Per un programma della Rete Bianca



Giuseppe Sangiorgi    10 Luglio 2018       3

Come ha scritto Giorgio Merlo, si sta costituendo una Rete Bianca “che coltiva l'ambizione di ricomporre quel vasto associazionismo culturale, sociale e ideale, disseminato tutto il Paese, sensibile e consapevole della necessità di declinare un rinnovato protagonismo politico dei cattolici”. Giuseppe Sangiorgi, ex direttore del quotidiano DC “Il Popolo”, ha proposto alcune idee programmatiche per caratterizzare l’iniziativa, che pubblichiamo per rilanciare il dibattito sul ruolo dei cattolici in politica.

 

Ricominciare una storia è come costruire un edificio: occorre partire dalla pietra angolare. Se noi immaginiamo di dare vita a un movimento di iniziativa politica di tipo federativo, chiamato Rete Bianca, la pietra angolare di questa costruzione deve poggiare su tre riferimenti: la Costituzione, l’Europa, la Dottrina Sociale della Chiesa.

La Costituzione come applicazione e aggiornamento, contro il populismo al quale siamo alternativi; l’Europa con l’obiettivo pacifico degli Stati Uniti d’Europa contro i sovranismi ai quali pure siamo alternativi; la Dottrina Sociale come attuazione nel campo civile dei principi del magistero attraverso chiare e riconoscibili proposte programmatiche per il governo del Paese.

La Rete Bianca con la sua struttura federativa è aperta alla partecipazione di quanti, soggetti singoli o associati, nel campo cattolico ma non solo in quello, penso all’area dell’etica della responsabilità, sono oggi alla ricerca di un baricentro nuovo della politica italiana perché non si sentono rappresentati dalle posizioni esistenti. La disaffezione elettorale è il riscontro più evidente di questo disagio.

La Rete Bianca dunque non è un movimento in più rispetto ai soggetti esistenti: vuole essere il luogo del loro incontro perché, invece della attuale frammentazione, essi costituiscano nel loro insieme una massa critica. La polvere non pesa sulla bilancia della politica.

L’intreccio dei tre riferimenti della Costituzione, dell’Europa e della Dottrina Sociale, con l’ispirazione cristiana essa che dispiega, genera una serie di opzioni politiche che formano il denominatore comune di partenza sul quale essere d’accordo: un’idea della società italiana di tipo inclusivo, un’idea delle nostre istituzioni partecipate, un’idea dello sviluppo del Paese solidale.

Questo è il percorso da compiere per dare vita nelle condizioni attuali a un terzo tempo, organizzato, del cattolicesimo politico italiano dopo le stagioni del Partito popolare di Luigi Sturzo e della Democrazia Cristiana  di Alcide De Gasperi.

Esiste il problema del rapporto con la gerarchia ecclesiale, dei controversi e ondivaghi orientamenti che la gerarchia ha avuto negli ultimi anni su questo problema. Certamente dobbiamo ricercare  una interlocuzione costruttiva, consapevoli della concezione di laicità formulata da Aldo Moro: “l’autonomia è la nostra assunzione di responsabilità. E’ il correre da soli il nostro rischio. E’ il nostro modo personale di rendere un servizio e di dare se possibile una testimonianza ai valori cristiani nella vita sociale”.

È il dato interiore di una politica di ispirazione cristiana che già De Gasperi ci consegnava negli Quaranta: “il cristianesimo è qualcosa di essenziale e di integrale, si sente o non si sente, se non si sente nella coscienza anche i termini politici di libertà e di democrazia assumono un diverso significato”.

Le due precedenti esperienze legate a Sturzo e De Gasperi hanno prodotto entrambe significative conseguenze storiche  all’interno del mondo cattolico italiano, e insieme nella vita civile del nostro Paese.

