Il clima, i migranti e lo sceriffo



Carlo Baviera    23 Ottobre 2018       1

Il Ministro degli Interni continua come un rullo ad assumere provvedimenti per risolvere, secondo i suoi canoni, la questione immigrazione. Ultimo della serie la “distruzione del modello Riace” e la “deportazione” (usiamo i termini che l’opposizione ha lanciato per dimostrare l’ennesima trovata del Ministro) dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Al che mi sono ricordato di una tabella esposta dalla TV di Stato.

A fine agosto “giravano” sui social i dati sopra riportati, per evidenziare una realtà che agli italiani non viene ben spiegata, anzi. E ciò per tenerli nella convinzione della “invasione” africana o arabo/islamica, in modo che i voti alle prossime elezioni confermino i risultati e si possa continuare a governare per restituire sicurezza ai cittadini, ordine, e per alleggerirsi la coscienza e non avere rimorsi nel chiudere porti e frontiere.

I numeri riportati non dovrebbero impensierirci in modo drammatico; ma, si sa, il numero di rifugiati per mille abitanti potrebbe essere solo parzialmente significativo. Ciò che conta sono le presenze concrete, sono gli sbarchi quotidiani, sono i questuanti ad ogni angolo, sono… tanto altro. E gli italiani continuano a non percepire inversione di tendenza. Non è con le statistiche che si rassicura.

Invece per altri, che hanno verso il problema immigrazione una sensibilità diversa e considerano la complessità del problema, comprese le soluzioni per integrare, ritengono il fenomeno anche un elemento positivo per contrastare la denatalità, per l’economia, per i contributi previdenziali e le imposte sul reddito. Dovendo tener conto anche di quanto sostiene Galli della Loggia, che presenta altri aspetti ricordandoci che esiste anche la trappola del “meccanismo mafioso” sui migranti. È questa: “ormai i barconi partono non per arrivare in un porto. Ma per essere salvati da una nave qualunque. Il meccanismo del salvataggio crea l’obbligo di sbarco. Dove? I Paesi europei (vera meta dei migranti più che l’Italia) e non solo quelli di Visegrad, purtroppo,fanno spallucce, sbarrano le loro frontiere, rifiutano la redistribuzione e lasciano l’Italia da sola. A quel punto che fare? L’Italia, è inutile che Salvini sbraiti, deve salvare i migranti e deve accoglierli. E così il traffico mafioso si autoalimenta: partenza su bidoni, salvataggio in mare, chiusura europea, sbarco in Italia” e così “la chiusura europea non solo lascia libero lo scafismo criminale e intatta la trappola criminale (barcone-salvataggi-sbarco in Italia)” ma sembra che non se ne curi adeguatamente.

Il Papa quando afferma che “un Paese non può accogliere oltre le sue capacità” pare voler suggerire che serva organizzare le nostre società in modo diverso, per dare una vita dignitosa a tutti. Una vita dignitosa: ecco la questione importante. Una vita dignitosa anche per gli italiani, che sono impoveriti, che sono alla ricerca di un lavoro o che lo hanno precario e mal retribuito, che hanno difficoltà ad avere un tetto stabile.

Mentre si continua a mettere i “poveri” gli uni contro gli altri, creando scontento, irritazione, e reazione verso i nuovi arrivati “che vengono mantenuti a far niente negli alberghi” oppure “ci rubano il lavoro”. Se a tutto ciò leghiamo la deriva autarchica (ridiamo sovranità agli Stati e ritorniamo alle monete di origine) seppellendo il sogno e quel poco di costruzione europea che si è riusciti a realizzare, la cosa diventa preoccupante.

Non intendo lanciare osanna a ”questa Europa” o alle regole liberlcapitalistiche che hanno prevalso negli ultimi anni e che condizionano con vincoli e parametri senza sensibilità sociale i nostri popoli; ma continuo a sperare nell’Unione Federale della Comunità Europea che realizzi un unico popolo, pur rispettoso delle diversità e delle tradizioni, delle fedi e della autonomie, che è l’unica ancora di salvezza per non affondare definitivamente in questo mondo globalizzato.

