzione, del lavoro (libero, creativo, partecipativo, solidale).
Condivido completamente quanto scritto da Risso. L’analisi è perfetta e perfetto è l’appello “Non è più il tempo per incertezze e opportunismi, reticenze e rituali di corte, rendite di posizione e ambiguità. Troppe ce ne sono state in passato, e vediamo dove siamo finiti”. Tuttavia, mi permetto di rilevare, questo appello l’ho letto piú volte e da piú parti senza che ad esso segua nulla. Penso che il tempo sia giunto e che bisogna fare cadere gli indugi e cominciare ad organizzarsi seriamente prima che altri fiutino il vento (leggi Rotondi) e si ergano a portabandiera del mondo cattolico. Sfruttiamo il 2019 per un nuovo appello ai liberi e forti.
P.S. vi invito a leggere l’appello di Civiltà Cattolica di oggi.
Fino alla tarda età non ho mai fatto politica attiva e non mi vergogno di denunciare la mia ignoranza sulla storia amministrativa della Democrazia Cristiana figlia del Partito Popolare. Ho trovato, quindi istruttivo ed interessante la cronistoria del recente passato degli ex “popolari”. Il quadro su Castagnetti appare desolante e quindi il personaggio non sembra abbia attualmente il carisma per essere sostanzialmente stimolato a divenire il “padre fondatore” di associazioni che si rifanno al “partito popolare”. Rimane comunque il mio dubbio sulla riuscita della nuova iniziativa per i motivi già espressi in altro commento.
Un’analisi franca, con l’invito a guardare in avanti, utile a far partire i Circoli Liberi e Forti con lo spirito giusto, quello di mettersi in gioco per contribuire al bene del Paese. Laicamente, e da un punto di vista popolare.
Giuseppe, come posso contattarti in privato?
La ricorrenza dei 100 anni dall’appello “ai liberi e forti” può essere l’occasione, come ci sollecita la riflessione di Alessandro Risso, per svolgere qualche considerazione sull’attività dell’Associazione “I Popolari“ .
Concordo: il non fatto è stato certamente superiore alle rare iniziative assunte.
Tuttavia rimane indispensabile lavorare per rilanciarne l’azione.
Serve uno strumento che funga da collegamento fra le diverse esperienze territoriali, come quella piemontese.
Occorre un luogo di elaborazione, approfondimento e sintesi sull’attualita’ del popolarismo a favore non solo dei cattolici democratici impegnati direttamente nelle istituzioni e nei partiti.
Infine è necessario un centro di formazione in modo da favorire la formazione di nuova classe dirigente.
Compiti ambiziosi, certo, che per essere sviluppati efficacemente richiedono un coordinamento nazionale.
L’ambito d’azione rimane pre-politico, secondo il mandato ricevuto, non senza discussione, come molti ricorderanno dall’ultimo Congresso del PPI.
Se alla luce del mutato quadro si intende proporre una trasformazione del ruolo dell’Associazione, allora il percorso che si apre è chiaramente diverso, ben sapendo che non si può declinarlo al passato ma deve comunque guardare al futuro.
Dal testo di Alessandro apprendo della esistenza di altre associazioni simili alla nostra (orfane della estinta realtà nazionale). Sarebbe il caso di inviare a tutte queste una “lettera aperta” e vedere chi reagisce positivamente e operativamente oppure si limita a generici “auspici”. Se si vuole “partire dal basso” è bene che qualcuno posi la prima pietra.
Se si può ragionarla in termini di mancanza, la maggiore è stata quella di creare alle spalle degli esponenti politici di rilievo nazionale una “scuola” per i loro successori. Non saprei dire di Castagnetti, ma di certo altri – che pure avrebbero raccolto largo seguito e attinto facilmente al mondo cattolico più maturo – non hanno dato vita a una rete diffusa ed efficace, preferendo vivere della rendita di consensi e di relazioni privilegiate con i “garanti” del territorio. Adesso ci vorrà più tempo.