Il popolarismo di Sturzo ha segnato il passaggio dalle generazioni cattoliche del Non Expedit a quelle della Rerum Novarum. Ma l’Appello ai Liberi e Forti e il programma del Partito popolare del gennaio 1919 hanno anche rivoluzionato l’impianto ottocentesco, centralista e autoritario dello Stato italiano, ponendo il problema di istituzioni che fossero invece la proiezione delle libertà individuali, sociali e territoriali da garantire. Questa è stata la novità del Partito popolare.

La Democrazia Cristiana di De Gasperi ha saldato tra loro le generazioni del  popolarismo sturziano con quelle del Codice di Camaldoli. Ma, attraverso le Idee ricostruttive del luglio 1943  e più ancora La parola dei democratico cristiani sul “Popolo” clandestino del dicembre 1943, l’impronta di De Gasperi sulla vita pubblica italiana è stata anche l’affermazione del metodo democratico come la condizione della dialettica politica in un Paese che con il fascismo aveva perduto  il valore delle libertà democratiche. Questa è stata la novità della Democrazia Cristiana.

La Rete Bianca ha davanti a sé un analogo problema su entrambi questi versanti, generazionale  e politico: come collegare il vissuto dei cattolici di ieri alle esperienze dei cattolici di oggi, e su quali proposte misurarci per migliorare la vita dei cittadini. Ambizione e dovere di esserci si saldano nuovamente su questi due aspetti.

C’è una diversità con le stagioni passate, una diversità che dobbiamo cogliere come una opportunità. Noi non siamo presenti oggi come soggetto specifico nelle sedi della democrazia rappresentativa. Il nostro campo d’azione è necessariamente quello della democrazia partecipativa. È qui, dal basso, dai territori, dai problemi concreti che deve riprendere il cammino, animando e impiegando tutte le forme partecipative possibili, a iniziare da quelle previste dalla Costituzione  – le petizioni, i referendum, le proposte di legge popolare, le forme sussidiarie – con moduli organizzativi connessi alle nuove tecnologie.

Tutto ciò delinea il nuovo spazio entro il quale muoverci per ritrovare visibilità, capacità d’attrazione  e partecipare al dibattito politico con le nostre proposte sul governo del Paese. A tal fine dobbiamo costituire al nostro interno una redazione politica per la elaborazione di “schede della democrazia” sui diversi problemi dell’attualità politica, schede delle quali esiste già un format che le renda omogenee nella loro struttura narrativa: il titolo dell’argomento, la nozione, l’inquadramento storico, la cornice normativa, gli orientamenti culturali e della Dottrina Sociale, la nostra proposta, una bibliografia finale.

Emblematicamente, la prima di tali schede e di iniziative politiche va dedicata al tema dell’adeguamento della Costituzione, da tutti lasciato cadere dopo il fallimentare referendum del dicembre 2016. Al contrario, facendo nostra la proposta avanzata negli anni Novanta da Leopoldo Elia relativa alla modifica dell’articolo 70 cost., noi sosteniamo l’introduzione di un “bicameralismo procedurale” dei lavori delle due Camere che generi non solo lo sveltimento dei lavori parlamentari, ma anche un vero e proprio bicameralismo differenziato che indirizzi in particolare il Senato sugli ambiti indicati dall’articolo cinque cost.

Alla modifica dell’articolo 70 chiediamo di aggiungere quella degli articoli 56 e 57 per ridurre il numero dei parlamentari, e la modica degli articoli 71 e 75 per ampliare e ulteriormente  definire gli spazi della democrazia partecipativa del Paese.

Va realizzata la piattaforma internet della Rete Bianca come luogo di incontro e di confronto. E da qui, contro i pericoli di controllo dall’alto di questo genere di strumenti, che va rimessa al centro di una nuova trasparenza dei partiti e della loro vita interna l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione.

Una parola di questi anni più di altre può compendiare quei riferimenti della Costituzione, dell’Europa e della DSC che nel loro insieme ci sollecitano a definire l’idea oggi che i cattolici hanno della società, delle istituzioni e dello sviluppo. È la parola immigrazione.

