Una bella riflessione sulla fragilità del nostro tempo complesso, esposto alla superficialità e alla furbizia di chi ritiene di avere le soluzioni in tasca, che abbiamo tratto dal sito www.linkiesta.it.
Buona lettura.
Se è vero che a Roma sono arrivati i barbari – come ha scritto in settimana il “Financial Times” – è vero anche che 17 milioni di barbari li hanno invitati, spedendogli un invito tramite scheda elettorale lo scorso 4 marzo. Esattamente come, in buona parte dell’Occidente, altre decine di milioni di barbari hanno affidato ad altri condottieri improbabili – capitanati da un certo Donald Trump – la gestione della cosa pubblica, senza essere minimamente turbati né dalla rozzezza della forma né dalla radicalità della sostanza.
Continuare a scandalizzarsi come cicisbei serve a poco, se non a ribadire per l’ennesima volta la totale marginalità del ruolo giocato oggi dall’informazione mainstream. Più utile sarebbe cominciare a chiedersi come mai, ad ogni latitudine e a prescindere da ogni circostanza locale, nel secondo decennio del Ventunesimo Secolo la gente abbia preso ad andare a votare con lo spirito dei dirottatori degli aerei e l’unico minimo comune denominatore ideologico sembra la volontà di scatenare, ogni volta, un’ondata di caos.
Un buon modo per cominciare, per esempio, è chiedersi che cosa abbiano in comune gli elettori del costruttore newyorkese Donald Trump con quelli di Giggino Di Maio da Pomigliano. E basta un rapido giro sui social per capire che a tenerli insieme c’è un evidente paradosso: in un mondo dove si spediscono auto elettriche su Marte che si guidano da sole e i problemi, a prescindere dalla tematica, non sono mai stati così complessi, “i barbari” pensano che le soluzioni siano semplici, talmente semplici da poter essere espresse e condivise in un paio di commenti su Facebook.
Il welfare è alle corde perché gli Stati nazionali hanno finito i soldi? Nella Silicon Valley, ogni giorno, i cervelli migliori del pianeta ragionano su come buttare fuori dal mercato del lavoro un’intera categoria professionale? E che problema c’è? Basta gridare “reddito di cittadinanza!” o “make America great again” e passa la paura, almeno fino alla prossima tornata elettorale. È in atto un’ondata migratoria senza precedenti, conseguenza del modello di sviluppo asimmetrico messo in atto dal capitalismo negli ultimi due secoli? Basta un “Ruspaaa!”, magari usata per tirare su un bel muro al confine con il Messico, e si mettono le cose a posto.
Allargando il campo, si osserva come questo fenomeno non riguardi solo l’arena della propaganda politica ma ogni settore del pubblico dibattito. Qualunque sia la problematica, non importa se frivola o serissima, buona parte del caro vecchio CMR (Ceto Medio Riflessivo) si è trasformato in un esercito di terribili UCLS (Uomini Con La Soluzione) che non mancano di esprimerla ad ogni pausa pranzo, spiattellandola sul social di riferimento avendo cura a non far cadere le briciole del panino sulla tastiera.
Si pensi, per esempio, alle mamme anti-vaccini, che pur non avendo alcuna competenza scientifica si inerpicano quotidianamente in appassionati j’accuse contro i misfatti delle multinazionali farmaceutiche. O a quelli che, sempre più spesso, rifiutano le cure offerte dalla medicina tradizionale per buttarsi tra le braccia di guru e paraguru che asseriscono di curare il cancro coi centrifugati di verdura.
Citare tabelle, dati o pareri di esperti autorevoli è completamente inutile e spesso genera effetti contrari: non c’è nulla come la figura del “professorone” per mandare fuori di testa un UCLS che si rispetti. Si perché, rifiutando ogni criterio di competenza, l’UCLS è convinto di giocarsela alla pari con chiunque su qualsiasi tema, sia che parli col suo portinaio del rigore dubbio per la Juve sia che discuta di robotica con Elon Musk.
