Compostezza nella tragedia



Lucio D'Ubaldo    15 Agosto 2018       3

Il crollo del ponte autostradale a Genova è uno di quei tragici avvenimenti che impongono una riflessione profonda e obiettiva, se vogliamo che il nostro Paese arresti un declino annunciato. Come primo contributo, rilanciamo l’editoriale del direttore de “Il Domani d’Italia”.

 

Un ponte che crolla a Ferragosto può indurre a pensare a una tragica metafora sullo stato del nostro Paese. Le disgrazie possono essere esorcizzate, anche attraverso le immagini di un capo del governo vestito in abiti da Protezione civile, ma resta il sapore di un qualcosa che compendia illusioni, arroganze e miserie di questa guerra italiana dei “Trent’anni”, senza capo né coda, con l’epicentro della crisi identificabile oggi nella devastazione del principio d’ordine legato alla formazione e alla sussistenza di una classe dirigente al servizio della nazione.

In queste ore, prima di tutto, lo spirito di solidarietà avrebbe dovuto campeggiare in ogni atto o discorso o presa di posizione. Molta responsabilità e nessuna demagogia: invece non è stato così. Abbiamo assistito al trionfo di un messaggio di odio preterintenzionale, diffuso e pervasivo, per il quale le responsabilità vanno sempre trovate nel sottofondo di corruzione dei (vecchi) pubblici poteri.

Genova, con il suo carico di lutti familiari e macerie di calcestruzzo, subisce un danno di proporzioni straordinarie. Ma si tratta, in realtà, di un danno inferto all’economia nazionale nel suo complesso. Bisogna intervenire in fretta, con provvedimenti coraggiosi sulla viabilità e i trasporti in un punto nevralgico del sistema Paese. Aver bloccato opere essenziali – come la famosa Gronda, osteggiata finora da Beppe Grillo, decisiva opera autostradale destinata ad alleviare strutturalmente il sovraccarico di traffico sul ponte Morandi – è la maggiore punizione, quantunque indesiderata, che potesse ricevere la città, da tempo in bilico tra declino e speranze di ripresa. Ma non è, appunto, una punizione solo per Genova.

Ancora una volta l’emergenza è stata affrontata bene. La macchina dei soccorsi ha funzionato, come si sono affrettati a dire ministri e sottosegretari. Ne possiamo ricavare, a onore di tutti gli operatori coinvolti, un sincero motivo di orgoglio. Eppure bisogna guardare avanti. Certamente l’Europa capirà, senza che Salvini alzi la voce; ma un progetto va messo in campo per non dare la sensazione, anzitutto a noi stessi, che preferiamo giocare con la retorica e la furbizia, per non prendere decisioni nemmeno in circostanze come quella determinata dalla tragedia di ieri. Vedremo anche da questo se l’esperimento di un Gabinetto all’insegna di populismo e sovranismo evolverà in direzione dei tanti buoni propositi, ancora abbozzolati in una comunicazione da Istituto Luce, almeno per approdare a una rispettabile azione di governo.


3 Commenti

  1. Sento una gran voglia di moderazione e razionalità. Di una politica delle infrastrutture che sappia discernere e individuare quelle davvero utili e indispensabili. Evitando gli opposti estremismi del no a tutto e del badile ad ogni costo. Pensare di costruire ponti sullo stretto mentre crollano quelli esistenti è sciocco, criminale. Le risorse devono essere distribuite con razionalità e investite in manufatti di qualità. Tra l’altro corrisponde al vero la notizia secondo cui l’attuale governo ha tagliato i fondi stanziati da Gentiloni per l’edilizia scolastica?

  2. Ancora una volta i nostri cari ministri hanno dimostrato tutta la loro inutile prosopopea. Sarebbe il caso, in tragiche circostanze come questa che la smettessero di fare campagna elettorale fuori tempo e luogo, almeno un minimo di rispetto per le vittime. Poi non mi pare il caso che si ergano a giudici ed emettano a priori sentenze di colpevolezza, lasciamo questo compito ai magistrati: saranno loro a stabilire chi dovrà o non dovrà andare in galera.

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