Rosatellum, ci risiamo…



Alessandro Risso    11 Ottobre 2017       0

Al momento non sappiamo ancora se andremo a votare con il Rosatellum, la legge elettorale proposta dal capogruppo PD alla Camera Rosato e appoggiata - oltre che dal partito di Renzi - anche da Berlusconi, Salvini, Alfano e Verdini. Chi vuole conoscerne i meccanismi tecnici può leggere la puntuale scheda di Francesco Pallante.
Qui cerco di evidenziarne gli effetti politici.
E dobbiamo cominciare dal fondo, cioè dalla richiesta del voto di fiducia da parte del governo. Siamo ad una ennesima, incomprensibile, forzatura: cosa c'entra una legge elettorale di iniziativa parlamentare con il governo? Perché Gentiloni, che si era sin qui concentrato sulla gestione dei problemi concreti, ha deciso (spintaneamente) di entrare a piedi giunti in un piatto da cui si era doverosamente tenuto fuori?
“È un colpo di mano: gravissimo per la materia delicata di cui tratta (una materia di garanzia per tutti) e per il momento in cui avviene, a pochi mesi dalle elezioni politiche”: non sono parole di un grillino esagitato, ma di un commentatore libero e autorevole come Ezio Mauro, su “Repubblica” di oggi.
Che la legge venga approvata o no, il governo e la figura di Gentiloni ne usciranno indeboliti. E la miope gestione, all'insegna del vantaggio di breve periodo, dimostra ancora una volta l'incapacità dei partiti personali eletti a sistema di “(restituire) al meccanismo della rappresentanza quella stabilità e quella neutralità che sono parte indispensabile della fiducia nella politica e nelle istituzioni, oggi perduta”.
Oltre a censurarne il metodo, anche nel merito il Rosatellum dimostra l'ostinazione del sistema di difendere le sue posizioni.
Se il Porcellum e il suo degno successore Italicum – cestinato dalla Corte Costituzionale prima di poter essere applicato – prevedevano un grosso premio di maggioranza alla lista più votata, con il Rosatellum si ritorna a una logica proporzionale, la stessa che si avrebbe votando con la legge in vigore, dopo l'intervento della Consulta. La capacità di mediare su un programma condiviso tra forze politiche diverse sarà quindi indispensabile per formare un governo. Dovranno per forza prevalere le intese sulle cose da fare, e gli altri partiti dovranno essere visti come possibili alleati e non solo come nemici da sconfiggere. Il ritorno a una democrazia del dialogo e del confronto programmatico rispetto alla Seconda Repubblica del maggioritario muscolare, dell'autosufficienza, dell'incomunicabilità, delle grida e degli insulti, non può che essere considerato un passo avanti. Non è detto che tutti gli attori in campo lo abbiano capito, Grillo e i suoi per primi. Parrebbe tuttavia che almeno Renzi e Berlusconi ne siano ben consapevoli…
Intanto la capacità di coalizzarsi sarà testata nella parte maggioritaria della legge, quella che riguarda i collegi uninominali. Al momento è facile prevedere che un'intesa sarà trovata dai partiti del centrodestra, capaci di soprassedere sulle loro enormi differenze per cercare una unità politicamente fittizia ma utile a ottenere il risultato voluto: tutti i sondaggi dicono che i candidati del centrodestra unito partono con 6-8 punti percentuali di vantaggio su PD e 5Stelle. Sul fronte del centrosinistra limitiamoci a constatare che, more solito, prevalgono le divisioni.
E prendiamo atto che questa legge va benissimo al centrodestra, che infatti l'appoggia.
Ma c'è un aspetto nel Rosatellum ancora più desolante del possibile ritorno di Berlusconi o dell'inconcludente pollaio a sinistra.
I paladini della legge elettorale in discussione, il PD in primis, hanno buttato a mare la retorica della governabilità con cui sostenevano l'Italicum. Continuano però imperterriti a difendere il sistema dei nominati: su questo fronte, senza vergogna, non c'è limite al peggio. Tutti i parlamentari della quota proporzionale saranno eletti in listini bloccati. Ovviamente, senza preferenze, conterà l'ordine di lista deciso dal capo partito. Quindi a qualche oppositore interno potrebbe anche venire offerto di comparire in un listino, però in ultimo o penultimo posto…
E anche per il terzo di parlamentari eletti nei collegi uninominali, non si può parlare di libera scelta dell'elettore. Abbiamo la prassi del Mattarellum, con cui abbiamo votato nel 1994, nel 1997 e nel 2001. Nei collegi considerati sicuri veniva spesso “paracadutato” un candidato indicato dal segretario di partito. Solo nei collegi incerti si puntava su un candidato radicato sul territorio.
Mal contato, un altro 20% di parlamentari calati dall'alto che si aggiunge ai due terzi dei listini bloccati. Avremo l'ennesimo Parlamento saturo di nominati, ben oltre l'80%. Altro che “eletti dal popolo”.
E poi ci si stupisce dell'astensionismo crescente e del voto di protesta indirizzato verso il Movimento 5 Stelle che, malgrado le topiche collezionate dove ha responsabilità di governo locale, continua a mantenere forte la sua identità di forza politica “antisistema”.
Ha scritto bene Ezio Mauro: “In epoca di crisi conclamata della rappresentanza, queste operazioni servono solo a testimoniare un arrocco di forze politiche spaventate per un'autotutela ad ogni costo, dando fiato ai partiti antisistema che quanto più sono incapaci di produrre politica in proprio, tanto più ricevono forza dagli errori altrui. Avevamo sempre chiesto una legge elettorale: ma non a qualsiasi costo. Non con il capolavoro di un voto che sembra costruito apposta per creare sfiducia”.
È sempre più difficile sperare nella buona politica…


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