Sono questi gli effetti, anch’essi paradossali, dell’età dei social e di Wikipedia. La disponibilità immediata di informazioni a vantaggio di chiunque non ha portato, come si credeva, a un generale accrescimento della cultura e della capacità critica. Al contrario, da un lato – grazie al meccanismo delle bolle – ha favorito il conformismo e la chiusura intellettuale, dall’altro ha reso disponibile non una conoscenza diffusa ma una nociva infarinatura un tanto al kilo, generatrice di quel celebre fraintendimento noto in psicologia come Dunning-Kruger effect: meno hai conoscenze specifiche su una materia, più sopravvaluti le tue competenze, perché non ti rendi conto di quanto, in realtà, è complessa tale materia. In altre parole: credi che i problemi siano facili, che a complicarli siano i “professoroni” sulla base di chissà quali oscuri interessi e, di conseguenza, che le soluzioni sarebbero lì, a portata di mano, se solo lo si volesse davvero.
Sono questi gli effetti, anch’essi paradossali, dell’età dei social e di Wikipedia. La disponibilità immediata di informazioni a vantaggio di chiunque non ha portato, come si credeva, a un generale accrescimento della cultura e della capacità critica. Al contrario, ha favorito il conformismo e la chiusura intellettuale e ha reso disponibile non una conoscenza diffusa ma una nociva infarinatura un tanto al kilo
Può sembrare un fenomeno innaturale ma si tratta invece di un comportamento comprensibilissimo. Il particolarismo esasperato del mondo moderno, che finisce per non avere, al suo interno, più nulla di umano, produce negli individui un senso di impotenza, un sentimento di emarginazione, ed è logico che in molti non vedano l’ora di gettarsi al seguito di pifferai capaci di rassicurarli, di dire loro che è stato solo un brutto sogno e che presto le cose torneranno come prima, con il posto fisso garantito, la pensione alta, l’immigrato a casa e al juke box Gianni Morandi che si fa mandare dalla mamma.
Il problema – e qui sta la tragedia – è che questi pifferai, in ogni ambito, non sono mai “neutri” ma hanno i loro interessi, proprio come quei professoroni che gli eserciti mondiali di UCLS odiano. La pseudo-ricerca scientifica riportata dal sito web fighetto secondo cui l’avocado protegge dal cancro serve a gonfiare il prezzo dell’avocado stesso, e ad alimentare un’economia di cibo fighetto il cui effetto collaterale – ben lungi dal proteggere dal cancro – è distruggere le economie dei Paesi in via di sviluppo (contribuendo a peggiorare i problemi che determinano le migrazioni di massa). Proprio come il paraguru che lancia anatemi contro la chemioterapia e poi chiede qualche centinaio di euro per una boccetta di “miracolosa” acqua fresca, o il conferenziere terrapiattista che vende il suo libro di farneticazioni sul banchetto all’uscita.
Del resto, basta guardare la nomenclatura appuntata da Donald Trump, o i nomi dei ministri che Di Maio inoltrò via email a Mattarella prima delle elezioni, così come quelli circolati per guidare il nascente governo giallo- verde. Nel primo caso, un ammasso di burocrati di seconda fila comandati da un paio di anziani generali; nel secondo, un governo Monti comprato alla Lidl. Pensare che siano questi coloro che scardineranno “le élites” per fare esclusivamente gli interessi di quegli “ultimi” tra i quali hanno fatto il pieno di voti è chiaramente una pia illusione, a cui però tutti gli UCLS sono cascati. A cambiare veramente, insomma, è la disponibilità della “generazione Wikipedia” a farsi strumentalizzare, e a non vedere l’ora di correre dietro al prossimo pifferaio: più sporco, più rozzo, più terra-terra del precedente.
Peccato che prima o poi arriverà il momento della definitiva disillusione, della presa di coscienza che nessun pifferaio potrà guarirci il cancro con l’avocado o farci andare indietro nel tempo a quando si era tutti più great e soprattutto più giovani.
Nella nostra Hamelin, il Novecento non tornerà mai più. Più che rabbia, c’è da aver paura a pensare cosa potrà accadere allora.
Buona lettura.
