Precondizioni per un “fronte repubblicano”



Giorgio Merlo    22 Maggio 2018       0

Marco Follini, e con lui molti altri, hanno radicalmente ragione. Per arginare nel nostro Paese la deriva populista e sovranista – apparentemente imbattibile, e forse per alcuni anni sarà effettivamente così – va ricreato un fronte repubblicano. Purché sia serio, coerente, robusto culturalmente e che non sia vittima della "dittatura del presente". Ma, aggiungono giustamente Follini e tutti coloro che autorevolmente condividono questa tesi, vanno riscoperte e riattualizzate anche quelle culture politiche, riformiste e costituzionali, che hanno fondato e accompagnato il cammino della nostra democrazia. Partendo proprio dalla cultura popolare, dalla cultura socialista e dalla cultura liberale, che non possono essere evaporate perché tutti si devono sacrificare sull'altare del populismo demagogico e qualunquista che caratterizza settori sempre più ampi della pubblica opinione italiana.

Forse è arrivato il momento, soprattutto dopo il verdetto del 4 marzo, di cambiare passo. Ma il tutto si può fare se avvengono almeno due condizioni.

Innanzitutto occorre piantarla con i "partiti plurali". Parlo, com'è ovvio, del PD. Insomma, tutti sanno che l'esperienza del Partito Democratico come progetto politico, come mission culturale e come prospettiva di governo è fallita. Del PD veltroniano ormai non c'è più nulla. Dalla "vocazione maggioritaria" al "partito plurale" tutto è fallito. Lo sanno e lo dicono quasi tutti. Ma adesso se ne deve prendere atto. Lo squallore che ha caratterizzato l'ultima Assemblea Nazionale del partito è ancora sotto gli occhi di tutti. Un'assemblea che viene convocata alla vigilia della formazione del primo governo sovranista/populista nella storia democratica del nostro Paese con un solo punto all'ordine del giorno e che viene puntualmente rinviato causa le solite beghe interne di potere legate solo ed esclusivamente agli organigrammi. Uno squallore che non merita ulteriori commenti se non per formulare una domanda semplice: e questa dovrebbe essere l'alternativa politica, culturale, sociale e programmatica all'accordo tra la Lega e i 5 Stelle? Non vorrei citare il grande Totò ma quasi si è obbligati: "Ma mi faccia il piacere...".

La seconda considerazione è la necessità che le culture citate dallo stesso Follini e da molti altri, cioè quella popolare, quella socialista e quella liberale, si attrezzino e scendano nuovamente in campo. Non per farsi catturare dalla nostalgia o per essere vittima inconsapevole del richiamo della memoria storica ma, al contrario, per la semplice ragione che senza una ripresa della soggettualità politica di queste culture il tutto rischia di essere demandato al nulla. Cioè all'improvvisazione di un pifferaio di turno o alla mera casualità degli accadimenti.

Ecco perché adesso serve un rigoroso recupero della politica e dei suoi strumenti tradizionali e costituzionali. A cominciare dal ritorno delle culture politiche e dei partiti popolari e di massa. Ma il tutto è possibile se si dismettono gli abiti dell’ipocrisia e della falsa modernità. E cioè, i partiti plurali, l'uomo solo al comando, le ricette basate sui sondaggi e la guida politica priva di qualsiasi riferimento culturale. Tutto ciò è semplicemente incompatibile con il ritorno della politica.


Il primo dei commenti

Lascia un commento

La Tua email non sarà pubblicata.


*