La riflessione di Alessandro Risso che ha avuto la pazienza di analizzare il mio precedente scritto sulla frattura tra “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”, pubblicato da Agendadomani.it e rilanciato da “Rinascita Popolare”, merita alcune considerazioni che faccio partire dalla conclusione del suo articolo.
Destra/Sinistra
Oggi sarebbe troppo frettoloso seppellire la tradizionale dicotomia destra/sinistra: questo è ciò che lascia intendere con le domande conclusive Risso. In questo caso credo sarebbe utile riprendere la lezione di don Primo Mazzolari che ebbe a dire a proposito dei cattolici (e con cinquant'anni di anticipo rispetto ai pentastellati) “nè a destra, né al centro, né a sinistra ma in alto”. Occorre solo intenderci sul dove sia questo “in alto”: non dovrebbe essere quella capacità – senza dimenticare l'imprescindibile dimensione verticale verso Dio che potremmo riassumere col “duc in altum” di un popolare come Pier Giorgio Frassati – di non farsi risucchiare nelle altrui ideologie o in schemi che, se hanno avuto un senso, oggi lo hanno perso (lo ritroveranno? Non lo sappiamo!)?
Questo “in alto” lo intendo come fuori dallo schema riguadagnando come cattolici libertà d'azione e, sempre riprendendo un pensiero mazzolariano, finendola di “andare a prestito di rivoluzioni altrui” perchè questo andazzo che ha caratterizzato gli ultimi venticinque anni, rispetto a cui c'è concordanza di vedute, ha fatto dimenticare che i rivoluzionari siamo noi. Uscire dalla geometria classica non è utile per tirarci fuori dal pantano delle vischiose definizioni dentro cui dall'esterno e, ahimè furbescamente dall'interno, hanno cercato di incasellarci quali “riformisti” o “moderati” (considerando che per entrambi lo si può essere indifferentemente di destra o di sinistra) non tenendo conto che si tratta di ogm della politica? Non significa fare un'operazione verità riscoprendo un' identità originale, fuori schema, autonoma, che debelli un andazzo che, attraverso piroette stupefacenti, ha permesso a tanta classe dirigente residuata e sconfitta di passare dall'appello all'unità dei moderati a destra alla contaminazione delle culture riformiste a sinistra (e viceversa), dalla individuazione della casa per i cattolici all'estrema sinistra bersaniana alla considerazione che serva un informe civismo per rimettere il trattino tra le parole centro e sinistra o un entrismo a destra accontentandosi di una dimensione cristianista (per riprendere una definizione di Remy Brague)?
Giovani e mondo cattolico
Sollecitato da Alessandro Risso domando innanzitutto a me stesso se talvolta gli schemi tradizionali non siano comodi rifugi da cui facciamo fatica ad uscire per tornare a gettarci nell'avventura del mare aperto! Ma soprattutto mi domando se le elezioni del 4 marzo scorso non li abbiano superati di fatto, attraverso le indicazioni del popolo che ha votato, e se questi schemi tanto cari ai dibattiti tra addetti ai lavori abbiano ancora un fascino per quei giovani che in quei dibattiti non ci sono, non si avvicinano, non si appassionano. E se una tradizione politica non ha la capacità di riannodare il rapporto intergenerazionale ed appassionare le giovani generazioni, farle sognare senza dimenticare la dimensione vocazionale e martiriale della politica, non rimane un bel pezzo da museo arricchita da belle citazioni dal sapore di epitaffi?
Qua certo si inserisce la questione del “mondo cattolico” che non avendo più avuto una dirigenza associativa e politica all'altezza, insomma un'avanguardia riconosciuta, riconoscibile, rappresentata, rappresentativa, è sostanzialemente diventato terreno di divisione, falso unanimismo, aspirazioni personali e altrui conquiste. È un mondo diviso? Peggio è un mondo che rischia di avere come immagine esplicativa quella dei capponi di Renzo di manzoniana memoria scordando, perchè impegnati a beccarsi reciprocamente, che qualcuno li tiene saldamente dalle zampe a testa in giù! Se si riconoscessero e collaborassero non sarebbero in grado di liberarsi pur correndo il rischio di allontanarsi da chi (gli alfieri delle altrui rivoluzioni), ben interessato, li ha ingrassati? Certo servirebbe rifare proprio il principio di non appagamento caro ad Aldo Moro.
