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Cattolici, ci sarà il coraggio?

 
di Giorgio Merlo
 

Le parole pronunciate dal Presidente della CEI, cardinal Gualtiero Bassetti, non possono e non devono passare sotto silenzio. Al di là del rapporto antico e mai risolto tra i cattolici e la politica nel nostro Paese, è indubbio che oggi emerge in modo sempre più vistoso e netto la volontà - e la necessità - di ridare "nuova rappresentanza politica" ai cattolici italiani. Intendiamoci: nessuna deriva confessionale o clericale. E, come giustamente ha evidenziato Bassetti, nessuno pensa a riproporre formule politiche e organizzative del passato. Del resto la storia non si ripete meccanicamente e anche per quanto riguarda la presenza politica dei cattolici sarebbe alquanto singolare pensare alla DC come unico modello di partecipazione alla vita pubblica del Paese.

Comunque sia, c'è un fatto nella geografia politica italiana che non può passare  inosservato. E che resta alla base dello spaesamento politico di moltissimi cattolici. Nel revival proporzionale che attualmente caratterizza la politica italiana, crescono a dismisura – sia sul versante della sinistra e sia su quello del centrodestra, per non parlare dei movimenti populisti e demagogici – partiti, sigle e movimenti che francamente c’entrano poco, se non pochissimo, con la cultura e la storia del cattolicesimo politico italiano. Sigle, partiti e movimenti che denotano la crisi della politica ma che evidenziano anche l'assenza, quasi radicale, di un "pensiero" politico, di una "cultura politica" che ispira e giustifica il proliferare di queste nuove formazioni. In questo panorama emerge in tutta la sua evidenza, e paradossalmente, l'assenza di una formazione politica che dichiara, seppur laicamente, di ispirarsi al patrimonio culturale ed etico del cattolicesimo politico e del cattolicesimo popolare, che hanno segnato il cammino e lo sviluppo della democrazia italiana.

 

Ora, nessuno ha la pretesa, di per sé ridicola, di riproporre "l'unità politica dei cattolici". Ma, come diceva Mino Martinazzoli poco prima della sua scomparsa, "se l'unità politica dei cattolici non è un dogma non lo è neppure la diaspora". Ecco, in questa frase si racchiude la sfida concreta che oggi attende i cattolici italiani nel rapporto con la politica e con l'impegno politico. Certo, tutti conosciamo – lo ricordava anche il cardinal Bassetti – lo straordinario patrimonio che caratterizza l'arcipelago cattolico nel nostro Paese: dal versante sociale a quello culturale, da quello del volontariato all'assistenza e via discorrendo. Un giacimento culturale ed etico che non ha confronti e che si caratterizza per la sua specificità. Ma adesso, credo, serve anche un salto di qualità. Per il bene della politica, per la qualità della nostra democrazia e, soprattutto, per irrobustire la cultura del "bene comune" che può anche arrivare dal filone ideale del cattolicesimo politico.

Un’esigenza, questa, che sta emergendo concretamente proprio dalle discussioni e dal confronto all'interno dell'area cattolica italiana. I "partiti personali" e la "democrazia del capo" hanno stufato e stanno arrivando progressivamente al capolinea. Certo, il processo non sarà breve e dovremo ancora convivere a lungo con questa decadenza della politica e con la presenza dei cosiddetti "cartelli elettorali" che hanno sostituito e soppianto i tradizionali partiti politici. Ma la vigilia di una rinnovata partecipazione non può essere a lungo compressa, e la stessa rappresentanza politica dei cattolici non può essere solo evocata o richiesta. Prima o poi, come l'esperienza storica ci insegna, in politica non esiste il vuoto. Uno spazio vuoto è destinato ad essere riempito. Com'è  ovvio a tutti, sono molte le ragioni e le cause che stanno all'origine di questa "assenza". Motivi di natura culturale, politica e forse anche di natura religiosa. Ma c'è un elemento che sovrasta tutto e tutti. Ed è quello riconducibile alla categoria del "coraggio". E il coraggio chiama  direttamente in causa la classe dirigente. Non credo che nelle diverse fasi storiche che hanno attraversato l’Italia, i principali leader cattolici del tempo si ponessero il problema se era opportuno, o meno, impegnarsi per il bene del proprio Paese. Erano uomini e donne coraggiosi che, in nome dei valori e delle condizioni concrete di quel particolare momento storico, decidevano di dedicare parte del loro tempo alla cosa pubblica.

 

Ecco, oggi siamo forse alla vigilia di una nuova stagione di impegno politico dei cattolici italiani. Molti lo auspicano, moti lo invocano e molti sono anche disponibili a mettersi in gioco. L'autorevole appello del Presidente della CEI spinge in tal senso.
Tocca ora ai laici "battere un colpo", come si suol dire. Ripeto, non per il bene dei cattolici, ma per dare un futuro al nostro Paese anche e soprattutto attraverso l'apporto dei valori e della cultura del cattolicesimo politico italiano.


Riccardo Falcetta - 2017-09-04
https://youtu.be/ofsNG-VqT9I Una riflessione filosofica sulla posizione che dovrebbero assumere i cattolici per essere davvero tali, quantomeno in economia.
Falcetta Riccardo - 2017-08-21
Caro Merlo, molto dipende dalla posizione che assumono i cattolici nei confronti del modello economico imperante che, come anche tu hai sottolineato, porta a disuguaglianze sempre più marcate. Se, al di là delle pur condivisibili posizioni di Papa Francesco, la Chiesa non assume una posizione chiaramente anticapitalista liberista (cioè il modello di sviluppo attuale, che sta distruggendo il mondo), è molto difficile fare politica insieme. Anche se, ne sono consapevole, assumendo determinate posizioni, la Chiesa rischia di essere spazzata via. Ne è la dimostrazione l'aumento di attenzione da parte del mainstream mediatico verso i preti pedofili (peraltro sempre esistiti, anche se nessuno doveva sapere) quando la Chiesa (già con Giovanni Paolo II, ma con un aumento nella nettezza dei toni, con Papa Francesco) ha assunto posizioni nette contro la guerra imperialista statunitense e occidentale in Afganistan, in Iraq, in Siria, in Libia ... etc, etc.