Stallo, per indicare una fase di immobilismo, è un temine che viene dagli scacchi. Si trova in stallo il re che non è attaccato, ma che non può muoversi in nessuna delle case adiacenti perché finirebbe sotto scacco. Nel gioco, se uno dei due colori ha a disposizione solo mosse che esporrebbero il re ad uno scacco, c'è lo stallo, e la partita finisce patta, cioè pari.
Nella politica italiana siamo in questa situazione. Salvini propone a Di Maio di fare un governo insieme a tutta la coalizione di centrodestra. Ma i 5 Stelle non possono accettare di mischiarsi con Forza Italia, il partito di Berlusconi, "il male assoluto" (copyright Di Battista). Se lo facessero, alla prossima tornata dimezzerebbero i voti.
Di Maio propone invece a Salvini un governo tra loro due soli, con un programma ("un contratto") concordato. Ma Salvini non può rinunciare a rappresentare tutto il centrodestra, cioè il 37% dei voti, per ritrovarsi con il suo 17% a fare da socio di minoranza ai 5 Stelle. Rinunciando a raccogliere la futura eredità di voti conservatori dell'ottantenne Cavaliere.
Di Maio allora si rivolge al PD per formare un governo insieme, anche qui con un "contratto" sul modello tedesco (vedi la Merkel con i socialdemocratici). Ma Renzi ha scommesso sul nulla di fatto, perché spera di rivalutarsi alla luce del fallimento altrui. Così, malgrado alcune voci in parte dissenzienti (Franceschini, Orlando, Emiliano), i democratici si autocondannano all'immobilismo.
Ci sarebbe ancora la possibilità teorica di un governo centrodestra-PD, ma in pratica reso impossibile dagli italiani, che hanno sonoramente bocciato sia Renzi sia Berlusconi, i due perni del vagheggiato "partito della nazione". Il gran risultato di Salvini ("Mai con il PD", ha sentenziato) rende questa ipotesi di governo meno che remota.
E allora?
Negli scacchi, arrivato lo stallo, finisce la partita e se ne gioca un'altra. Anche in politica si può giocare una nuova partita elettorale. A meno che Mattarella non trovi una soluzione con tutti, o quasi, in maggioranza. Difficile che riesca la Casellati a trovare la quadra per un governo istituzionale, ma qualche possibilità va invece data al pentastellato Fico, presidente della Camera. Dopo tutto, il Presidente della Repubblica sa di poter contare su un forte elemento: la voglia di fare il parlamentare di coloro che sono stati nominati (eletti, pochi…) da appena un mese e non vogliono tornarsene già a casa.
Nella politica italiana siamo in questa situazione. Salvini propone a Di Maio di fare un governo insieme a tutta la coalizione di centrodestra. Ma i 5 Stelle non possono accettare di mischiarsi con Forza Italia, il partito di Berlusconi, "il male assoluto" (copyright Di Battista). Se lo facessero, alla prossima tornata dimezzerebbero i voti.
Di Maio propone invece a Salvini un governo tra loro due soli, con un programma ("un contratto") concordato. Ma Salvini non può rinunciare a rappresentare tutto il centrodestra, cioè il 37% dei voti, per ritrovarsi con il suo 17% a fare da socio di minoranza ai 5 Stelle. Rinunciando a raccogliere la futura eredità di voti conservatori dell'ottantenne Cavaliere.
Di Maio allora si rivolge al PD per formare un governo insieme, anche qui con un "contratto" sul modello tedesco (vedi la Merkel con i socialdemocratici). Ma Renzi ha scommesso sul nulla di fatto, perché spera di rivalutarsi alla luce del fallimento altrui. Così, malgrado alcune voci in parte dissenzienti (Franceschini, Orlando, Emiliano), i democratici si autocondannano all'immobilismo.
Ci sarebbe ancora la possibilità teorica di un governo centrodestra-PD, ma in pratica reso impossibile dagli italiani, che hanno sonoramente bocciato sia Renzi sia Berlusconi, i due perni del vagheggiato "partito della nazione". Il gran risultato di Salvini ("Mai con il PD", ha sentenziato) rende questa ipotesi di governo meno che remota.
E allora?
Negli scacchi, arrivato lo stallo, finisce la partita e se ne gioca un'altra. Anche in politica si può giocare una nuova partita elettorale. A meno che Mattarella non trovi una soluzione con tutti, o quasi, in maggioranza. Difficile che riesca la Casellati a trovare la quadra per un governo istituzionale, ma qualche possibilità va invece data al pentastellato Fico, presidente della Camera. Dopo tutto, il Presidente della Repubblica sa di poter contare su un forte elemento: la voglia di fare il parlamentare di coloro che sono stati nominati (eletti, pochi…) da appena un mese e non vogliono tornarsene già a casa.
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