Accertato che il centrosinistra è purtroppo arrivato al capolinea, almeno in vista della prossima campagna elettorale, si tratta adesso di saper elaborare una strategia politica capace di contenere i danni e varare un progetto che sia almeno in grado di riunificare la sinistra sociale e la sinistra politica in un vero disegno riformista. Ovvero, per dirla in altre parole, di lavorare per ricostruire una coalizione che non tradisca per l'ennesima volta la mission del centrosinistra.
Certo, non è un'operazione facile né semplice. Il PD è diventato un "partito persona", l'ormai famoso "PdR" che è privo di una visione di centrosinistra perché è legato unicamente alla volontà e ai desideri del suo "capo". Artefice di una strategia politica che si basa sui sondaggi settimanali, un partito vagamente centrista, un progetto che guarda al centrodestra e alla sinistra a seconda dei temi in agenda. Appunto, seguendo il gradimento dei sondaggi settimanali. L'iniziativa dell'altro schieramento di centrosinistra guidato da Bersani e altri esponenti ha il merito di riportare l'agenda politica della sinistra di governo al centro del dibattito politico.
Ora, però, la vera sfida politica, almeno per quelli che si riconoscono in questo campo politico, è ancora una volta quello di saper legare nello stesso progetto quella "sinistra sociale" e quella "sinistra politica" che restano i capisaldi essenziali per un vero riformismo di governo.
Certo, quando parliamo della sinistra sociale non parliamo di una vaga testimonianza o di una sterile presenza protestataria e pertanto marginale e periferica. Al contrario, parliamo di quella sinistra sociale che è riuscita, negli anni, a svolgere un ruolo di governo partendo sempre dalle condizioni concrete dei ceti popolari e dei lavoratori. Una sinistra sociale che è tale nella misura in cui riesce a dare una risposta politica e legislativa alle istanze e alle domande che provengono da quei settori.
Ma una vera sinistra sociale, oggi, è anche quella che riesce ad aggredire la "questione sociale" che attanaglia e caratterizza la società contemporanea, fatta di povertà, disoccupazione, disuguaglianza ed emarginazione. Al di là delle chiacchiere, della propaganda e della demagogia a buon mercato.
E, accanto a questa sensibilità, serve una vera e propria sinistra politica. Ovvero, una sinistra moderna, di governo e riformista che superi il richiamo della foresta e non si faccia risucchiare dalla nostalgia del passato. Il tutto guardando avanti e superando le categorie del passato pur senza dimenticare che nel nostro Paese, come nell'intero Occidente, la destra e la sinistra continuano a rappresentare universi valoriali profondamente diversi e, soprattutto, ricette politiche, economiche e sociali alternative.
Ecco perché attorno all'unità tra la "sinistra sociale" e la "sinistra politica" si gioca il futuro del pensiero riformista nel nostro Paese. E, soprattutto, si gioca anche la capacità di saper legare in un medesimo e comune disegno politico le migliori culture riformiste e costituzionali: da quella cattolica a quella liberale, da quella della sinistra post-comunista a quella socialdemocratica. Culture che hanno giocato un ruolo importante nel PD delle origini ma che poi hanno ceduto il passo all'affermarsi del "partito personale" e a una sorta di "pensiero unico" che ha soppiantato, appunto, la funzione, la ricchezza e l'originalità di quelle culture.
Certo, non è un'operazione facile né semplice. Il PD è diventato un "partito persona", l'ormai famoso "PdR" che è privo di una visione di centrosinistra perché è legato unicamente alla volontà e ai desideri del suo "capo". Artefice di una strategia politica che si basa sui sondaggi settimanali, un partito vagamente centrista, un progetto che guarda al centrodestra e alla sinistra a seconda dei temi in agenda. Appunto, seguendo il gradimento dei sondaggi settimanali. L'iniziativa dell'altro schieramento di centrosinistra guidato da Bersani e altri esponenti ha il merito di riportare l'agenda politica della sinistra di governo al centro del dibattito politico.
Ora, però, la vera sfida politica, almeno per quelli che si riconoscono in questo campo politico, è ancora una volta quello di saper legare nello stesso progetto quella "sinistra sociale" e quella "sinistra politica" che restano i capisaldi essenziali per un vero riformismo di governo.
Certo, quando parliamo della sinistra sociale non parliamo di una vaga testimonianza o di una sterile presenza protestataria e pertanto marginale e periferica. Al contrario, parliamo di quella sinistra sociale che è riuscita, negli anni, a svolgere un ruolo di governo partendo sempre dalle condizioni concrete dei ceti popolari e dei lavoratori. Una sinistra sociale che è tale nella misura in cui riesce a dare una risposta politica e legislativa alle istanze e alle domande che provengono da quei settori.
Ma una vera sinistra sociale, oggi, è anche quella che riesce ad aggredire la "questione sociale" che attanaglia e caratterizza la società contemporanea, fatta di povertà, disoccupazione, disuguaglianza ed emarginazione. Al di là delle chiacchiere, della propaganda e della demagogia a buon mercato.
E, accanto a questa sensibilità, serve una vera e propria sinistra politica. Ovvero, una sinistra moderna, di governo e riformista che superi il richiamo della foresta e non si faccia risucchiare dalla nostalgia del passato. Il tutto guardando avanti e superando le categorie del passato pur senza dimenticare che nel nostro Paese, come nell'intero Occidente, la destra e la sinistra continuano a rappresentare universi valoriali profondamente diversi e, soprattutto, ricette politiche, economiche e sociali alternative.
Ecco perché attorno all'unità tra la "sinistra sociale" e la "sinistra politica" si gioca il futuro del pensiero riformista nel nostro Paese. E, soprattutto, si gioca anche la capacità di saper legare in un medesimo e comune disegno politico le migliori culture riformiste e costituzionali: da quella cattolica a quella liberale, da quella della sinistra post-comunista a quella socialdemocratica. Culture che hanno giocato un ruolo importante nel PD delle origini ma che poi hanno ceduto il passo all'affermarsi del "partito personale" e a una sorta di "pensiero unico" che ha soppiantato, appunto, la funzione, la ricchezza e l'originalità di quelle culture.
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