Dopo Genova, quali interessi rappresentare?



Giuseppe Davicino    20 Agosto 2018       6

Quando tutto lasciava presagire che un'opposizione incapace di reagire perché incapace di comprendere il messaggio degli elettori, si sarebbe avviata alle prossime Europee verso una sconfitta dalle proporzioni ancora maggiori di quelle del 4 marzo scorso, ecco che alla vigilia di Ferragosto irrompe l'imprevisto per la politica, ma non imponderabile per i tecnici. Quel maledetto viadotto non è crollato solo addosso alle sue vittime ma anche sulla città di Genova, sull'Italia. In particolare è crollato sul centrosinistra e sulla sinistra, da Prodi a Gentiloni, su quel malsano milieu tra affarismo depredatore di imprenditori usi a comprare a debito aziende gioielli di stato in svendita agli amici, e riformismo à la page ridottosi, al di là dei proclami ideali, a cinghia di trasmissione degli interessi delle élite finanziarie.

È crollato addosso ad un sistema elettorale, da sempre avversato dai Popolari, quello bipolare, il cui vero scopo non è la tanto decantata “alternanza”, ma la “permanenza” di chiunque vinca fra i due contendenti, nelle medesime politiche economiche che hanno reso i ricchi sempre più pochi e sempre più ricchi a prezzo di dissanguare la classe media.

Un sistema che solo per quel che riguarda le dissennate privatizzazioni, in quasi vent'anni ha fatto mancare 40 miliardi all'erario di profitti certi regalati ai privati nel settore dei monopoli naturali che neanche un liberale vero come Luigi Einaudi si sarebbe mai sognato di privatizzare.

Era evidente che prima o poi il tappo doveva saltare. Proprio a causa di un lungo periodo di assenza di una reale alternativa tra i partiti storici, dal 2016 in avanti si assiste, dapprima in occidente ma ormai su scala mondiale (si vedano i risultati delle elezioni di quest'anno in grandi Paesi come Messico e Pakistan che insieme fanno più abitanti degli Stati Uniti) alla rivolta elettorale della classe media verso l'establishment in Occidente, e alla rivolta del 99% degli abitanti del pianeta contro l'élite globalista dell'1% di ultra-ricchi che li sfrutta.

Orbene, ai fini della discussione in corso nel Paese sulla necessità di una forza politica organizzata di stampo cattolico-democratico e popolare tutto ciò non solo c'entra, ma, a mio modo di vedere, risulta basilare e imprescindibile. Infatti, tutto il lavoro di definizione di una piattaforma politica e programmatica e gli stessi riferimenti all'immenso patrimonio storico e ideale della Dottrina Sociale della Chiesa, vengono oscurati e annullati agli occhi degli elettori popolari, che sono i due terzi del corpo elettorale, se non si opera una chiara scelta di campo per il cambiamento, se non ci si propone come forza politica che vuole che il denaro torni a servire anziché comandare e prevalere sulle persone; una forza politica che intende rappresentare gli interessi dei ceti popolari anche a costo di scontrarsi con le corazzate mediatiche e finanziarie delle oligarchie, che si propone di non lasciare interamente a M5S e Lega la rappresentanza della classe media. E questo profilo politico, da cui dipende la credibilità e la reputazione presso la classe media, non lo si improvvisa, si conquista giorno per giorno. A partire da adesso, da come si interpreta la tragedia di Genova, se per ristabilire al più presto la gestione pubblica di un monopolio naturale rappresentato dalla rete stradale e autostradale, cosa ben diversa dallo statalismo, o per fare da utili difensori dei voraci interessi delle società dei Benetton, nel cui CdA, di una grande società autostradale in procinto di divenire una loro controllata, la spagnola Abertis, siede anche un ex premier italiano (e non si tratta di Renzi) con un compenso annuo di 115 mila Euro.

Stesso discorso sulla prossima finanziaria: austeritaria o espansiva. Occorre scegliere. Se non lo si fa, la ricerca di consenso verso questa nuova forza politica di cui si avverte la necessità, rischia di rivelarsi un'illusione.