Il destino degli immigrati si gioca sul tavolo della politica italiana ed europea, ma anche il destino della politica italiana e dell’Unione europea si sta giocando sul tavolo delle migrazioni. Un destino di civiltà o di inciviltà. Da come sapremo impegnarci su questo fronte noi misureremo la nostra capacità di rappresentare qualcosa di nuovo oppure no. Sturzo diceva che le vittorie non sono nostre ma dell’idea, le sconfitte sono nostre  non dell’idea.

Assumiamo la parola immigrazione come il riferimento non di un problema settoriale, ma come il dato della politica generale del Paese  per l’insieme degli aspetti sociali, economici e di diritti di cittadinanza che il fenomeno dell’immigrazione attraversa orizzontalmente richiedendo, oltre l’affanno dell’emergenza, il respiro regolare di una presenza continua e sistematica di governo sul piano interno, quello europeo, e quello dei Paesi di origine e di transito delle migrazioni.

Chiediamo che il governo italiano si qualifichi come governo del lavoro: riassuma in questa parola, il lavoro, l’intero suo programma di attività e di iniziative da confrontare quotidianamente con i cittadini. Ricordiamo l’attesa della povera gente di Giorgio La Pira. Noi ci impegniamo a ricostruire intorno al lavoro quel patto sociale tra cittadini e istituzioni, questo è il vero contratto, senza il quale non c’è la leva di una crescita reale e armoniosa della società italiana.


3 Commenti

  1. Carissimi, non sono un giovanetto avendo superato da poco i 60 anni. Però cerco di dirvi una cosa che ho a cuore dopo aver sentito Guido Bodrato ed Ermis Segatti nell’incontro torinese. Il primo metteva in guardia contro la “nostalgia”, il secondo ricordava come l’atteggiamento dei cattolici contro la politica come qualcosa di “ancora sporco moralmente” continuasse a fare danno ancora oggi. Eppure manca qualcosa ai ragionamenti che ho ascoltato e a quelli che ho letto nell’articolo del collega Sangiorgi: manca la parola RELAZIONE. In altre parole il metodo col quale si costruirà questa Rete Bianca dipende , a mio parere, molto di più dal COME la si edificherà che dai riferimenti (ineccepibili, ma comuni… almeno per me) delle fonti teoriche. Se la Rete di persone non sarà saldamente basata sulle relazioni interpersonali, quelle fisiche non quelle digitali, in modo prioritario, contante e continuativo sarà un po’ come dire che un cattolico vive la propria fede conoscendo la Dottrina della Chiesa, partecipa ai Sacramenti, ma non comunica in luoghi precisi con altri che credono come lui. So che sembra scontato, ma la sensazione forte è che la Rete Bianca sia (ancora) molto celebrale e “teoretica”. Certo non servirà (solo) fare una piattaforma internet ( … di mestiere faccio il web content manager), ma creare luoghi di incontro stabili per costruire insieme e magari “camminare insieme”.
    Un caro saluto , Franco Fratto

  2. Mi permetto di trasmettere una riflessione che sarà anche pubblicata ne “La Voce e il Tempo” di questa settimana.

    Per una rinascita popolare
    evoluzione di quella populista

    La proposta della “Rete Bianca”, ennesimo tentativo di ricomposizione dell’area cattolica sul fronte politico (ma ogni stagione si presenta con caratteri nuovi, e quindi il tentativo lo si qualifica così solo in via provvisoria, pronti a trovarvi tutti gli elementi di distinzione col passato) è appena agli inizi del suo percorso. Al momento pertanto non sarebbe corretto esprimere un qualsiasi giudizio sulla bontà e sulla percorribilità del progetto. E proprio per questo, possiamo permetterci di pensare che chiunque si professi cattolico e appassionato dalla politica ha buon diritto a dire la sua (per ora più sul “metodo” che sui “contenuti”).
    A incominciare dall’analisi delle condizioni e delle premesse.