Cattolici del sociale/Cattolici della morale
Veniamo quindi alla frattura tra “cattolici del sociale” e “cattolici della morale”: è chiaro a Risso che non si tratta di una questione logico-linguistica ma politica. Essa è la premessa del discorso del cardinal Bassetti che detta non una linea ma quella che penso convintamente essere l'unica strada percorribile per ricostruire un protagonismo che riporti i cattolici ad essere “liberi e forti”. Il Presidente della CEI lo dice chiaramente in due suoi passaggi dell'ultima assemblea dei Vescovi italiani: “ora è importante che i cattolici abbiano la fantasia e la libertà di vivere insieme i valori e di vedere come esprimerli” e “nella società di oggi è necessaria anche la presenza dei cattolici e se non trovano una forma per esprimersi insieme, si rischia di essere inefficaci”. Si chiude così una fase storica fatta di bipolarismo imposto, distribuzione di personale fallita, cancellazione delle identità, disconoscimento della complessità sociale da sussumere nella politica e nelle istituzioni, messa in crisi dei corpi intermedi. Non va poi dimenticato anche il richiamo alla storia democratico cristiana e alla tradizione popolare sturziana da lui fatto che significa difesa di un' esperienza comunitaria di uomini e donne come non avveniva da anni. Nostalgia di una organizzazione? No di certo, le organizzazioni sono figlie del proprio tempo, bensì nostalgia fattiva di una cultura politica capace non di occupare spazi ma di innescare processi nuovi e che ha avuto il merito storico di essere la linea di difesa contro il passaggio del confronto politico in fratture ideologiche dentro le comunità cristiane.
Il superamento della frattura dunque si pone (anche per il bene delle nostre comunità) come conditio sine qua non salvo non fare a pezzi la strada indicata da Bassetti, ma su monconi di strada non si va lontano!
È un percorso semplice? Assolutamente no, credo che tutti su questo punto non si possa che concordare: costruire e ricostruire è più difficile che distruggere, anche se di maestri di distruzione da cui andare a lezione ce ne sarebbero a iosa. Serve la pazienza del montanaro piuttosto che lo scatto de centometrista: il primo è più lento ma va oltre i cento metri! Fuori di metafora occorre sanare la frattura e costruire luoghi di incontro, confronto e azione che dai territori inizino a coordinarsi intorno a garanti riconosciuti per poi aprire alle valutazioni elettorali: agire al contrario ci riporterebbe solamente alle scialuppe di salvataggio politico su cui ci siamo entrambi ritrovati nella negativa valutazione ed è poi la strada dei capponi cioè quella che non punta all'autonomia. Ma se non si torna autonomi, liberi, non significa non credere davvero nel valore della propria cultura politica?
Offerta politica
Prima che un problema di domanda c'è un problema di offerta politica: le percentuali riportate da Risso su chi votano i cattolici secondo diversi sondaggi non sono la prova provata che questi non riconoscono nessuna progettualità in atto di cattolici? E come potrebbero nella schizofrenia di iniziative che stanno partendo (un pochino a ridosso di tornate elettorali): chi si può raccapezzare tra movimenti solidali, reti, stati generali, convenzioni delle idee, corsi di formazione più o meno asettici, azioni prepolitiche e para politiche? E' una critica ai promotori? Sì, perchè ognuno è chiuso nel proprio schema e, ahimè guardando all'età media, nella propria storia politica che è fatta anche, giustamente, di desideri personali che, però, in questa stagione tutta nuova non aiutano.
La critica fa male? Forse si ma oggi è doverosa perchè urge rispondere alla richiesta di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco di una nuova generazione di laici cristianamente ispirati in politica e riferirsi alla realtà. Come faccio, infatti, a fare una valutazione se non prendo in considerazione ciò che è avvenuto? Come posso parlare di sociale e morale come divaricazioni politiche se non considero la cedevolezza all'individualismo che ha significato cedimento al turbo liberismo che tanto male ha fatto all'Italia ed all'Europa sempre più lontana dal sogno di De Gasperi, Adenauer e Schumann, alla salvaguardia dei lavoratori ritornando ad una economia sociale di mercato, alla difesa delle istituzioni (pensiamo alla pessima riforma delle Province e ai ricorrenti tentativi di manomissione della Costituzione), all'idea di una riedizione di Stato etico in grado di trasformare i desideri di lobby in diritti secondo una ideologia ben poco civile e più attenta alla morte che alla vita che, alla fine fa il paio con un pensiero contrario alla dignità di ogni persona di qualunque provenienza e cultura?