La debolezza, anzi la contrarietà, verso questa prospettiva (che soprattutto i sovranisti manifestano) rendono questo periodo preoccupante per le sorti future della democrazia, di cui solo pochi si rendono conto. Molti aderiscono ormai alla deriva sovranista e qualunquista dello sceriffo del Viminale, dei suoi bravi, e dei suoi immaturi e cedevoli alleati (compreso l'insapore Presidente del Consiglio).

Tornando al tema delle migrazioni, mi ha fatto riflettere una nota di AGENSIR del 1° settembre, sulle prospettive future causate dal clima.

Lo ripropongo tanto per essere tutti preparati per il prossimo futuro. E per sapere che non ci sono "eminenze grigie" che vogliono destabilizzare la nostra tranquilla vita democratica organizzando spostamenti di persone tra Continenti e Stati (esclusa la trappola criminale e mafiosa che usa gli scafisti) : “Lo spostamento forzato per i cambiamenti climatici non è una prospettiva futura, è presente”. Lo ha detto Felice Camargo, rappresentante regionale per il Sud Europa dell’Unhcr per il Sud Europa, nella seconda sessione del convegno dedicato alla XIII Giornata nazionale per la custodia del Creato. “Si prevede che 220 milioni di persone saranno sfollate nei prossimi 10 anni.  Le conseguenze del cambiamento climatico sono le questioni internazionali più importanti al momento. In molti dei conflitti odierni il fattore ha avuto un ruolo. Anche in Siria la siccità ha portato all’emigrazione e allo sfollamento forzato della popolazione”. “Nella maggior parte dei casi, gli sfollati in altri paesi non ricevono la protezione nazionale” e, in particolare i bambini non ricevono un’istruzione scolastica, fondamentale anche per la tutela dell’ambiente. Nella sua lectio magistralis, il rappresentante ha ricordato che l’Agenzia per le Nazioni Unite per i Rifugiati “ha svolto un’indagine su sei casi di sfollati climatici. Nella quasi totalità è emersa la necessità di fornire protezione delle persone, come la perdita dei documenti perché nei Paesi di origine è quasi impossibile ottenere anche solo i certificati di nascita. I rischi sono accentuati nei casi di donne e bambini. Il traffico delle persone aumenta infatti per colpa dei cambiamenti climatici. I bambini per anni e anni non possono accedere all’educazione scolastica. Le situazioni di sfollamento evidenziano anche dei problemi di accesso sanitario e assistenza amministrativa o legale. Chi arriva in Europa non fugge solo da guerre o problemi economici, ma è costretto dalla siccità o dall’innalzamento del livello del mare a emigrare. Il trasferimento programmato si sta realizzando già in alcune parti del mondo come per esempio in Oceano pacifico. Dove e chi potrà accoglierli? Guardando al futuro i diritti umani di queste persone devono figurare fra gli obiettivi dei programmi internazionali”. Hai voglia alzare muri o chiudere porti, la forza delle cose si imporrà. Per questo bisogna prepararsi e organizzarsi evitando drammi e scossoni.

A chi gli chiedeva di quale rapporto avesse con il nuovo governo italiano, Camargo ha risposto: “Non ho avuto finora occasione di incontrare il ministro Salvini. Il tema non è solo italiano ma europeo, ed è la mancanza di gestione della migrazione. In Italia non c’è un’invasione, tutti i rifugiati riconosciuti hanno diritto a un lavoro ma per lo più sono impiegati in nero nei campi”.  Fin qui il rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unita per i rifugiati.

A noi (Europa, perché la questione non è italiana, soltanto) non resta, se vogliamo continuare ad essere civili e ad essere persone, che prepararci, preparare la società con strutture e occasioni adeguate. E a darci un welfare e ordinamenti che continuino a garantire lo sviluppo delle famiglie e delle nazioni; oltre ad intraprendere misure che non peggiorino ulteriormente la situazione climatica e ambientale.