    Le prime osservazioni (in ordine di apparizione) riguardano ovviamente la risposta alla domanda: “perché oggi?”.
    Oggi perché la forza politica che radunava anche i cattolici democratici è sceso a percentuali minime, e non promette un pronto e facile recupero nel breve e medio periodo? Se fosse questo, ci sarebbe un grave peccato di origine nella “Rete”: quello dell’abbandono della barca da parte di una quota consistente dell’equipaggio nel momento in cui scatta lo SOS. Oltre che una marcatura politica, sarebbe una marcatura di stile deleteria.
    Oggi perché la forza politica in cui confluì il Partito Popolare non ha mai dato spazio davvero alla componente cattolica, se non in termini di “premio” a qualche esponente ma impedendo lo sviluppo di una autonoma proposta e conseguente visibilità del gruppo? Si aspettava dunque il cedimento della struttura per uscirne scuotendosi la polvere dai calzari? Se fosse questo, perché non denunciare prima questa condizione e anziché servirsi di candidature sicure?
    Oggi perché chiunque rimanga dentro al Partito Democratico non potrà essere riconosciuto “proprio” dall’elettore cattolico il quale, per sua natura, sarebbe pronto a identificarsi in una aggregazione identitaria meglio che in un raggruppamento (questo determinato dai meccanismi di una legge elettorale che premia le coalizioni e dal sistema bipolare – di fatto mai metabolizzato nel Paese – più che dalla consapevolezza che si debbano cercare convergenze con altre forze in campo prima dell’espressione del voto)? Sarebbe però grave esprimere un giudizio di incoerenza verso chi svolge un prezioso compito di “mediazione” fra l’ispirazione alta e la necessità di un confronto quotidiano con altri pensieri e prassi.
    Da queste prime osservazioni una premessa importante: questa Rete Bianca deve presentare una “veste bianca”, cioè essere capace di nascere con soggettività nuove (o profondamente rinnovate) per non tirarsi dentro il già visto del partito cattolico D.O.C., dell’opportunismo tattico, della stentata rivincita culturale.