Amicizia
A questo punto, e mi scuso con Alessandro Risso per la lunghezza ma il suo scritto è stato certamente stimolante, ci si deve domandare cosa possa servire. Credo non il ricorso a un impianto di tipo eminentemente organizzativista: sturzianamente parlando l'orizzonte di un partito è un percorso che passa per il ritorno dentro la società e fuori dai circoli autoreferenziali, solo così la testimonianza di una visione sociale cristiana può tornare visibile e protagonista senza lo scandalo dei capponi.
Su questa strada allora credo non occorra inventarsi nulla ma riprendere il filo della tradizione della presenza cattolica nella società in cui alle origini troviamo le Amicizie del Lanteri. Non è una sfida avvincente innescare un processo politico radicandolo in una virtù come l'Amicizia che può farsi luogo di incontro ed azione portatrice di un idea integrale della democrazia? Non può essere l'Amicizia Cattolica strumento innovativo, flessibile, al passo con l'epoca che stiamo vivendo, per ricucire la frattura tanto citata (e nel mentre collaborare a ricucire il Paese), prima ancora che tra classe dirigente, in mezzo alla comunità? Non è la sfida lanciata da Aldo Moro all'indomani del referendum sul divorzio, cioè riconoscere il tempo di “difendere i principi e i valori cristiani al di fuori delle istituzioni e delle leggi e cioè nel vivo e aperto tessuto della nostra vita sociale”?
Se non così rischiamo di non tornare più nelle istituzioni salvo mendicare la possibilità di indossare il giunzaglio di qualcuno tradendo in partenza il tanto citato e rincorso centenario dell'Appello ai Liberi e Forti di don Sturzo.
Destra/Sinistra
Oggi sarebbe troppo frettoloso seppellire la tradizionale dicotomia destra/sinistra: questo è ciò che lascia intendere con le domande conclusive Risso. In questo caso credo sarebbe utile riprendere la lezione di don Primo Mazzolari che ebbe a dire a proposito dei cattolici (e con cinquant'anni di anticipo rispetto ai pentastellati) “nè a destra, né al centro, né a sinistra ma in alto”. Occorre solo intenderci sul dove sia questo “in alto”: non dovrebbe essere quella capacità – senza dimenticare l'imprescindibile dimensione verticale verso Dio che potremmo riassumere col “duc in altum” di un popolare come Pier Giorgio Frassati – di non farsi risucchiare nelle altrui ideologie o in schemi che, se hanno avuto un senso, oggi lo hanno perso (lo ritroveranno? Non lo sappiamo!)?
Questo “in alto” lo intendo come fuori dallo schema riguadagnando come cattolici libertà d'azione e, sempre riprendendo un pensiero mazzolariano, finendola di “andare a prestito di rivoluzioni altrui” perchè questo andazzo che ha caratterizzato gli ultimi venticinque anni, rispetto a cui c'è concordanza di vedute, ha fatto dimenticare che i rivoluzionari siamo noi. Uscire dalla geometria classica non è utile per tirarci fuori dal pantano delle vischiose definizioni dentro cui dall'esterno e, ahimè furbescamente dall'interno, hanno cercato di incasellarci quali “riformisti” o “moderati” (considerando che per entrambi lo si può essere indifferentemente di destra o di sinistra) non tenendo conto che si tratta di ogm della politica? Non significa fare un'operazione verità riscoprendo un' identità originale, fuori schema, autonoma, che debelli un andazzo che, attraverso piroette stupefacenti, ha permesso a tanta classe dirigente residuata e sconfitta di passare dall'appello all'unità dei moderati a destra alla contaminazione delle culture riformiste a sinistra (e viceversa), dalla individuazione della casa per i cattolici all'estrema sinistra bersaniana alla considerazione che serva un informe civismo per rimettere il trattino tra le parole centro e sinistra o un entrismo a destra accontentandosi di una dimensione cristianista (per riprendere una definizione di Remy Brague)?
