Dopo l’articolo di Carlo Baviera sugli “altri cattolici” e l’editoriale di Alessandro Risso sulla “vera contrapposizione” nel mondo cattolico, che hanno già originato commenti e ulteriori prese di posizione qui su "Rinascita popolare", pubblichiamo un editoriale del direttore dell’Espresso che pare scritto apposta per arricchire il nostro dibattito.
Marco Damilano dà atto e merito ai tre leader cattolici – Schuman, Adenauer, De Gasperi – che volevano saldare Chiesa e democrazia nell’ambizioso progetto di un’Europa unita. E il processo di costruzione dell’attuale Unione europea allargata ad Est fu completato dagli ultimi esponenti – Delors, Kohl, Prodi – di quella tradizione politica. Passati poco più di vent’anni, sembra che il cattolicesimo democratico e europeista sia stato spazzato via, “sostituito da un’ideologia, cristianista più che cristiana, che si candida a guidare culturalmente il fronte del sovranismo alle prossime elezioni europee”.
In Italia, dopo la lunga stagione “gentiloniana” dell’episcopato guidato dal cardinal Ruini, nel popolo dei fedeli prevalgono la distanza dalla sfera della politica e un “appoggio di comodo alle indicazioni di papa Francesco (di cui si coglie l’aspetto più edulcorato, il meno impegnativo)”, facendo rilevare ai sondaggi odierni che “tra i fedeli solo il 33 per cento è critico con Salvini, il 57 per cento è d’accordo con il capo della Lega, nonostante la predicazione di papa Francesco e le ripetute prese di posizione del quotidiano CEI, Avvenire”.
Damilano ritiene grave e non circoscrivibile al solo ambito cattolico questa situazione, perché “da questa nuova frattura tra cristianesimo e modernità, tra cattolici e democrazia nasce il più feroce attacco ai diritti di tutti. Quelle chiese deserte rappresentano un vuoto più profondo che riguarda tutti. In cui avanza un cristianesimo in fondo ateo. Senza Dio perché senza l’uomo, senza l’altro”.
Per leggere l’intero articolo cliccate qui.
Marco Damilano dà atto e merito ai tre leader cattolici – Schuman, Adenauer, De Gasperi – che volevano saldare Chiesa e democrazia nell’ambizioso progetto di un’Europa unita. E il processo di costruzione dell’attuale Unione europea allargata ad Est fu completato dagli ultimi esponenti – Delors, Kohl, Prodi – di quella tradizione politica. Passati poco più di vent’anni, sembra che il cattolicesimo democratico e europeista sia stato spazzato via, “sostituito da un’ideologia, cristianista più che cristiana, che si candida a guidare culturalmente il fronte del sovranismo alle prossime elezioni europee”.
In Italia, dopo la lunga stagione “gentiloniana” dell’episcopato guidato dal cardinal Ruini, nel popolo dei fedeli prevalgono la distanza dalla sfera della politica e un “appoggio di comodo alle indicazioni di papa Francesco (di cui si coglie l’aspetto più edulcorato, il meno impegnativo)”, facendo rilevare ai sondaggi odierni che “tra i fedeli solo il 33 per cento è critico con Salvini, il 57 per cento è d’accordo con il capo della Lega, nonostante la predicazione di papa Francesco e le ripetute prese di posizione del quotidiano CEI, Avvenire”.
Damilano ritiene grave e non circoscrivibile al solo ambito cattolico questa situazione, perché “da questa nuova frattura tra cristianesimo e modernità, tra cattolici e democrazia nasce il più feroce attacco ai diritti di tutti. Quelle chiese deserte rappresentano un vuoto più profondo che riguarda tutti. In cui avanza un cristianesimo in fondo ateo. Senza Dio perché senza l’uomo, senza l’altro”.
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Il tema è di grande importanza sia sociale (i valori di solidarietà dei cattolici italiani contano ancora?) che politica (i cattolici sono corteggiati in quanto possono essere l’ago della bilancia di un sistema bipolare) che etico-religiosa (i cattolici italiani seguono l’insegnamento del Concilio Vaticano II o l’etica catto-protestante americana?).
Parliamone in direttivo per aprire un dialogo con gli altri gruppi ” in ricerca”.