6 Commenti

  1. Ma quando qualcuno come me, che sono politicamente un moderato, ai tempi delle prime privatizzazioni (statali, regionali, provinciali, comunali) andava inutilmente dicendo che era completamente ed assurdamente sbagliato vendere, o meglio, svendere i gioielli di famiglia e che era assurdo pensare che chi investiva dei soldi non lo facesse solo e soltanto a fini speculativi, ebbene quel qualcuno veniva continuamente contestato perché privatizzare era bello, perché privatizzare avrebbe voluto dire aprire il mercato alla concorrenza a tutto vantaggio dei consumatori. Adesso qualcuno si sveglia e scopre che è stata una colossale fregatura per lo Stato e per i cittadini-consumatori che adesso strapagano per la telefonia, per l’elettricità, per i trasporti ferroviari, per le autostrade, per i servizi bancari, ecc. ecc. La strada da percorrere, andava ripetendo quel qualcuno, era che lo Stato gestisse in maniera manageriale le sue attività, rendendole produttive ed efficienti e non più parassitarie e clientelari. Ma adesso è tardi per piangere sul latte versato e i politici di allora (Prodi, D’Alema, ecc) trovino il coraggio di fare il mea culpa.

  2. In linea di principio non posso che essere d’accordo che i “gioielli” di Stato dovrebbero essere gestiti direttamente dallo Stato. Credo, però, che le privatizzazioni sono avvenute per semplice “disperazione” di guadagnare qualcosa da cose e servizi che per la nota inefficienza della macchina pubblica non producevano che ingenti perdite. Questi nuovi politici vogliono tornare indietro e tutti battono loro le mani. Ma siamo sicuri di non cadere dalla padella nella brace? Basta dare una occhiata, ad esempio, allo stato delle strade nazionali, provinciali, comunali, poderali, ecc. C’è da farsi venire i brividi!

  3. Segnalo uno splendido articolo di Nino Galloni che spiega le cause e i rimedi possibili ai problemi posti da Luciano Potino: https://scenarieconomici.it/perche-genova-sia-linizio-di-una-svolta-di-nino-galloni/
    Personalmente lo considero un manifesto fondativo per un soggetto politico alternativo al rassemblement austeritario che si sta formando fra Pd-Fi-+Europa, e in competizione con il governo gialloverde nel realizzare quelle politiche espansive in favore della classe media, chieste dagli elettori col voto del 4 marzo.

    • Sarei gentilmente a chiederle da dove trae tutta questa sua fiducia in un governo di impreparati politicamente e di inetti, di cui l’unica cosa che hanno dimostrato di avere capacità è la sola propaganda elettorale.

      • Io dico l’opposto, proprio perché non mi fido di M5S e Lega (a proposito di competenze è una bella gara tra questi e Renzi, Monti, Del Rio e compagnia…) vorrei che a realizzare quelle politiche necessarie a rilanciare il Paese, e in favore della classe media, con o senza il placet tedesco, ci fossero anche i cattolici democratici. Possiamo dire che dopo 7 anni di sanguinosa austerità l’Italia è messa molto peggio di prima, e che le politiche fatte dal Partito Democratico, si sono rivelate profondamente sbagliate e inadatte?

  4. Vorrei portare una mia esperienza personale: come sindacati ferrovieri negli anni 80/90 del secolo scorso ci siamo battuti, abbiamo fatto dibattiti e abbiamo raccolto firme per trasformare il carrozzone dell’Ente ferrovie dello Stato in una azienda moderna e dinamica sempre però di proprietà dello Stato, tenendo ben presente anche il servizio sociale svolto dalle ferrovie. Cosa abbiamo ottenuto: divisione delle ferrovie in tante società, tipo Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana, con a capo di ogni società manager profumatamente pagati, società molto spesso in contrasto fra loro, l’annullamento del servizio sociale, vedesi i tagli operati ad esempio delle linee non competitive del Piemonte orientale e un sistema burocratico ancora peggiore. Ora non vorrei che la nazionalizzazione o statalizzazione del sistema autostradale diventi un boomerang peggiore dell’attuale. Poi i nostri blateranti ministri hanno fatto il conto di quanto gli italiani, e non loro, devono spendere per risarcire azionisti e obbligazionisti? D’accordo i Benetton, ma fra gli uni e gli altri ci può essere anche qualche tapino, che ha investito la liquidazione in obbligazioni Autostrade!

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