Giovani e mondo cattolico
Sollecitato da Alessandro Risso domando innanzitutto a me stesso se talvolta gli schemi tradizionali non siano comodi rifugi da cui facciamo fatica ad uscire per tornare a gettarci nell'avventura del mare aperto! Ma soprattutto mi domando se le elezioni del 4 marzo scorso non li abbiano superati di fatto, attraverso le indicazioni del popolo che ha votato, e se questi schemi tanto cari ai dibattiti tra addetti ai lavori abbiano ancora un fascino per quei giovani che in quei dibattiti non ci sono, non si avvicinano, non si appassionano. E se una tradizione politica non ha la capacità di riannodare il rapporto intergenerazionale ed appassionare le giovani generazioni, farle sognare senza dimenticare la dimensione vocazionale e martiriale della politica, non rimane un bel pezzo da museo arricchita da belle citazioni dal sapore di epitaffi?
Qua certo si inserisce la questione del “mondo cattolico” che non avendo più avuto una dirigenza associativa e politica all'altezza, insomma un'avanguardia riconosciuta, riconoscibile, rappresentata, rappresentativa, è sostanzialemente diventato terreno di divisione, falso unanimismo, aspirazioni personali e altrui conquiste. È un mondo diviso? Peggio è un mondo che rischia di avere come immagine esplicativa quella dei capponi di Renzo di manzoniana memoria scordando, perchè impegnati a beccarsi reciprocamente, che qualcuno li tiene saldamente dalle zampe a testa in giù! Se si riconoscessero e collaborassero non sarebbero in grado di liberarsi pur correndo il rischio di allontanarsi da chi (gli alfieri delle altrui rivoluzioni), ben interessato, li ha ingrassati? Certo servirebbe rifare proprio il principio di non appagamento caro ad Aldo Moro.
Cattolici del sociale/Cattolici della morale
Veniamo quindi alla frattura tra “cattolici del sociale” e “cattolici della morale”: è chiaro a Risso che non si tratta di una questione logico-linguistica ma politica. Essa è la premessa del discorso del cardinal Bassetti che detta non una linea ma quella che penso convintamente essere l'unica strada percorribile per ricostruire un protagonismo che riporti i cattolici ad essere “liberi e forti”. Il Presidente della CEI lo dice chiaramente in due suoi passaggi dell'ultima assemblea dei Vescovi italiani: “ora è importante che i cattolici abbiano la fantasia e la libertà di vivere insieme i valori e di vedere come esprimerli” e “nella società di oggi è necessaria anche la presenza dei cattolici e se non trovano una forma per esprimersi insieme, si rischia di essere inefficaci”. Si chiude così una fase storica fatta di bipolarismo imposto, distribuzione di personale fallita, cancellazione delle identità, disconoscimento della complessità sociale da sussumere nella politica e nelle istituzioni, messa in crisi dei corpi intermedi. Non va poi dimenticato anche il richiamo alla storia democratico cristiana e alla tradizione popolare sturziana da lui fatto che significa difesa di un' esperienza comunitaria di uomini e donne come non avveniva da anni. Nostalgia di una organizzazione? No di certo, le organizzazioni sono figlie del proprio tempo, bensì nostalgia fattiva di una cultura politica capace non di occupare spazi ma di innescare processi nuovi e che ha avuto il merito storico di essere la linea di difesa contro il passaggio del confronto politico in fratture ideologiche dentro le comunità cristiane.
Il superamento della frattura dunque si pone (anche per il bene delle nostre comunità) come conditio sine qua non salvo non fare a pezzi la strada indicata da Bassetti, ma su monconi di strada non si va lontano!
È un percorso semplice? Assolutamente no, credo che tutti su questo punto non si possa che concordare: costruire e ricostruire è più difficile che distruggere, anche se di maestri di distruzione da cui andare a lezione ce ne sarebbero a iosa. Serve la pazienza del montanaro piuttosto che lo scatto de centometrista: il primo è più lento ma va oltre i cento metri! Fuori di metafora occorre sanare la frattura e costruire luoghi di incontro, confronto e azione che dai territori inizino a coordinarsi intorno a garanti riconosciuti per poi aprire alle valutazioni elettorali: agire al contrario ci riporterebbe solamente alle scialuppe di salvataggio politico su cui ci siamo entrambi ritrovati nella negativa valutazione ed è poi la strada dei capponi cioè quella che non punta all'autonomia. Ma se non si torna autonomi, liberi, non significa non credere davvero nel valore della propria cultura politica?