Se è vero che a Roma sono arrivati i barbari – come ha scritto in settimana il “Financial Times” – è vero anche che 17 milioni di barbari li hanno invitati, spedendogli un invito tramite scheda elettorale lo scorso 4 marzo. Esattamente come, in buona parte dell’Occidente, altre decine di milioni di barbari hanno affidato ad altri condottieri improbabili – capitanati da un certo Donald Trump – la gestione della cosa pubblica, senza essere minimamente turbati né dalla rozzezza della forma né dalla radicalità della sostanza.
Continuare a scandalizzarsi come cicisbei serve a poco, se non a ribadire per l’ennesima volta la totale marginalità del ruolo giocato oggi dall’informazione mainstream. Più utile sarebbe cominciare a chiedersi come mai, ad ogni latitudine e a prescindere da ogni circostanza locale, nel secondo decennio del Ventunesimo Secolo la gente abbia preso ad andare a votare con lo spirito dei dirottatori degli aerei e l’unico minimo comune denominatore ideologico sembra la volontà di scatenare, ogni volta, un’ondata di caos.
Un buon modo per cominciare, per esempio, è chiedersi che cosa abbiano in comune gli elettori del costruttore newyorkese Donald Trump con quelli di Giggino Di Maio da Pomigliano. E basta un rapido giro sui social per capire che a tenerli insieme c’è un evidente paradosso: in un mondo dove si spediscono auto elettriche su Marte che si guidano da sole e i problemi, a prescindere dalla tematica, non sono mai stati così complessi, “i barbari” pensano che le soluzioni siano semplici, talmente semplici da poter essere espresse e condivise in un paio di commenti su Facebook.
Il welfare è alle corde perché gli Stati nazionali hanno finito i soldi? Nella Silicon Valley, ogni giorno, i cervelli migliori del pianeta ragionano su come buttare fuori dal mercato del lavoro un’intera categoria professionale? E che problema c’è? Basta gridare “reddito di cittadinanza!” o “make America great again” e passa la paura, almeno fino alla prossima tornata elettorale. È in atto un’ondata migratoria senza precedenti, conseguenza del modello di sviluppo asimmetrico messo in atto dal capitalismo negli ultimi due secoli? Basta un “Ruspaaa!”, magari usata per tirare su un bel muro al confine con il Messico, e si mettono le cose a posto.
Allargando il campo, si osserva come questo fenomeno non riguardi solo l’arena della propaganda politica ma ogni settore del pubblico dibattito. Qualunque sia la problematica, non importa se frivola o serissima, buona parte del caro vecchio CMR (Ceto Medio Riflessivo) si è trasformato in un esercito di terribili UCLS (Uomini Con La Soluzione) che non mancano di esprimerla ad ogni pausa pranzo, spiattellandola sul social di riferimento avendo cura a non far cadere le briciole del panino sulla tastiera.
Si pensi, per esempio, alle mamme anti-vaccini, che pur non avendo alcuna competenza scientifica si inerpicano quotidianamente in appassionati j’accuse contro i misfatti delle multinazionali farmaceutiche. O a quelli che, sempre più spesso, rifiutano le cure offerte dalla medicina tradizionale per buttarsi tra le braccia di guru e paraguru che asseriscono di curare il cancro coi centrifugati di verdura.
Citare tabelle, dati o pareri di esperti autorevoli è completamente inutile e spesso genera effetti contrari: non c’è nulla come la figura del “professorone” per mandare fuori di testa un UCLS che si rispetti. Si perché, rifiutando ogni criterio di competenza, l’UCLS è convinto di giocarsela alla pari con chiunque su qualsiasi tema, sia che parli col suo portinaio del rigore dubbio per la Juve sia che discuta di robotica con Elon Musk.
