La recente inchiesta/denuncia di Famiglia Cristiana sulla "irrilevanza politica dei cattolici" durante e dopo il voto del 4 marzo non deve passare sotto silenzio.
Accanto a questa oggettiva riflessione, molti commentatori delle cose politiche italiane rilevano che le urne hanno anche trasmesso un altro segnale, altrettanto grave: la sostanziale scomparsa del "centro" dalla contesa politica nel nostro Paese. E anche senza legare i "cattolici" con il "centro", una coppia simbolica per molti anni presente nello scenario pubblico del nostro Paese, sono due "mondi" di fatto evaporati alle ultime elezioni.
Ora, per fermarsi ai cattolici, non possiamo che condividere la constatazione dello storico organo dei Paolini. E cioè, i cattolici – o meglio gli esponenti dell'associazionismo di base del mondo cattolico italiano – sono assenti dal Parlamento. Ma non possiamo fermarci agli esponenti più rappresentativi di questo mondo perché dalle aule parlamentari sono anche assenti le figure di spicco di questa corrente culturale ed ideale. E i pochissimi ancora presenti sono ridotti, con singole eccezioni, ad essere espressione della "nomina" dei rispettivi capi partito e a questi rispondono. Fa eccezione, novità del momento, il PD perché Renzi dopo aver compilato le liste è stato invitato a dimettersi per l'uragano che ha investito il partito dopo aver perso una quantità di voti inimmaginabile sino a qualche settimana fa. Ma quello che conta è che, forse per la prima volta nella nostra storia democratica, una delle culture fondanti la nostra democrazia e la nostra Costituzione, non trova cittadinanza nel Parlamento italiano.
Ecco perché, di fronte ad uno scenario del genere, si impone una semplice ma decisiva domanda: ci si deve rassegnare definitivamente a questa irrilevanza politica, culturale e programmatica in virtù di una maldestra modernità politologica oppure ci sono ancora delle munizioni ideali e organizzative capaci di invertire la rotta senza attendere tempi biblici? È solo dalla risposta che noi capiremo se la tradizione del cattolicesimo politico e sociale potrà ancora giocare un ruolo da protagonista nella realtà italiana.
Ed è perfettamente inutile pensare che questo protagonismo politico avvenga per gentile concessione dei cartelli elettorali, ossia degli attuali partiti. Se nessuno pensa, per il momento, di dar vita ad un movimento politico che recuperi quella tradizione in chiave innovativa e contemporanea, è pur vero che la denuncia/inchiesta di Famiglia Cristiana non la si affronta e soprattutto non la si risolve con le armi della contemplazione e della riflessione accademica.
Servono altri ingredienti. Quelli tradizionali, perché non c'è nulla da inventare o da escogitare a tavolino: elaborazione culturale, assunzione di responsabilità, classe dirigente, rigore morale e soprattutto un progetto politico da mettere in campo. Se tutto ciò non capita e ci si limita a descrivere solo ciò che non va e ciò che si dovrebbe fare, non potremmo poi lamentarci se la presenza politica dei cattolici italiani è un fatto che riguarda solo la storia del nostro Paese, da consegnare agli studiosi e agli amanti del passato. Un vuoto, quindi, che adesso va riempito.
E per centrare questo obiettivo, che sarà lungo e complesso, serve però l'apporto di tanti. Dall'associazionismo cattolico di base, nelle sue varie e multiformi espressioni, alla vitalità del laicato cattolico, dai "maestri" del passato a tutti coloro che mal sopportano questa situazione anomala nei vari partiti e schieramenti, dai pochi intellettuali e uomini di cultura alle moltissime persone che si sentono "orfane" in questo contesto storico. Serve, cioè, uno scatto d'ala di questi mondi vitali capace di portare un contributo di rinnovamento, di cultura e di freschezza a uno stanco e ripetitivo dibattito politico. Sempre più arido, sempre più demagogico e sempre più proteso alla sola occupazione del potere, a prescindere da valori e principi che, seppur con alterne vicende, hanno comunque accompagnato la crescita e il consolidamento della democrazia nel nostro Paese.
Accanto a questa oggettiva riflessione, molti commentatori delle cose politiche italiane rilevano che le urne hanno anche trasmesso un altro segnale, altrettanto grave: la sostanziale scomparsa del "centro" dalla contesa politica nel nostro Paese. E anche senza legare i "cattolici" con il "centro", una coppia simbolica per molti anni presente nello scenario pubblico del nostro Paese, sono due "mondi" di fatto evaporati alle ultime elezioni.