Offerta politica
Prima che un problema di domanda c'è un problema di offerta politica: le percentuali riportate da Risso su chi votano i cattolici secondo diversi sondaggi non sono la prova provata che questi non riconoscono nessuna progettualità in atto di cattolici? E come potrebbero nella schizofrenia di iniziative che stanno partendo (un pochino a ridosso di tornate elettorali): chi si può raccapezzare tra movimenti solidali, reti, stati generali, convenzioni delle idee, corsi di formazione più o meno asettici, azioni prepolitiche e para politiche? E' una critica ai promotori? Sì, perchè ognuno è chiuso nel proprio schema e, ahimè guardando all'età media, nella propria storia politica che è fatta anche, giustamente, di desideri personali che, però, in questa stagione tutta nuova non aiutano.
La critica fa male? Forse si ma oggi è doverosa perchè urge rispondere alla richiesta di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco di una nuova generazione di laici cristianamente ispirati in politica e riferirsi alla realtà. Come faccio, infatti, a fare una valutazione se non prendo in considerazione ciò che è avvenuto? Come posso parlare di sociale e morale come divaricazioni politiche se non considero la cedevolezza all'individualismo che ha significato cedimento al turbo liberismo che tanto male ha fatto all'Italia ed all'Europa sempre più lontana dal sogno di De Gasperi, Adenauer e Schumann, alla salvaguardia dei lavoratori ritornando ad una economia sociale di mercato, alla difesa delle istituzioni (pensiamo alla pessima riforma delle Province e ai ricorrenti tentativi di manomissione della Costituzione), all'idea di una riedizione di Stato etico in grado di trasformare i desideri di lobby in diritti secondo una ideologia ben poco civile e più attenta alla morte che alla vita che, alla fine fa il paio con un pensiero contrario alla dignità di ogni persona di qualunque provenienza e cultura?
Amicizia
A questo punto, e mi scuso con Alessandro Risso per la lunghezza ma il suo scritto è stato certamente stimolante, ci si deve domandare cosa possa servire. Credo non il ricorso a un impianto di tipo eminentemente organizzativista: sturzianamente parlando l'orizzonte di un partito è un percorso che passa per il ritorno dentro la società e fuori dai circoli autoreferenziali, solo così la testimonianza di una visione sociale cristiana può tornare visibile e protagonista senza lo scandalo dei capponi.
Su questa strada allora credo non occorra inventarsi nulla ma riprendere il filo della tradizione della presenza cattolica nella società in cui alle origini troviamo le Amicizie del Lanteri. Non è una sfida avvincente innescare un processo politico radicandolo in una virtù come l'Amicizia che può farsi luogo di incontro ed azione portatrice di un idea integrale della democrazia? Non può essere l'Amicizia Cattolica strumento innovativo, flessibile, al passo con l'epoca che stiamo vivendo, per ricucire la frattura tanto citata (e nel mentre collaborare a ricucire il Paese), prima ancora che tra classe dirigente, in mezzo alla comunità? Non è la sfida lanciata da Aldo Moro all'indomani del referendum sul divorzio, cioè riconoscere il tempo di “difendere i principi e i valori cristiani al di fuori delle istituzioni e delle leggi e cioè nel vivo e aperto tessuto della nostra vita sociale”?
Se non così rischiamo di non tornare più nelle istituzioni salvo mendicare la possibilità di indossare il giunzaglio di qualcuno tradendo in partenza il tanto citato e rincorso centenario dell'Appello ai Liberi e Forti di don Sturzo.
Ottimo intervento soprattutto per il nuovo linguaggio che introduce: uscire dagli schemi tradizionali (destra-sinistra, bipolarismo imposto dalla cultura radical-anglosassone, cattolici conservatori o sociali), inesistenza nel linguaggio politico dei temi dei giovani (emigrazione all’estero alla ricerca di lavoro, debito pubblico scaricato su loro, impossibilità di creare famiglia). Se la critica “fa bene” parliamone.
Non posso che apprezzare lo scritto di Giancarlo Chiapello. Ne condivido i contenuti ed anche lo spirito. Certo, ci sarebbe molto da sottolineare e commentare e così pure sulla risposta di Risso al precedente intervento (risposta che invece ho trovato in qualche passaggio un po’ troppo rigida e “datata”). Invece – paradossalmente – non mi sembra datato il recupero del Lanteri e della sua “Amicizia Cattolica”, in quanto pur concepita in un’epoca lontana, si proponeva di ricostruire e rianimare il laicato in un contesto nel quale la pressione culturale antireligiosa ed anticattolica era pervasiva come oggi.