Singolare destino quello dei cristiani: incontrano sempre qualche non cristiano, qualcuno che ritiene le religioni essere fenomeni antropologici destinate a un progressivo esaurimento di fronte alla luce della ragione pronti a distribuire certificati di buon cristianesimo o al contrario di cattivo cristianesimo. Una versione laicoprogressista dell’Inquisizione con la differenza che tra gli Inquisitori si trovavano molti valenti teologi e giuristi tanto che alcuni storici del diritto pensano che la culla del garantismo sia anche da individuare in certo meccanismi inquisitoriali. Non che io sia un nostalgico dell’Inquisizione, me ne guardi Iddio, ma non rimpiango quella religiosa e non amo quei laicisti che reputano il loro credo il centro dell’universo e tutte le idee più o meno buone a seconda della distanza che da esso le separa. C’è un confessionalismo dell’aconfessionalismo molto più fondamentalista di tante religioni metafisiche. Nell’articolo l’autore non perde l’occasione per la stilettata globalista: pronunciare con disprezzo il neologismo sovranista, eccitare orwellianamente il beota che legge ai 5 minuti di odio. Ribadisco l’esigenza d organizzare un momento di dibattito serio e culturalmente attrezzato sul concetto di sovranità (Ho in mente il titolo dal sapore bobbiano: “quale sovranismo?”). E raccomanderei a Damilano e compagnia la lettura come un mantra laico ma terribilmente impegnativo di questo semplice testo: L’Italia e` una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Accidenti! Peccato! Questo vi eravate dimenticati di abolirlo….
Credo che ormai i partiti nella loro essenza forse siano in un “viale del tramonto”. Trovo imbarazzante ed insensato continuare ad assistere ad un confronto tra le nuove formazioni politiche populiste, o di destra o di sinistra e il mondo cattolico senza la presenza di uno strumento politico pertinente, cioè un partito di quest’area culturale.La priorità politica, dopo il voto del 4 marzo e dopo i pronunciamenti e le scelte concrete del governo pentaleghista, richiedono una rinnovata presenza cattolico democratica e popolare nello scenario politico italiano. Una presenza facilitata anche da un patrimonio culturale, politico, sociale e forse anche etico che affonda le radici in quel cattolicesimo politico che per troppi anni anni è stato sottovalutato o ritenuto ormai un pezzo di antiquariato. Ritengo che il compito a cui i cattolici popolari e democratici debbono assolvere oggi è quello di attrezzare ed affinare una rinnovata presenza politica organizzata e diffusa territorialmente. Non ci sono più alternative realisticamente percorribili a questa prospettiva. Il tempo della testimonianza, delle divisioni pretestuose ed impotenti, della delega alla gerarchia per affrontare e cercare di risolvere i problemi sul tappeto appartengono ad una stagione che ormai è alle nostre spalle.
Ritornare con “grinta” ad uno dei capisaldi di questo pensiero, e cioè il popolarismo di Luigi Sturzo, a cent’anni dal famoso “appello ai liberi e forti” può e deve rappresentare uno stimolo potente per recuperarlo e declinarlo nella società contemporanea.
Credo comunque che la forza ancora presente del centro sinistra come il Partito Democratico, per risalire la “china”, potrebbe rispettare ancora le aspettative delle persone al tempo di oggi. Apportare quindi nuova linfa e nuove energie, partendo dai territori e ascoltando i cittadini, praticando meno “caminetti” e stando di più in mezzo alla gente creando e migliorando una politica di comunità. Non vi è dubbio che oggi il Partito democratico non ha ancora queste energie nuove per aprire una fase diversa che aiuti ad andare nella direzione di un radicale processo di rifondazione politica e ideale.
Tutto ciò si potrebbe concretizzare forse come un movimento orizzontale che riconosca in modo paritario le realtà civiche e associative cattoliche e nella condivisione di valori democratici e cattolici integrandosi e trovando la giusta dimensione per rispondere ai nuovi bisogni.