1 Commento

  1. Ci troviamo di fronte ad un’invasione o a numeri limitati che non pongono problemi? Il giudizio su fino a che punto gli arrivi siano sostenibili dipende dalla capacità dei singoli paesi ospitanti di inserire i nuovi venuti. Viene detto autorevolmente che “un Paese non può accogliere oltre le sue capacità”: è un’osservazione di buon senso che apre la strada a politiche di controllo e regolazione dei flussi. Ma ecco che le parole non contano per quel che dicono, perché le si interpretano come un suggerimento ad organizzare la società per accogliere dignitosamente tutti coloro che giungono, come non ci fossero limiti oggettivi (ambientali, di risorse, di offerta di lavoro, ecc.), ma bastassero le buone intenzioni per dare risposte a tutti e soluzione a ogni problema. Certamente, alcuni paesi europei potrebbero aver bisogno di ricorrere ad immigrati, ma si tratterebbe di un’immigrazione numericamente contenuta, qualificata e selezionata (per provenienza, istruzione, competenze, distanza culturale, ecc.) in funzione delle esigenze del paese ospitante. Nulla a che fare con gli sbarchi.
    Le modificazioni climatiche sono oggi il problema primo dell’umanità, ma invece di affrontarle (ciò che richiede in primo luogo di porre fine alla crescita illimitata, cosa che nessuno sembra voler fare, esponenti politici cattolici compresi), le si mette in campo per definire “inevitabili” i flussi migratori provenienti dal mondo povero, come se dette modificazioni avessero ricadute solo su quest’ultimo (che certamente è meno attrezzato per affrontarle).
    Mi soffermo sul riferimento all’innalzamento del livello del mare (messo in evidenza anche dall’immagine in capo all’articolo), indicato fra le cause che alimentano e alimenteranno sempre più tali flussi migratori.
    Oggi, l’innalzamento annuo del livello marino è di 0, 5 millimetri che, a ritmo inalterato, significa mezzo metro fra 100 anni. Tuttavia, se l’aumento della temperatura del pianeta continuerà crescere, inevitabilmente la maggiore fusione dei ghiacci permanenti ed il riscaldamento dei mari accelereranno il ritmo di aumento del livello delle acque. Chi ne sarà più colpito? Dai testi di geografia, sappiamo che l’Europa è il continente con l’altitudine media più bassa (340 metri s.l.m., mentre tutti gli altri continenti, a parte l’Oceania con 360 metri s.l.m, hanno un’altitudine all’incirca doppia e l’Asia tripla). In più, l’Europa è il continente con il maggior sviluppo costiero in rapporto al territorio e quindi con una elevata percentuale di popolazione che vive in riva al mare o in prossimità di esso. Inoltre, ha prevalentemente coste basse, talora molto basse (ad esempio, dalla Finlandia, passando per S. Pietroburgo, fino alle Fiandre, includendo l’intera Danimarca; e, restando in Italia, da Monfalcone a Rimini). Quindi, con un significativo aumento del livello del mare, presumibilmente sarà l’Europa ad essere in maggiore difficoltà e a dover ricollocare sul territorio molti milioni dei suoi abitanti. C’è da dubitare che possa farsi carico di profughi provenienti da altri continenti dove le ricadute dell’aumento del livello del mare non dovrebbero essere di pari entità.
    Sugli altri effetti delle modificazioni climatiche (siccità, alluvioni, uragani, temperature estive elevatissime, ecc.), le previsioni a livello locale non sono ancora attendibili, ma è certo che situazioni particolarmente critiche riguarderanno specifici territori in tutti i continenti, Europa inclusa.
    Fino a che mancheranno strategie chiare e sostenibili in alternativa a quella di Salvini, (che, al di là dei toni, si pone in continuità con quella di Minniti) e a quelle di Macron ed altri leader europei (non diverse nella sostanze dalle prime), i predetti signori potranno dormire sonni tranquilli, perché non saranno le proposte basate solo sui buoni sentimenti ed ispirate all’etica delle intenzioni a metterle in crisi.

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