    Un secondo fronte di domande ruota intorno alla questione: qual è l’analisi di partenza che giustifica l’iniziativa? C’è qualche novità ideale, una condizione sociale ed economica, una voce da interpretare che richiedano la nascita di un nuovo soggetto? Senza la profonda condivisione di un’ispirazione che traina il “progetto”, se ne attuerebbe solamente la funzione di collettore di voti dispersi e generici. Funzionerebbe per una stagione, ma poi occorrerebbe una iniezione di adrenalina ad ogni tornata elettorale per trovare lo slogan giusto, i testimonial televisivi e Web appropriati: si rivelerebbe semplicemente un “comitato elettorale” permanente e non un laboratorio di proposte e di selezione di persone adeguate.
    Se dunque l’analisi da cui partire è importante per la chiarezza della proposta, prima di esercitarsi a dire cosa fare (e l’elenco potrebbe essere illimitato e polivalente) bisognerebbe sforzarsi di interrogarsi (su temi precisi e con un tempistiche certe) sullo “stato dell’arte” della società italiana e del mondo cattolico italiano. Proviamo a individuare i temi:
    – Società reale e società virtuale: i cattolici sono pronti a far tornare il Paese con i piedi per terra? Che ruolo hanno avuto gli esponenti della società e della cultura (compresa la cultura pop, quella delle canzoni, della TV, del Web) dichiaratamente cattolici nel determinare la semplificazione populista dei problemi? Siamo purificati dal berlusconismo nelle sue varie applicazioni?
    – I cattolici hanno una riserva speciale di energie sul fronte delle competenze e delle capacità? In che modo i loro leader affermati sul piano politico hanno fatto crescere i loro successori, hanno creato una catena di trasmissione fra società civile e istituzioni? Che stima hanno gli Italiani della Chiesa cattolica nazionale, aspetto inevitabilmente da mettere nel conto?
    – Sviluppo e lavoro, Pil e ambiente: come si traduce la visione che scaturisce dal Vangelo dentro al vorticoso sviluppo tecnologico che rivoluzione lavoro e società? Come coniugare l’esigenza di qualificazione ai massimi livelli con la domanda crescente di manovalanza alla luce non solo di una qualità della vita della persona ma anche dell’etica condivisa dai cittadini? Solidarietà è un concetto proponibile (al di là del gradimento contingente) come guida delle decisioni?
    – Italia ed Europa sono nella prospettiva di diventare periferia nel mondo della finanza e della politica internazionale? Come attrezzarsi culturalmente, come costruire le relazioni? affrontare le migrazioni di massa in termini di strategia per lo sviluppo economico e morale delle persone: è realistico pensarlo oggi? Come si declinerà il tema delle radici di fronte all’ulteriore globalizzazione/sovranismo e secolarizzazione/radicalizzazione in corso?
    – La politica è davvero il luogo delle decisioni o semplicemente il luogo della rappresentazione (teatrale) delle forze in campo? La dimensione statuale è destinata a evolvere o a scomparire? Che equilibro fra sovranità e federalismo, ad ogni livello (municipale, territoriale, nazionale, regionale)? La sussidiarietà è un criterio di governo sostenibile? La proposta politica è un contenuto o un metodo?
    Forse queste domande hanno già una risposta, senza bisogno di scervellarsi troppo. Di certo però hanno bisogno della traduzione in un “manifesto” in cui la tipicità dell’approccio cattolico potrà inserire un suo “di più”.
    Ed è proprio su questo “di più” che si dovrà trovare la vera concordanza di visione. Uno sforzo ancora, dunque, per provare a elencarne alcuni:
    – la laicità della politica: non è la necessità di preservare l’indipendenza degli ambiti, religioso e civile, ma la consapevolezza che se c’è una forza culturale e di azione che può fare a meno di ideologie, (beninteso, strumenti importanti di conoscenza e di intervento, ma sempre e comunque “a scadenza”), questa è quella dei credenti che guardano al mondo come spazio del Regno, in cui è importante agire sempre con la sola linea guida del “servire l’Uomo”, che usa gli strumenti della conoscenza e del pensiero con cuore indipendente;