Seguo con interesse l’evolversi di questo dibattito e sviluppo del tema politico Cattolico/Cristiano, tema come ben sappiamo non é nuovo nella agenda politica e sociale del paese. Certo è che in politica non basta solo la bontà di una proposta ma anche azzeccare il momento giusto, questo ultimo non è facile. Ma lasciando da parte questa variabile che sfugge al nostro controllo, possiamo concentrarsi sulla proposta e appunto mi chiedo, quale? Cattolica o Cristiana? o ancora più ampia, consentendo così anche a chi non si riconosce in questa area ma condivide i temi di fondo come la famiglia, il matrimonio, la nascita di figli, ecc.? ciò mette in discussione il progetto o può sembrare di farci ripercorrere strade già battute? Non lo credo, dal momento che si se si affaccia sullo scenario politico sarà in forma autonoma, senza sposarsi a uno schieramento, a maggior ragione se questa proposta parte dal presupposto di costruire qualcosa di solido nel tempo senza pensare a immediate scadenze. Inoltre, per quanto riguarda all’apertura dei quanti vogliono aderire, si può affermare con abbastanza sicurezza che si porta a questa proposta l’identità di credo ma nella veste di cittadino, e perciò possiamo accogliere anche coloro di fede diversa o anche non credenti ma che condividono gli stessi valori. Si tratta sì di mettere a frutto l’esperienza di chi ci ha preceduto, ma comprendendo che le sfide odierni ci invitano a trovare il linguaggio e visione al passo col tempo, senza con ciò dover snaturare la nostra identità.
Il mio pensiero va a due aspetti, forma e sostanza. Della prima ho già accennato alla struttura e forma della proposta ma anche al linguaggio e approccio, ovvero anche il modo di porsi va calibrato; credo sia giusto e onesto con noi e con gli altri dire che non esiste una posizione volutamente impositiva sulla società, vale a dire ci si affaccia per democraticamente tutelare e difendere dei valori accettando le decisioni del paese, ci si batte alla luce del sole con gli stessi diritti, ma nella speranza di convincere della bontà della nostra visione ma non imponendo codesta visione sugli altri. Si offre e si propone, si suggerisce e si invita, non si costringe, poiché esso contraddice l’essenza stessa della propria fede, ma questo discorso della forma si collega anche all’aspetto del contenuto di fondo e faccio un esempio concreto che a me viene naturale come straniero. È noto a tutti che la dinamica nei confronti di questa tematica va dalla chiusura totale agli ingressi e sbarchi, per quanto si possa (bontà loro e chi ci crede), alla posizione sull’altro versante di accogliere quelli che arrivano, porte aperte direbbe qualcuno. Poi c’è qualche pennellata di varianti, che si muovono tra le pieghe della frase “aiutare nel paese loro”, che sarebbe in altre parole “l’importante è che non partono”. Chiedo scusa per il modo forse semplicistico di presentare questo annoso tema, ma credo che corrisponda all’atteggiamento che si ha avuto verso questa grave realtà.
Possibile che tra queste variante non si contempli altro? Possibile che possa essere un scandalo affermare che è un diritto/dovere lottare per la propria terra e non farsi cacciare, parlare seriamente di condono di debiti dietro a piani seri di riassestamento? Possibile addirittura poter parlare di sostenere anche non pacificamente determinate realtà per non consentire queste morti atroci?… Cosa sarebbe stato dell’Europa senza l’aiuto degli Stati Uniti e gli altri Alleati?
Con ciò invito a esprimere una posizione cosi netta? No, ma mi auspico che questa proposta politica abbia il coraggio di affermare forte e chiaro in controtendenza della odierna realtà, che deve esistere una apertura politica e mentale a 360 gradi. Nessuno vuole promuovere guerre ma altrettanto certamente, nessuno può e deve consentire gli abusi dei diritti e gli infiniti pianti dei genitori al seppellire i propri figli senza speranza, soprattutto da parte di un continente che ha una memoria storica recente di cosa questo significa. Il sacrificio più grande e nobile, ciò che ci distingue come credenti è la capacita di offrirsi agli altri. Quando abbiamo smesso di crederci per rinchiuderci in noi stessi?
Un ultimo appunto di questa filippica. Simboli e coerenza: abbiamo vissuto e viviamo tempi in cui ci si vergogna non di rado del passato visto come superato se non anacronistico, e allo stesso tempo sono tempi in cui quando si sbaglia soprattutto in politica o non si riscuote il successo sperato o non si ha il riscontro agognato si cambia strada e ci si reinventa. In tutta onestà penso che un segnale forte e in controtendenza sarebbe piuttosto il contrario: riprendere in mano i valori, l’eredità e i simboli. Perciò a noi basterebbe un Partito Popolare Italiano come guida e casa di tutti quelli che si riconoscono in questi valori.
Grazie.