Ora, per fermarsi ai cattolici, non possiamo che condividere la constatazione dello storico organo dei Paolini. E cioè, i cattolici – o meglio gli esponenti dell'associazionismo di base del mondo cattolico italiano – sono assenti dal Parlamento. Ma non possiamo fermarci agli esponenti più rappresentativi di questo mondo perché dalle aule parlamentari sono anche assenti le figure di spicco di questa corrente culturale ed ideale. E i pochissimi ancora presenti sono ridotti, con singole eccezioni, ad essere espressione della "nomina" dei rispettivi capi partito e a questi rispondono. Fa eccezione, novità del momento, il PD perché Renzi dopo aver compilato le liste è stato invitato a dimettersi per l'uragano che ha investito il partito dopo aver perso una quantità di voti inimmaginabile sino a qualche settimana fa. Ma quello che conta è che, forse per la prima volta nella nostra storia democratica, una delle culture fondanti la nostra democrazia e la nostra Costituzione, non trova cittadinanza nel Parlamento italiano.
Ecco perché, di fronte ad uno scenario del genere, si impone una semplice ma decisiva domanda: ci si deve rassegnare definitivamente a questa irrilevanza politica, culturale e programmatica in virtù di una maldestra modernità politologica oppure ci sono ancora delle munizioni ideali e organizzative capaci di invertire la rotta senza attendere tempi biblici? È solo dalla risposta che noi capiremo se la tradizione del cattolicesimo politico e sociale potrà ancora giocare un ruolo da protagonista nella realtà italiana.
Ed è perfettamente inutile pensare che questo protagonismo politico avvenga per gentile concessione dei cartelli elettorali, ossia degli attuali partiti. Se nessuno pensa, per il momento, di dar vita ad un movimento politico che recuperi quella tradizione in chiave innovativa e contemporanea, è pur vero che la denuncia/inchiesta di Famiglia Cristiana non la si affronta e soprattutto non la si risolve con le armi della contemplazione e della riflessione accademica.
Servono altri ingredienti. Quelli tradizionali, perché non c'è nulla da inventare o da escogitare a tavolino: elaborazione culturale, assunzione di responsabilità, classe dirigente, rigore morale e soprattutto un progetto politico da mettere in campo. Se tutto ciò non capita e ci si limita a descrivere solo ciò che non va e ciò che si dovrebbe fare, non potremmo poi lamentarci se la presenza politica dei cattolici italiani è un fatto che riguarda solo la storia del nostro Paese, da consegnare agli studiosi e agli amanti del passato. Un vuoto, quindi, che adesso va riempito.
E per centrare questo obiettivo, che sarà lungo e complesso, serve però l'apporto di tanti. Dall'associazionismo cattolico di base, nelle sue varie e multiformi espressioni, alla vitalità del laicato cattolico, dai "maestri" del passato a tutti coloro che mal sopportano questa situazione anomala nei vari partiti e schieramenti, dai pochi intellettuali e uomini di cultura alle moltissime persone che si sentono "orfane" in questo contesto storico. Serve, cioè, uno scatto d'ala di questi mondi vitali capace di portare un contributo di rinnovamento, di cultura e di freschezza a uno stanco e ripetitivo dibattito politico. Sempre più arido, sempre più demagogico e sempre più proteso alla sola occupazione del potere, a prescindere da valori e principi che, seppur con alterne vicende, hanno comunque accompagnato la crescita e il consolidamento della democrazia nel nostro Paese.
L’unica cosa da NON fare è la ricomposizione di unità fra quanti, facendo riferimento ad una storia e a una tradizione (del novecento), stanno insieme senza aver capito che la storia è andata avanti e le ricette di ieri non sono più sufficienti. Oggi serve, nel far riferimento a quella storia e a quella tradizione, andare oltre e posizionarsi convintamente e chiaramente sul fronte del cambiamento, della socialità, dell’ecologia integrale (ambiente, persona, lavoro come indicato dalla Laudato sì). Bisogna elaborare progetti e proposte in sintonia con un nuovo umanesimo comunitario e popolare che ci collochi nel campo dei progressisti. Per evitare di riproporre politiche di terza via (per equilibrio fra destra e sinistra). Chi pensa a riorganizzare una presenza politica nè di qui, nè di là sappiamo che ci porterà verso i conservatori, i liberisti, i turbocapitalisti.