    – la libertà quale condizione di partenza per la garanzia dei diritti umani e di quelli civili, che nasce e si rafforza nelle coscienze formate e aperte. Luoghi e percorsi interni al mondo cattolico devono (ri)educarsi a questa dimensione dello spirito per liberare tutte le potenzialità della fede e per dare testimonianza credibile quando si confrontano gli interessi, quando è l’ora delle scelte nella responsabilità del proprio ufficio. Consapevoli che è la Verità che rende liberi;
    – l’eguaglianza come principio ispiratore dei meccanismi che regolano la vita collettiva, con la consapevolezza che l’inerzia (altrimenti detta “il mercato”) tende allo scavo di fossati, all’accrescimento di differenze e di divisioni, al furto della dignità dei più deboli: e che pertanto occorre operare per contrastare prevaricazioni, squilibri, l’allargamento delle “forchette” economiche e sociali. Ragione di eguaglianza è la comune condizione di figliolanza divina;
    – la visione globale che è insita nello stesso nome di “cattolico”, con la valenza dunque della visione del percorso dell’intera umanità e di ciascun popolo, con l’assunzione di un ruolo attivo sul piano locale e su quello internazionale per la condivisione di conoscenze e di beni in una logica di reciprocità, attori della pacificazione e della cooperazione, rispettosi del pianeta e capaci di valorizzarne ogni risorsa nel rispetto delle generazioni future;
    – l’allenamento alla dimensione comunitaria, che fa emergere i carismi e sa amalgamarli, che educa alla pazienza del confronto e alla crescita armonica delle parti, imparando ad aspettare mentre si dà voce alle urgenze, che considera l’altro un complemento di sé e non un avversario, che sa comporre le differenze generazionali nella condivisione attiva del poco come del tanto, che non soffoca la novità e rispetta la Tradizione [un “di più” questo da considerarsi alternativo all’individualismo e all’aggressività che molti invece ritengono oggi un antidoto all’insignificanza e alla paura.]
    Scontati questi “di più”? beh, incominciamo a declinarli nel concreto.
    Pensiamoli incarnati nelle persone che si dichiarano “cattoliche”, in noi stessi.
    Lo svolgimento del percorso che porta da questo “mondo cattolico” a una sua espressione nella vita istituzionale non lo vediamo come una chiamata identitaria ma come l’umile messa a disposizione di “buone pratiche” che ciascuno ha maturato nella propria esperienza o che ha conosciuto e apprezzato.
    È un portato che ha valore in quanto cresciuto attraverso scelte magari scomode o controcorrente. Credibili in quanto derivate da uno sforzo personale di vivere radicalmente il Vangelo, e non di seguire una vaga corrente di pensieri o di appartenenze. I “cristiani radicali” sono quelli che hanno davvero una novità da portare al tavolo dell’Italia prossima ventura (e oltre).
    I cittadini di una cosa vogliono essere certi: coloro che chiederanno loro il voto e raggiungeranno la meta dovranno rendere conto degli atteggiamenti tenuti dentro e fuori le istituzioni, dovranno considerare questo consenso come un tesoro da spendere verso mete dichiarate, non svenduto per raggiungere risultati di comodo. Il tempo dell’ ”utile idiota” sembra finito, come l’elettorato espressamente manifesta in questa stagione in cui miti, promesse, ossequio della classe dirigente sono stati accantonati per badare “al sodo” della precisione degli scopi, della volontà di agire, della prossimità dell’essere oltre che del dire.
    La capacità di aggregazione della Rete Bianca, o di altre iniziative in embrione o derivate, dipenderà dalla capacità di trasparenza e di coraggio.