Sono questi gli effetti, anch’essi paradossali, dell’età dei social e di Wikipedia. La disponibilità immediata di informazioni a vantaggio di chiunque non ha portato, come si credeva, a un generale accrescimento della cultura e della capacità critica. Al contrario, da un lato – grazie al meccanismo delle bolle – ha favorito il conformismo e la chiusura intellettuale, dall’altro ha reso disponibile non una conoscenza diffusa ma una nociva infarinatura un tanto al kilo, generatrice di quel celebre fraintendimento noto in psicologia come Dunning-Kruger effect: meno hai conoscenze specifiche su una materia, più sopravvaluti le tue competenze, perché non ti rendi conto di quanto, in realtà, è complessa tale materia. In altre parole: credi che i problemi siano facili, che a complicarli siano i “professoroni” sulla base di chissà quali oscuri interessi e, di conseguenza, che le soluzioni sarebbero lì, a portata di mano, se solo lo si volesse davvero.
Sono questi gli effetti, anch’essi paradossali, dell’età dei social e di Wikipedia. La disponibilità immediata di informazioni a vantaggio di chiunque non ha portato, come si credeva, a un generale accrescimento della cultura e della capacità critica. Al contrario, ha favorito il conformismo e la chiusura intellettuale e ha reso disponibile non una conoscenza diffusa ma una nociva infarinatura un tanto al kilo
Può sembrare un fenomeno innaturale ma si tratta invece di un comportamento comprensibilissimo. Il particolarismo esasperato del mondo moderno, che finisce per non avere, al suo interno, più nulla di umano, produce negli individui un senso di impotenza, un sentimento di emarginazione, ed è logico che in molti non vedano l’ora di gettarsi al seguito di pifferai capaci di rassicurarli, di dire loro che è stato solo un brutto sogno e che presto le cose torneranno come prima, con il posto fisso garantito, la pensione alta, l’immigrato a casa e al juke box Gianni Morandi che si fa mandare dalla mamma.
Il problema – e qui sta la tragedia – è che questi pifferai, in ogni ambito, non sono mai “neutri” ma hanno i loro interessi, proprio come quei professoroni che gli eserciti mondiali di UCLS odiano. La pseudo-ricerca scientifica riportata dal sito web fighetto secondo cui l’avocado protegge dal cancro serve a gonfiare il prezzo dell’avocado stesso, e ad alimentare un’economia di cibo fighetto il cui effetto collaterale – ben lungi dal proteggere dal cancro – è distruggere le economie dei Paesi in via di sviluppo (contribuendo a peggiorare i problemi che determinano le migrazioni di massa). Proprio come il paraguru che lancia anatemi contro la chemioterapia e poi chiede qualche centinaio di euro per una boccetta di “miracolosa” acqua fresca, o il conferenziere terrapiattista che vende il suo libro di farneticazioni sul banchetto all’uscita.
Del resto, basta guardare la nomenclatura appuntata da Donald Trump, o i nomi dei ministri che Di Maio inoltrò via email a Mattarella prima delle elezioni, così come quelli circolati per guidare il nascente governo giallo- verde. Nel primo caso, un ammasso di burocrati di seconda fila comandati da un paio di anziani generali; nel secondo, un governo Monti comprato alla Lidl. Pensare che siano questi coloro che scardineranno “le élites” per fare esclusivamente gli interessi di quegli “ultimi” tra i quali hanno fatto il pieno di voti è chiaramente una pia illusione, a cui però tutti gli UCLS sono cascati. A cambiare veramente, insomma, è la disponibilità della “generazione Wikipedia” a farsi strumentalizzare, e a non vedere l’ora di correre dietro al prossimo pifferaio: più sporco, più rozzo, più terra-terra del precedente.
Peccato che prima o poi arriverà il momento della definitiva disillusione, della presa di coscienza che nessun pifferaio potrà guarirci il cancro con l’avocado o farci andare indietro nel tempo a quando si era tutti più great e soprattutto più giovani.
Nella nostra Hamelin, il Novecento non tornerà mai più. Più che rabbia, c’è da aver paura a pensare cosa potrà accadere allora.
Una domenica mattina, per caso, dopo altre volte, volutamente, ascoltai sul primo canale Rai, l’intervento del signor Gianni Ippoliti, che munito di parecchi settimanali di gossip, commentava gli articoli più “interessanti”. Credo che gli argomenti, gli articoli trattati su questi periodici siano lo specchio della cultura di buona parte del popolo italiano. Quindi, di conseguenza, non mi stupisco di certi risultati elettorali.