In difesa degli indios brasiliani



Redazione    1 Maggio 2018       0

Su “La voce e il tempo” del 22 aprile scorso Enzo Tuscano ha denunciato in un articolo intitolato Brasile, il genocidio degli indios la nuova persecuzione delle popolazioni indigene che vedono i territori della foresta amazzonica da loro abitati trasformarsi progressivamente sotto la spinta dello “sviluppo”: dietro questa parola si nascondono i grandi interessi economici delle elite economiche e politiche brasiliane.

Quando, nel 1500, Pedro Cabral arrivò sulle coste del Brasile, gli abitanti indigeni erano almeno 5 milioni. Oggi in Brasile sopravvivono allo sterminio dei conquistatori circa 770 mila indios, appartenenti a 215 popoli, con 180 lingue diverse.

La recente relazione del Cimi (Consiglio missionario indigeno) ha evidenziato come solo nel 2016 siano stati assassinati 118 indigeni; 735 bambini, con meno di cinque anni, sono deceduti per violenze, malattie e malnutrizione; 106 giovani indios hanno scelto il suicidio, fenomeno estraneo alla cultura indigena, ma indice di vera disperazione. Nel contempo, nel solo 2015, la deforestazione ha spogliato intorno a 5.800 kmq di foresta equatoriale.

Secondo le élite politiche locali, le terre indigene sono il principale ostacolo al progresso economico e motivano l'occupazione delle terre indigene con il falso argomento che è concessa “troppa terra per pochi Indios” dimenticando che gli indigeni richiedono foresta e savana per le attività di caccia e pesca attività che garantiscono la tutela ambiente. La costituzione brasiliana del 1988 aveva ribadito il diritto degli indios all'uso esclusivo del territorio dove sono stati ridotti ad abitare ponendo il limite del 1993 per realizzare il progetto di demarcazione. Ma ciò non è accaduto e l'invasione continua.

Una nota della Conferenza episcopale brasiliana definisce deplorevole, depredatrice e devastante per i territori la politica brasiliana sulla questione indigena. Quello eletto nel 2014 è il Parlamento più conservatore dai tempi del golpe del 1964: la “lobby della pallottola”, costituita da militari e poliziotti che propongono la difesa armata individuale ha avuto un aumento del 30%; quella degli industriali può contare su 190 membri, mentre i latifondisti sono cresciuti del 33%, raggiungendo la maggioranza assoluta con 257 parlamentari. La democrazia brasiliana è stata sequestrata dalle imprese: le 10 maggiori finanziano il 70% del Parlamento. Ecco perché il Governo Temer ha previsto la realizzazione di cento centrali idroelettriche, con conseguente distruzione della foresta; ha autorizzato l'estrazione mineraria anche all'interno delle aree indigene demarcate; ha bloccato tutte le richieste di demarcazione delle terre indigene tradizionali. Non cessano i tentativi di aggressione contro i gruppi indigeni che fino ad ora sono rimasti al riparo della foresta, mentre vengono uccisi coloro che li difendono.

La foresta amazzonica rappresenta un polmone vitale per il pianeta, ma la sua distruzione continua con le solite motivazioni dello sviluppo economico. La vita delle popolazioni indigene è un valore in se stesso, la cui difesa dovrebbe mobilitarci.

Lo si faccia almeno per il nostro interesse visto che queste popolazioni difendendo se stesse e il proprio modo di vita tutelano anche un bene prezioso per tutti i popoli del mondo.


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