    Antonio R. Labanca

  3. 1. Lotta al bullismo con pene detentiva esemplari anche per minori, responsabilizzare le famiglie.
    2. Più carceri, celle singole dignitose, lavori forzati secondo le possibilità, psicologo e psichiatra, no sconti di pena.
    3. Video sorveglianza, poliziotto quartiere per la sicurezza.
    4. Lavori socialmente utili per disoccupati.
    5. Servizio civile annuale secondo le possibilità gratuito ed obbligatorio per introdurre i valori dell’ordine e della disciplina.
    6. Più presidi sanitari nel territorio con pronto soccorso di urgenza con presenza chirurgo.
    7. Detassare i locali pubblici (presidio dello Stato) nelle zone depresse, nei quartieri periferici, nelle frazioni, nelle aree isolate montane e insulari…
    8. Incentivare la diplomazia (consolati ed ambasciate) per promuovere il made in Italy che deve essere tutelato.
    9.Incentivare ricerca, sviluppo tecnologico sostenibile. Favorire chi innova, chi usa i trasporti alternativi a quello su gomma (via acqua, su rotaie…) chi limita imballaggi (ad es. reintrodurre il vuoto a rendere per bevande, conserve, e altri prodotti…), chi non evade, chi non delocalizza, chi non porta capitali all’estero, chi favorisce l’inserimento lavorativo vicino casa, chi favorisce il trasporto dipendenti, chi offre servizi alle famiglie, chi non licenzia, chi assume a tempo indeterminato. Penalizzare i trasgressori con pubblicità negativa nei mass media come pena aggiuntiva a quelle pecuniarie e detentive, premiare invece con medaglie e onorificenze pubblicizzate adeguatamente chi merita. Bene salario minimo, reddito di cittadinanza con scopo di creare lavoro, il favorire il lavoro stabile a quello precario, ora servirebbe la reintroduzione dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori (il lavoratore non deve essere lo schiavo 2.0).
    10. Sburocratizzare, ridurre il numero delle leggi, ridurre in codici le varie leggi per tema (codice civile, tributario, penale…) in modo che non ci siano più leggi e leggine contraddittorie che creano disparità tra i cittadini, prevedere uffici assistenza per comprensione leggi, potenziare scuole serali, la tv pubblica con funzione civile e culturale.
    11. Socializzare attraverso il dopolavoro (per questo favorire investimento di parte degli utili per il trasporto aziendale con i bus, per gli appartamenti per i lavoratori, per creare asili per i figli e centri diurni per genitori dei lavoratori), avere cura dell’ambiente prevedendo i buoni trasporto sulla falsa riga dei buoni pasto.
    12. Tempo pieno a scuola, no compiti a casa, divisa scolastica di stato per non creare disuguaglianze, olimpiadi della cultura, videosorveglianza, sanzioni scolastiche a chi si comporta male, rispetto per il ruolo di insegnante, prevedere psicologo – psichiatra e poliziotto, stage lavoro mensile durante le ferie, stage linguistico mensile all’estero per la formazione dello studente, colonia marittima (15 giorni) e montana (15 giorni) per la salute dello studente.
    Materie obbligatorie per ogni scuola:
    A. Risparmio energetico
    B. Economia domestica
    C. Filosofia
    D. Lettura critica giornali
    E. Sviluppo creativo ed artistico
    F. Cinema
    G. Informazione su dipendenze
    H. Educazione fisica (nuoto, giochi di squadra)
    I. Educazione sessuale
    L. Educazione tecnica (cucina, orto, cucito…)
    M. Oratoria
    N. Educazione musicale
    O. Scacchi
    P. Educazione alla legalità
    Q. Educazione civica
    R. Religione
    S. Uso internet
    T. Teatro
    U. Etimologia
    V. Orientamento
    Z. Tradizioni, storia, usi e consuetudini locali.
    La scuola deve essere educativa (recuperare i valori del passato, educare alla legalità e al rispetto verso gli altri, specialmente i più deboli) più che istruttiva e professionale, si deve formare infatti il cittadino di domani, per far questo l’educazione civica e il voto di condotta devono diventare le discriminanti per la promozione o bocciatura dell’anno scolastico. Si deve preferire il lavoro di squadra all’agonismo, all’invidia, all’individualismo, al personalismo e all’antagonismo.
    13. Basta con le unioni dei comuni che creano perdita di identità culturale, quartieri dormitori con rischio criminalità, meno socialità visto che diminuiscono le opportunità di stare insieme, colline abbandonate con rischio frane.
    14. Responsabilizzare i politici al fine di ridurre gli sprechi e gli abusi, basta alle caste che con i loro privilegi creano disuguaglianze. La democrazia deve essere il giusto equilibrio tra libertà e uguaglianza.
    15. La tv pubblica deve presentare programmi con finalità educative per i nostri giovani, deve inoltre promuovere la politica attraverso l’esaltazione dei valori dell’informazione e della partecipazione, le scelte politiche devono essere il più possibile condivise.
    16. Il nostro Paese può diventare centro di attrazione turistico grazie al patrimonio storico, architettonico, paesaggistico. Si potrebbe anche potenziare l’agricoltura (i prodotti italiani utili per la nostra salute devono essere pubblicizzati…) e l’industria di trasformazione ad essa collegata. L’ambiente, la qualità della vita e il turismo (con strade pulite, chiese e musei aperti, gente cortese, guide esperte e preparate… ) possono diventare, se valorizzati, il nostro futuro potenziale.
    N. B. : i tagli, a mio parere, non devono mai toccare la sanità e quindi la salute, inoltre lo Stato deve sempre aiutare il cittadino dalla culla alla tomba. L’art. 3 della Costituzione italiana afferma che tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1). Lo Stato rimuove gli ostacoli che di fatto limitano l’eguaglianza e quindi gli individui di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico, sociale e culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2).

    Bressan Gianni
    Via monteferro 34 /a
    36060 Colceresa (vi)

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