I diritti, inapplicati, dei consumatori



Oreste Calliano    30 Ottobre 2018       0

Spesso nel linguaggio comune viene fatta confusione tra consumismo e consumerismo.

Il primo è una fase, protrattasi dagli anni '30 in USA e '50 in Europa di produzione di massa di beni di consumo: elettrodomestici, sistemi di comunicazione (telefoni, radio e TV ), di trasporto privato (scooter, utilitarie, automobili), di status (moda, orologi e gioielli) che dovevano essere non solo prodotti ma venduti. Nascono le tecniche di marketing sofisticate, volte a individuare i bisogni, anche inespressi, dei clienti , a stimolarne il desiderio e il conseguente acquisto, spesso foriero di delusione e quindi di nuovi acquisti "riparatori" della " autostima" conquistata e riperduta. O tecniche aggressive (vendite porta a porta, telefoniche o televisive) in cui si sollecita il senso di " debolezza" di fronte all'"esperto" o di immedesimazione di fronte al " testimonial" ed ora al "sollecitatore agli acquisti " nei social network. Il cittadino viene identificato con chi consuma

Nella seconda fase a partire dagli anni '80 e '90 in Europa ( prima in Francia, Gran Bretagna e Germania, poi in Italia e Spagna ) si riconosce la "debolezza" sia psicologica che economica del consumatore di fronte all'impresa e si sente la necessità a livello europeo di sviluppare un diritto europeo dei consumi che, nel tutelare il consumatore (dalle clausole contrattuali abusive, dalla mancata o scorretta informazione, dalle pratiche commerciali sleali) introduce un nuovo diritto contrattuale. Tale approccio è però più volto a tutelare la correttezza e l'efficienza del mercato (consentire al consumatore informato di far giocare le regole della concorrenza leale tra imprese) che a sviluppare una adeguata cultura del consumo.

Il consumerismo è invece una "ideologia" che consegue a questo approccio: il consumatore e la consumatrice, si sostiene, votano con le mani (acquisto) e con i piedi (rivolgendosi ad altro offerente, o rifiutando l'acquisto) e quindi sono titolari di diritti fondamentali (come i diritti civili, costituzionalmente garantiti) che devono essere previsti, garantiti e protetti a livello sia nazionale che europeo che , se possibile, a livello globale. Si pensi alla subfornitura da Paesi che non rispettano l'ambiente, i diritti sociali o peggio i diritti umani dei lavoratori. Nascono le associazioni dei consumatori, prima negli USA poi in Europa: molto forti in Germania – con 2 milioni di associati – e in Gran Bretagna dove si sviluppano i test comparativi; in Francia, dove esiste un sottosegretariato ai consumatori e forti Amministrazioni pubbliche di controllo; nei Paesi nordici dove il Consumer Ombudsman ha forti poteri di moral suasion sia sulle imprese che sulle associazioni di consumatori.

In Italia le associazioni di consumatori proliferano come funghi (sono oltre 25) ma possono essere distinte in tre categorie: quelle di origine associativa volontaria (la più rilevante è l'Unione Nazionale Consumatori), quelle di origine sindacale (Adiconsum-CISL, Federconsumatori-CGIL, ADOC-UIL ) e quelle di origine legale (la più attiva nella comunicazione è Codacons).

Nascono a partire dagli anni '70, con dirigenti di cultura sessantottina, contestatrice del sistema capitalistico, anche tramite azioni giudiziarie ma non con il boicottaggio che, strumento usato dalle associazioni di consumatori nord-europee contro i comportamenti socialmente scorretti delle imprese, rimane in Italia un reato previsto dal codice penale Rocco. Gradatamente si adattano alla convivenza con un sistema economico-sociale del benessere prima e dello sviluppo di diritti economici poi (diritto alla sicurezza e salubrità dei prodotti, alla difesa del risparmio, alla sostenibilità ambientale), vengono finanziate su progetto dalla Commissione UE , dagli Stati e dalle Regioni e creano una rete di sportelli di informazione e tutela del cittadino europeo consumatore.

Dal 2008 la crisi economica cambia lo scenario, già in mutazione a seguito della rivoluzione digitale, della globalizzazione degli scambi e dei consumi e della crisi delle classi dirigenti nazionali ed europee.

Nascono nuovi problemi: l'ipercompetitività tra le imprese che accentua le pratiche sleali e ingannevoli delle imprese marginali, il sovraindebitamento in particolare del ceto medio, le crisi finanziarie e bancarie che tartassano i risparmiatori italiani ( tra i più risparmiosi d'Europa), il dirompere del commercio elettronico, che se da un lato agevola acquisti a basso costo (ma anche compulsavi), dall'altro sottrae i dati personali dell'acquirente consentendo al gestore della piattaforma di trasformarsi in gestore di servizi (bancari, assicurativi, personali) di tipo monopolistico.

Nel contempo calano i finanziamenti comunitari e locali. Le associazioni di consumatori si trovano così impreparate sia sotto il profilo delle competenze (non possono mantenere i giovani avvocati, commercialisti, informatori precedentemente assunti), sia degli strumenti di azione: quelli adottati dal legislatore italiano sono ingestibili (la class action prevede in Italia sino a dieci gradi di giudizio!) o ignoti (le Procedure europee per le controversie di modico valore sino a 5.000 euro che prevedono processi semplificati nei casi di controversie transfrontaliere) o boicottati dalla giurisprudenza (le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento del consumatore, circa 1000 all'anno in Italia contro le 150.000 in Francia e 90.000 in Germania).

Il formalismo giuridico, la miopia socio-politica, la resistenza al cambiamento delle burocrazie fanno il resto.

L'Italia perse il treno di ammodernarsi negli anni '80 e '90 adottando un approccio di economia orientata al cittadino-consumatore che avrebbe indotto le grandi imprese industriali, di servizi e finanziarie a rinnovarsi, spinte dalle pressioni dei consumatori che facevano valere i propri diritti. Invece abbiamo mantenuto diritti scritti sulla carta ma difficilmente attivabili e capaci di sanzioni (gli ultimi casi dei crack bancari e del ponte sul Polcevera sono emblematici).

Se l'Italia perde anche quest'ultimo vagone, da raggiungere in corsa, i diritti economici del cittadino saranno calpestati e la sfiducia si diffonderà ulteriormente. Ci resta solo l'ipotesi della colonizzazione da parte di grandi imprese e Stati più efficienti e consumer oriented che, dopo una forte cura dimagrante (siamo tra i più ricchi stati europei da capitale famigliare e i più indebitati da debito pubblico ) ci faccia ripartire.

Una nuova resistenza forse è alle porte.


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